"L'istanza di fallimento della NRA non è stata presentata in buona fede, ma rappresenta invece un tentativo di ottenere un ingiusto vantaggio nel contenzioso con la procura generale di New York e uno sforzo per evitare un regime normativo". Concludendo con queste parole una sentenza di 38 pagine, il giudice fallimentare Harlin Hale di Dallas ha archiviato ieri il tentativo della National Rifle Association di ottenere la tutela fallimentare. A gennaio la NRA aveva annunciato di aver richiesto la protezione fallimentare (il cosiddetto “Chapter 11” della legge fallimentare USA), cercando di registrarsi in Texas invece che a New York. "La questione che la Corte si trova ad affrontare è se la minaccia che la NRA sta affrontando sia il genere di minaccia contro cui il codice fallimentare dovrebbe offrire protezione. La Corte ritiene che non lo sia", ha aggiunto il giudice Hale, lamentando anche "persistenti problemi di segretezza e mancanza di trasparenza" da parte dei dirigenti dell'NRA.
La legittimità dell'istanza di fallimento della NRA era stata immediatamente contestata, poiché l'organizzazione non si è qualificata come un'organizzazione in stato di insolvenza. "La NRA non è insolvente. Siamo finanziariamente forti come lo siamo stati per anni", aveva assicurato all'epoca lo stesso vicepresidente esecutivo della NRA Wayne LaPierre. In realtà, l'azione faceva parte di una strategia per trasferirsi in Texas dopo che il procuratore generale di New York Letitia James aveva intentato un'azione legale per sciogliere la National Rifle Association per frode finanziaria, abuso e condotta scorretta. Il procuratore generale di New York ha accusato l'NRA di aver usato male i fondi destinati alla beneficenza, e in particolare Wayne LaPierre di "non aver gestito correttamente i fondi dell'NRA e non aver osservato numerose leggi statali e federali".
Il nostro commento: una lotta politica e ideologica e una NRA vulnerabile
La sentenza che nega la tutela fallimentare è una netta vittoria per James e per gli anti-armi in generale: "La NRA non può decidere da sé quando e dove sarà chiamata a rispondere: questa sentenza invia forte e chiaro il messaggio che nessuno è al di sopra della legge - nemmeno una delle organizzazioni di lobbying più potenti del paese", ha commentato James. Anche se NRA sostiene che "sebbene delusi" stanno "andando avanti", sottolineando che "la Corte osserva che il trasferimento in Texas potrebbe ancora essere attuato al di fuori del fallimento", è un duro colpo. Non bisogna dimenticare che si tratta soprattutto di una lotta politica e ideologica: come rivela la Reuters, "l'amministrazione del presidente Joe Biden si è opposta alla NRA nel processo. Il 'cane da guardia' del Dipartimento di Giustizia, lo US Trustee (organo incaricato di garantire il corretto svolgimento delle procedure falimentari, ndr), ha esortato Hale a respingere l'istanza di bancarotta". E il procuratore generale James è essa stessa membro del partito democratico, avendo già paragonato l'NRA a un'organizzazione terroristica... Ma il vero problema è che con le sue guerre intestine e le sue mosse sbagliate, la NRA si sta rendendo sempre più vulnerabile: la crisi si trascina ormai da due anni e ci sono (molti) aspetti da chiarire nella gestione LaPierre. Il che significa che la più grande organizzazione mondiale in difesa del diritto a portare armi è nella fase di massima debolezza proprio quando dovrebbe invece essere al suo meglio per contrattaccare.