Weaver, una parola che ben conoscono i tiratori che praticano tecniche operative o difensive con l’arma corta. Dietro questo nome si nasconde un uomo che molti anni fa ha inventato una tecnica semplice ma geniale. Jack Weaver si è detto: se voglio sparare veloce più colpi in sequenza, continuando a mettere i colpi a segno, occorre contrastare rinculo e rilevamento dell’arma. Pistola o revolver che sia. La soluzione: sparare utilizzando anche la mano debole per contrastare maggiormente l'energia sviluppata dalla cartuccia durante lo sparo. Così è nata la posizione Weaver, ovvero la posizione di tiro a due mani: braccio forte disteso, l’altro leggermente più piegato. La mano debole posizionata non sotto l’impugnatura o a tenere inutilmente il polso ma a fasciare la mano forte, per acquisire stabilità supplementare tramite una contrazione del corpo isometrica: la mano debole tira l’arma mentre la mano forte la spinge; la contrapposizione delle forze applicate sull’impugnatura dell’arma aumenta la velocità del ritorno in punteria durante i tiri di più cartucce in rapida successione. Questa tecnica aumenta la sua validità all’aumentare del calibro impiegato. Le varianti del tiro a due mani, dettate dall’utilizzo di protezioni balistiche o dalla preferenza del tiratore consentono in ogni caso di aumentare velocità e precisione durante il tiro operativo anche utilizzando calibri scorbutici.
Il californiano John “Jack” Harold Weaver, per lunghi anni vice sceriffo della contea di Los Angeles, si era dilettato nel tiro a segno, soprattutto col revolver, sin dall’infanzia. Fu tuttavia negli anni ʼ50 che la sua peculiare posizione di tiro e i suoi metodi di maneggio, a quel tempo inconsueti, attirarono l’attenzione, in particolar modo nelle competizioni a estrazione veloce (“leather slap”) inaugurate dal colonnello Jeff Cooper e disputate annualmente dalla metà di quegli anni a Big Bear, California, dove Weaver ebbe modo di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la superiorità della sua "Stance".
Dal 1959, il poliziotto vinse regolarmente con il revolver in doppia azione .38-S&W con telaio K, contro i concorrenti che impiegavano revolver in singola azione e sparavano a braccio teso, con l’arma tenuta nella sola mano forte. Ne conseguì una diffusione generale della sua posizione di tiro, che inizialmente aveva fatto sorridere; fu Jeff Cooper a battezzarla “Weaver Stance”. Anche l’FBI finì per adottare ufficialmente la posizione emersa dalle competizioni sportive, di cui oggi esistono anche alcune varianti, quali la Chapman, più indicate per le moderne e ben più diffuse pistole semiautomatiche.
Oltre allo sport del tiro, Weaver coltivava anche un hobby inconsueto: perlustrava le città fantasma del selvaggio West per arricchire la sua eccezionale collezione di bottiglie di whiskey e flaconi di medicine d’epoca. Lascia la moglie Joy, tre figli e cinque nipoti. A noi tiratori, Weaver lascia in eredità un’ottima tecnica che seppure con alcune piccole varianti è ancora utilizzata nel tiro tattico. Oggi gli ultimi dettami del tiro operativo specificano che la posizione di tiro deve essere comoda e adatta al singolo operatore. Resta il fatto che nei tiri difensivi a corta distanza, entro i tre metri, venendo meno il bisogno della precisione, per aumentare la velocità e tenere la mano debole pronta per altri usi, può tornare più utile sparare con il vecchio metodo della mano singola.