Raccontaci qualcosa di te e come è nata la tua passione per i coltelli e per l'arte della forgiatura...
Ho quasi cinquant'anni, sono sposato da 20, lavoro come ispettore in un’azienda di Padova. Ho sempre amato i coltelli, soprattutto quelli da lavoro (britole e da innesto) e in occasione di vari viaggi che ho fatto per piacere ho collezionato coltelli d’identità (detti etnici). Nel 1998 ho cominciato a fare i primi coltelli con la tecnica dell’asportazione e privilegiando acciai inossidabili. Ma dopo un paio d’anni ho cominciato - per caso - a forgiare e mi si è aperto un nuovo mondo. Fatto di fatica ma anche (e perciò) di molte possibilità espressive.
Sicuramente non è molto facile trovare notizie attendibili e utili sulla forgiatura del damasco.. tu come hai fatto a raccogliere i dati necessari a iniziare?
I primi rudimenti teorici li ho appresi attraverso un forum americano, “Bladesmith forum”, che successivamente mi è stato prezioso per la tecnica del damasco ma anche per lo stile (a quel tempo spopolava il “neo-tribal” un movimento artistico ormai finito che a me piace ancora molto); i membri più prestigiosi avevano sempre un atteggiamento propositivo e di ricerca e questo mi ha sempre colpito positivamente. Nello stesso periodo studiavo i libri di Jim Hrisoulas e la metallurgia con Nicodemi e Di Caprio. Nel 2003 ho partecipato a un importante stage a Roma con Paolo Scordia, un forgiatore italiano di grandi capacità tecniche e grande apertura mentale. In anni più vicini la frequentazione di maestri fabbri - uno su tutti: Claudio Bottero - ha condizionato in maniera determinante la tecnica attuale.
Potresti spiegare ai nostri lettori in che cosa consiste la tua tecnica di forgiatura?
Riguardo alla mia tecnica posso dire di non aver mai usato “tubing” (lavorazione del pezzo inserito in un tubo) o polveri, ma di aver sempre perseguito la via tradizionale della forgiatura; spingo agli estremi il “patterning” (la trama risultante del metallo) utilizzando tecniche tradizionali di arte fabbrile. Allungo linee, sfino punte, ingrosso curve, e più la manipolazione è profonda e maggiormente l’effetto mi risulta soddisfacente.
Disegno con l’acciaio portandolo a 1100 gradi di temperatura.
Solitamente le linee vanno a formare dei motivi ricorrenti, che per comodità riconduciamo ad un motivo figurato; quindi se la disposizione è radiale chiameremo questo motivo “fiore”, mentre se mettiamo in serie delle curve che han delle punte fiammate chiameremo questo “fuoco” (o “explosion”), e così via. La tecnica che uso potrebbe essere definita “patterning progressivo” nel senso che le manipolazioni per ogni singolo motivo sono quasi sempre più d’una e il tempo di lavorazione supera facilmente la decina d’ore per ogni motivo.
Quali sono i materiali che prediligi per la forgiatura del tuo damasco?
Uso acciai da bonifica al carbonio basso e medio legati e ritengo che il contenuto di carbonio nella lama finale sia mediamente di 0,7. Questo l’elenco degli acciai che uso solitamente: 1.2842 (K720), Uddelholm 15n20, C 70, 1.2550, 1.2767, 1.3505 e 1.3537, 1.2714, C120. Non solo acciai diversi si rilevano con toni di colore (bianco grigio e nero) diversi, ma si muovono e reagiscono alla forgiatura in maniera differente. E questo è determinante nel “patterning”. Per i manici preferisco usare il legno e soluzioni che assecondano il disegno della lama senza appesantire o sovra decorare. Il centro di un coltello – specialmente se damasco – è la lama per questo motivo costruisco spesso i coltelli smontabili con tecnica a tirante, proprio perché eventualmente la manicatura può essere cambiata.
Da quale attrezzatura è composta la tua officina?
Nella mia officina il pezzo principale è una pressa a forgiare da 30 tonnellate con velocità di 4 cm al secondo costruita da me su progetto dell’ingegner Batson, presidente della American Bladesmith Society, associazione americana che promuove la forgiatura delle lame. Quindi un maglio Apuania Corsi con mazza da 40 chili dell'anno ‘76, un laminatoio Carlas a rulli intercambiabili, due carteggiatrici, un lapidello, un trapano fresa cinese, una fresatrice Schaublin 13 del 1967, e infine un tornio Smart and Brown 1024.
Qual è la parte più impegnativa durante la costruzione di uno dei tuoi coltelli?
Faccio non più di 10 coltelli l’anno, e sono sempre – nonostante la tecnica del damasco sia assai ricercata – usabili. Il momento più impegnativo del processo è anche il momento più divertente (parliamo di passione non di professione) quando si scelgono e si affiancano le colonne che formeranno la lama, la composizione è un fatto di gusto ma anche di coraggio.
Quale consigli daresti a un aspirante coltellinaio o forgiatore?
Ricollegandomi a quanto detto prima, mi sento di dare un unico consiglio a chi sta per iniziare la via della forgia: all’inizio tutto va bene per imparare tecnica e studiare metallurgia (forum, libri, stage eccetera) ma poi ad un certo punto bisogna staccare la spina, non ascoltare gli altri e fare la strada per conto proprio per avere una soddisfazione vera. L'omologazione non paga.
Per ulteriori informazioni visita il sito www.menomascus.it