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Da mesi ormai il governo degli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea sono impegnati in una serie di misure diplomatiche ed economiche mirate a colpire gli interessi russi in risposta al coinvolgimento di Mosca nella perdurante crisi ucraina.
Tali azioni includono il divieto di transito in UE e USA, e di esportazione di beni e capitali, per alcune figure-chiave del mondo politico, economico e militare russo; e l'emanazione di "sanzioni mirate" che essenzialmente impediscono alle persone e/o alle aziende che ne sono fatte oggetto di fare, direttamente o indirettamente, affari con individui o persone negli Stati Uniti o nell'Unione Europea, di fatto mettendo alla porta tali aziende dai mercati USA ed UE.
L'ultima ondata di "sanzioni mirate", sinora proveniente solo da parte statunitense, include anche il "Concern Kalashnikov", che è stato inserito il 17 luglio nella lista delle persone e delle entità russe a cui è proibito fare affari di alcun tipo negli Stati Uniti d'America.
Le nuove sanzioni sono state rese pubbliche il giorno dell'abbattimento di un volo passeggeri malese sui cieli dell'Ucraina orientale da parte di un missile terra-aria 9K37 "Buk" (conosciuto in occidente come SA-11 "Gadfly" o SA-17 "Grizzly") − abbattimento per il quale ora ciascuna delle due parti in conflitto accusa l'altra.
Fondato nel 2013, il "Consorzio Kalashnikov" raccoglie sotto un unico ombrello, sotto l'egida della corporazione statale ROSTEC, alcuni dei più importanti Brand del settore armiero russo.
La riorganizzazione si è resa necessaria dopo anni di crisi, durante i quali le più importanti aziende produttrici d'armi della Russia hanno più volte sfiorato il fallimento per mancanza di competitività sul mercato internazionale.
A essa si è accompagnato il lancio di una nuova e più aggressiva politica industriale, tra cui l'adozione di un marchio immediatamente riconoscibile (il generale Mikhail Timofe'evič Kalashnikov ha concesso l'usufrutto del suo nome a titolo gratuito, poco prima della sua morte, nella speranza che esso potesse fare da "traino" per le vendite) ed una maggiore attenzione alle richieste dei mercati civili.
Tutti sforzi che ora, con l'applicazione delle sanzioni USA, potrebbero essere vanificati; il "Consorzio Kalashnikov" contava infatti molto sulle potenziali vendite sul mercato statunitense per rilanciarsi, e tra il 2013 e il 2014 ha stretto importanti rapporti con un nuovo importatore statunitense, la RWC Group LLC. di Tullytown (Pennsylvania).
Tra i prodotti che il "Consorzio Kalashnikov" produce e vende già in quantità importanti sui mercati civili statunitensi ed europei ci sono numerose armi lunghe e corte d'impostazione spiccatamente sportiva e venatoria.
Ci sono tuttavia anche le armi della linea "Saiga", note per il loro design aggressivo, molto apprezzate dagli utenti ma anche molto malviste dal fronte anti-armi USA: non sono dunque in pochi a postulare che con queste "sanzioni mirate" si sia tentato di rimuovere dal mercato statunitense queste "pericolose armi d'assalto" (così la Lobby anti-armi si riferisce impropriamente alle armi sportive moderne).
Il "Consorzio Kalashnikov" è tuttavia anche uno dei più importanti produttori di armi leggere militari al mondo, una delle realtà industriali russe più grandi, e serve pressoché in toto i corpi dello Stato della Federazione Russa; i due aspetti potrebbero dunque non essere del tutto correlati.
Il testo della sanzione è formulato in modo da trattare il "Kalashnikov Concern" come se fosse solo un'estensione di una delle aziende che ne fanno parte − più specificamente la IZHMASH − ma in base alla lista pubblicata dal Dipartimento del Tesoro in seguito all'adozione del provvedimento, pare chiaro che ne verranno afflitte anche le altre aziende operanti sotto l'ombrello del "Consorzio Kalashnikov" − ovvero Baikal e MOLOT − almeno per quanto riguarda i prodotti realizzati dopo l'incorporazione. Ciò include tutti i modelli delle popolari linee "Saiga" e VEPR.
Quel che è certo è che, con effetto immediato, cessa l'importazione dei prodotti IZHMASH e del "Kalashnikov Concern" negli Stati Uniti, e sfumano anche i piani per la distribuzione di nuovi prodotti dell'azienda negli USA, tra cui l'attesissimo Saiga Mk107. Non ci sono stime riguardanti le perdite che il Consorzio potrebbe potenzialmente subire, ma non c'è dubbio che − per quanto riguarda quantomeno il suo settore civile − saranno abbastanza importanti.
Le armi dell'azienda già in mani private negli USA potranno essere rivendute, e i distributori e dettaglianti che ne possiedano degli Stock potranno venderli se siano già stati pagati in toto; nel caso essi debbano ancora essere in parte pagati alla casa-madre russa, chi detiene tali Stock dovrà contattare l'OFAC − la branca del Dipartimento del Commercio USA che si occupa di far rispettare le sanzioni e gli embarghi − per direttive su come comportarsi.
Secondo le nostre fonti, attualmente alcuni importatori di armi russe negli USA starebbero pensando a delle contromisure, ma l'unica praticabile sarebbe la produzione dei modelli interessati in toto sul suolo americano.
Inoltre, le sanzioni colpiscono qualsiasi oggetto prodotto dal "Concern Kalashnikov", comprese le componenti: detto molto semplicemente, se è fatto dall'azienda, non è più importabile negli USA.
La strada dell'assemblaggio in loco con parti importate non è dunque legalmente praticabile: l'azienda russa e i loro importatori americani dovranno trovare delle aziende statunitense disposte a fabbricare totalmente in loco i prodotti, ma anche in quel caso, corrispondere le relative Royalties sarà problematico.
Le sanzioni, a termini di legge USA, non hanno data di scadenza: resteranno in vigore finché non saranno annullate da un atto del Congresso USA o da un "ordine esecutivo" del Presidente degli Stati Uniti, cosa che risulta attualmente molto improbabile.
Le sanzioni statunitensi non avranno ovviamente alcun effetto sulla capacità del "Consorzio Kalashnikov" di vendere i suoi prodotti sul mercato civile europeo: le armi dell'azienda russa saranno ancora acquistabili dai tiratori "nostrani" a meno che non intervengano sanzioni simili in capo all'azienda da parte dell'UE o di singoli stati membri.
Tuttavia le triangolazioni (es. tentare di continuare la distribuzione di tali armi sul mercato USA facendole passare attraverso un'azienda europea) potrebbero essere viste come un modo di circonvenire l'embargo, ed essere punite severamente.