Ciao, Gianluigi, ben trovato. Raccontaci qualche dato personale su di te, quanti anni hai e da quando fai coltelli?
Sono nato nel 1951 e sono più di trent’anni che faccio coltelli custom. Ho iniziato a lavorare alla Coricama di Maniago quando avevo 16 anni. Fondate nel 1873 le Coltellerie Riunite di Caslino e Maniago hanno formato professionalmente generazioni di artigiani, producendo forbici, coltelli, pinze, strumenti chirurgici e utensili da taglio.
Come mai hai scelto lo pseudonimo Wilson?
Quando ero un ragazzo nei Juke Box c’era sempre qualche disco di Wilson Pickett e ai tempi ero un suo grande fan e mettevo sempre le sue canzoni. Allora gli amici, quando arrivavo al bar cominciarono a dire “Arriva Wilson”. Quindi ho deciso di trasformare questo soprannome in un marchio, e la cosa ha funzionato.
Quando hai iniziato a fare coltelli non c’era internet e le informazioni giravano a fatica. Com’era allora trovare le notizie?
Ai tempi c’era solo il libro “American Knives” che ho ancora.
Lo comprai e iniziai a farmi le prime idee. I primi coltelli che ho costruito per me erano belli, ma messi a confronto con quelli che vidi alla mostra di Monaco di Baviera, la prima a cui andai, erano un disastro. All’inizio volevo lasciar perdere, ma poi mi sono rinfrancato, mi sono dato da fare e pian piano sono arrivato a un certo grado di qualità.
Certo, non ho la perfezione che si ottiene con una macchina a controllo numerico, però faccio tutto con le mie mani e ho una buona dose di fantasia.
Ti ricordi di che anno stiamo parlando?
Mi sembra fosse il 1995. Il primo anno andai come visitatore, ma poi mi sono iscritto alla D.M.G. Deutsche Messermachergilde, ovvero la corporazione dei coltellinai tedeschi, visto che in Italia non esisteva niente di simile.
E questo ci porta alla prossima domanda: tu sei stato uno dei fondatori della Corporazione Italia Coltellinai, come si è aggregato il primo nucleo dei fondatori?
Ci siamo incontrati a Scarperia, dove era stata organizzata una delle primissime mostre dedicate ai coltellinai. Una sera a cena, stavamo parlando con il compianto Gianpaolo Negretti, collezionista e grande appassionato, e lui ci lanciò l’idea di costituire una corporazione anche in Italia. È stato lui a tirare i fili giusti e un giorno ci trovammo tutti a Sasso Marconi. Era il 1996 e c’eravamo io, Santino Ballestra, Franco Bonassi, Francesco Pachì, e Reinhard Tschager. Io circa due anni fa ho poi lasciato la Corporazione per differenze di vedute.
Veniamo ai tuoi coltelli, come definiresti il tuo stile?
Io faccio coltelli da usare, e mi dispiace se chi li compra non li usa. Tante volte la gente dice… “Costano tanto, peccato usarli…” Io gli rispondo “La tua automobile costa molto di più, eppure la usi”. Certo, un coltello non va usato come uno scalpello, ogni strumento deve essere destinato al suo compito.
Io ho sempre in tasca un coltellino, che poi è quello che si usa tutti i giorni. Per me il piacere di usare un coltello è fondamentale. Mi sembra una cosa assurda avere un coltello-gioiello e non adoperarlo.
Comunque, tornando ai miei coltelli, faccio solo modelli a lama fissa, di tipo Bowie, gentleman, skinner eccetera. Finora ho fatto un solo coltello chiudibile con una chiusura piemontese a sfera.
Che attrezzatura usi?
La mia attrezzatura è limitata: una nastratrice, un trapano e tante lime. Non ho altro.
Quali sono i tuoi materiali preferiti?
Cerco di ispirarmi di volta in volta. Che sia un pezzo di scarto o un materiale eccelso, cerco di fare un coltello che si possa usare sempre. Chiaramente se mi viene chiesto un coltello da caccia che sarà usato tanto, la mia scelta per l’acciaio va sull’RWL34 o il D2.
È vero che prima di fare un coltello ne fai un modello in legno?
Sì, prima di fare un coltello ne realizzo un modello in legno che mi aiuta ad avere una visione d’insieme.
Fai anche i foderi?
Sì, faccio tutto io nel mio laboratorio. L’unica lavorazione esterna è il trattamento termico della lama
Come è cambiato il mondo del coltello artigianale da quando hai iniziato a oggi?
Direi che è cambiato molto. Innanzitutto, ora ci sono tanti coltellinai, e tanti sono davvero bravi, però secondo me sono tutti orientati su una forma di coltelleria d’alto bordo, realizzata spesso con l’impiego di macchinari. Certo la manualità alla base deve esserci, ma la macchina a controllo numerico ti aiuta ad arrivare a certe finiture. Ogni tanto qualcuno mi chiede: “Che carte usi per le rifiniture?” e quando io rispondo che arrivo al massimo fino a 600 ci rimangono male. Ma non ha senso per me tirare una lama con carta abrasiva con grana 1200, appena la usi si segna… Io faccio sempre il paragone tra un coltello e un mobile: per me un cassettone antico con segni d’uso è comunque più bello di uno nuovo e immacolato. Perché ha vissuto, ha i segni della vita, insomma, ha un’anima. A me piace la patina: quando scolpisco il bosso per i miei bastoni mi piace vedere la patina del legno che ogni giorno diventa più scura e più bella.
Parlaci un po’ di questi bastoni da passeggio.
Più che da passeggio sono da arredamento, anche se possono benissimo essere usati per passeggiare. Ormai non è più il tempo dei signori che vanno a passeggio con il bastone, anche se qualcuno per fortuna è rimasto. Poi mi sono messo anche a fare le trottole, visto che ho conosciuto un trottolaio, un signore di Livorno che oggi ha quasi ottant’anni. Le faccio e le metto in un vaso, e ogni tanto le regalo ai miei amici o faccio degli scambi.
Dove si possono vedere i tuoi coltelli?
Si può vedere qualcosa alla Coltelleria Lorenzi di Bolzano, mentre il mio chiudibile è in vendita presso la Coltelleria Preattoni di Milano. Io non partecipo quasi più alle fiere di coltelli, ne dovevo fare una a Villaco, in Austria i primi giorni di maggio, ma con l’emergenza covid-19 è stato annullato tutto. Un paio di volte ho partecipato alla fiera del coltello di Maniago dove ho esposto anche la mia collezione di coltelli.
È vero che tu sei anche un grande collezionista di coltelli: parlacene in breve, quanti pezzi hai e di che tipo?
Ne avrò circa 3.500, un po’ di tutti i tipi, compresi quelli più economici che si facevano a Maniago quand’ero bambino e in ogni cortile c’era un’officina. Ormai fanno parte della storia di questo territorio.
Grazie Gianluigi, per questa interessante chiacchierata. Un’ultima cosa, come è possibile contattarti?
Non amo e non uso internet e i social, per cui chi è interessato mi può contattare al telefono al numero 339 4879106.