Che cosa si fa con un rasoio? Per incominciare, ci si rade. Non è stato semplice, perché la posizione del manico non è quella alla quale sono abituato e perché la lama del rasoio termina a zero sul tagliente, mentre qui c’è un bisello. È stato necessario ripassare lungamente il filo sulla coramella – per via della forma della lama la pietra belga non sarebbe servita – e usare un abrasivo ben più aggressivo della pasta Puma, quella verde all’ossido di Cromo.
Io ho usato pasta di diamante ad elevata concentrazione, che ho preparato da me a partire da polvere di diamante e vaselina filante farmaceutica.
Ho realizzato pasta di diamante di due graniture diverse, cioè da 6 micron come la pasta Puma e da 3 micron per la rifinitura, e ci ho messo due ore buone, ma adesso il mio T-Razor è un vero rasoio e non solo un coltello, peraltro già affilatissimo all’origine, che del rasoio avesse la forma ma non la funzione.
Quando ho aperto la scatola, la lama radeva i peli del braccio, ma la vera rasatura è un’altra cosa.
A che altro serviva il rasoio, oltre che a radersi quando i rasoi di sicurezza erano ancora di là da venire? A portarlo.
Serve come arma, almeno per i minatori di Guspini o i contadini della campagna Etnea.
Il borghese – avvocato, medico, notaio, farmacista, professore – non aveva problemi: poteva andare in armeria, acquistare un revolver, metterselo in tasca e girare così. Ma per chi borghese non era c’era il coltello, attrezzo ed arma ad un tempo.
Ma perché si portava proprio il rasoio?
Tutto prende inizio dalla legge Giolitti del 1908, che proibiva il porto di coltelli a punta con lama più lunga di quattro centimetri, e consentiva che la lama fosse lunga dieci centimetri solo se a punta mozza.
Poiché in Italia, al solito, una volta fatta la legge si trova subito l’inganno, si fecero coltelli con una falsa lama a punta mozza che era solo un sottile involucro, contenente una lama a punta.
In altre zone, dove il coltello era attrezzo di uso quotidiano più che arma e un attrezzo di quattro centimetri era inutile, si mozzarono le punte.
Così nacquero il Rasolino catanese e la Mozzetta di Guspini.
Il passo successivo fu considerare che un ferro tagliente senza punta esisteva da tempo. Era il rasoio, fino a quel momento mai considerato arma ma solo attrezzo, di cui la legge non parlava. Quindi, visto che con la punta mozza un coltello poteva essere usato solo di taglio, tanto valeva mettersi in tasca un rasoio.
Chi avesse fatto il barbiere sarebbe stato comunque giustificato nel porto e per gli altri valeva la considerazione della punta mozza.
Il rasoio aveva anche, in alcune regioni, un forte contenuto simbolico.
In un catechismo di mafia, che ho trovato ripreso da Giancarlo de Cataldo e che ebbi occasione di ascoltare con parole molto simili quasi cinquant’anni fa dalla voce di un anziano membro dell’Onorata Società (la definiva così e ne portava il tatuaggi realizzati in carcere) un dialogo dice:
“Saggio compagno, scusate, che ve ne fate del rasoio?
Il rasoio mi serve per tagliare la faccia a tutti gli infami e traggiratori
E non avete il coltello?
Bello compagno, sapete bene che il coltello col rasoio c’è una grande differenza
Alto bello compagno, mi sapete dire che differenza c’è tra il coltello e il rasoio?
Bello compagno, sapetelo bene: vi asserve per insegnare che il coltello è ferro ma il rasoio è ferro amaro e quando si taglia un infame con rasoio ci avvelena il sangue ne muore come un cane come si merita.”
Nulla di questi contenuti simbolici è presente nel T-Razor, come è giusto che sia.
C’è però il profumo di un tempo passato, che è rimasto intatto ad onta dell’aggiornamento tecnico dell’oggetto.
Il manico non è di legno, di tartaruga o d’avorio, ma di alluminio anticorodal anodizzato a forte.
Il perno è robusto e consente di impugnare il T-Razor per – ad esempio – appuntire una matita.
La lama, in acciaio Boehler N690 temprato duro, a 58 HRc, è robusta; in questo si discosta dal rasoio senza tradirne le forme, tuttavia consentendone un uso ragionevolmente intenso.
Se adoperato a buona regola, cioè nel tagliare per scorrimento, questo T-Razor dura una vita.
Come ultimo pedaggio alla modernità, il coltello ha un blocco della lama, realizzato col sistema liner-lock. Ma ha ancora il sapore del rasoio a mano libera, l’alliccasapuni dei barbieri. Come considerazione per chi lo acquisti oggi e lo voglia usare come coltello, con il suo tagliente rettilineo l’affilatura sulla pietra Arkansas è davvero alla portata di tutti.