Contrariamente a quanto si pensi, "Sa Resolza" è un termine generico che nella lingua sarda identifica il rasoio, anche se in particolare, pur essendo applicabile a tutti i ferri taglienti, questo termine da generico è diventato specifico e identifica specificamente il coltello di Pattada.
Che è il più noto e famoso tra i coltelli tradizionali di Sardegna per l’eleganza della forma e che, proprio per questo motivo, si è rapidamente diffuso al di fuori dell’isola standardizzandosi, anche se in origine ciascun coltello differiva dagli altri, sia pur di poco, e aveva una propria individualità. Non poteva essere diversamente perché il coltello era fatto dal fabbro che lavorava con il materiale che aveva, adattando la lama al manico.
Se il corno per il manico era troppo sottile, non lo si scartava sicuramente. Si componeva ugualmente una forma aggraziata introducendo piccole modifiche che, anche se pur sempre riferite ad un archetipo comune, portavano ogni volta ad un coltello leggermente diverso dagli altri. Nella parsimoniosa economia isolana, c’era chi nei ritagli di tempo produceva una manciata di coltelli da vendere al mercato e certamente, pur non perdendo di vista l’efficienza ed efficacia dell’attrezzo, non curava affatto la rigorosa uguaglianza tra gli esemplari prodotti.
Nell’individualità deli singoli pezzi, le lame di Sardegna si possono identificare come appartenenti a tre grandi categorie.
Abbiamo “Sa Leppa”, coltello-daga di grandi dimensioni paragonabile al paloscio rinascimentale, le lame mozzate come la Lametta di Tempio Pausania per la lavorazione del sughero o le mozzette di Guspini e i coltelli pastorali, ancora da dividersi in due sottotipi a lama larga da scuoio o stretta da scanno.
Se la lama larga appartiene alle specifiche tipologie del Foggia Antica, e in misura minore del Logudorese e del quasi scomparso coltello di Gonnosfanadiga, il più diffuso coltello del pastore è in larga misura un attrezzo da scanno con lama stretta, che dovrebbe segnare tra lama e manico un quasi impercettibile angolo di pochi gradi, sufficiente a far sì che nell’uso di punta la lama tenda ad aprirsi e non a richiudersi sulle dita del proprietario.
Un particolare, questo, che molti coltellinai custom sardi, ormai indirizzati al coltello da collezione più che all’attrezzo per uso quotidiano, sembrano aver dimenticato ma che è rimasto ben presente ai superstiti fabbri di paese che fanno ancora coltelli su ordinazione per gli ultimi pastori.
Benché molti coltellinai custom stiano riproponendo la Resolza a scopi collezionistici, magari con lama in acciaio damasco e manico in avorio, la forma archetipa è così snella ed elegante che dalla diffusione del modello nacquero molte sue riproduzioni, per cui abbiamo la Resolza di Maniago, quella di Scarperia e purtroppo anche alcune tristissime imitazioni con manico in plastica. Tagliano, ma sarebbero da evitare ad ogni costo.
Tra coloro che hanno deciso che quel coltello è davvero affascinante e merita una riproposizione moderna, c’è Extrema Ratio, un’azienda che ha fatto della qualità il proprio credo e ha tratto dal proprio tavolo da disegno un prodotto che non solo non snatura in alcun modo il coltello di Pattada, ma attualizzandolo lo migliora con l’uso dei materiali moderni oggi disponibili e delle tecnologie avanzate che fin dall’origine contraddistinguono i prodotti del costruttore toscano.
La loro Resolza, un coltello sfilato ed elegante dalle dimensioni classiche con lama da dodici centimetri, fa uso dell’acciaio Boehler N690, una lega al Cromo-Molibdeno ad alto Carbonio che consente una tempra a durezza elevata, con ottima tenuta del filo.
È una caratteristica irrinunciabile che in origine era ottenuta con acciai ad alto Carbonio e con la cementazione superficiale della lama, perché il pastore può rimanere isolato per lungo tempo e il coltello è il suo principale strumento, che lui usa sia per tagliare il pane e il formaggio sia per tutti i lavori collegati alla pastorizia.
L’arrotatura è piana e lo spessore della lama è di tre millimetri ma non conferisce al coltello un aspetto massiccio, viste le dimensioni.
Il manico, per garantire la solidità dell’insieme ancorché manchi la ghiera di ottone che qui sarebbe incongrua – ma è sostituita da una struttura a due chiodi che appartiene alla tradizione italiana - è in alluminio anticorodal con anodizzazione dura, quella che in quel di Prato definiscono Testudo.
La finitura della lama può essere brunita oppure burattata, quest’ultima più simile all’originale mentre la lama nera ne identifica immediatamente l’aggiornamento.
Il manico presenta il doppio ribasso laterale che è ormai una consolidata cifra stilistica del produttore e che conferisce al coltello una nota di modernità senza tonate affatto con la forma tradizionale.
A differenza del modello artigianale realizzato dal fabbro, la stabilità della lama nell’uso di punta è qui assicurata da un liner lock molto discreto. Le differenze tra questo oggetto moderno e i coltelli artigianali ci sono, ma si notano solo alla seconda occhiata perché la linea è del tutto naturale. Pur nella sua modernità. È un coltello che ci sembra di aver visto da sempre.
Il prezzo è adeguato e, in rapporto alla qualità complessiva, non caro. A prima vista i circa 230 Euro (cambia di pochi Euro tra la versione con lama bianca stone washed e quella con lama nera) sembrano caratterizzare un prezzo robusto; ma a ben vedere non lo è affatto.
Considerate che un coltellinaio artigiano, di quelli davvero bravi ai quali dobbiamo rivolgerci se vogliamo ottenere questa qualità, può chiedervi anche 100 Euro per ogni centimetro di lama. I conti si fanno in fretta.