Le armi a fuoco rapido hanno sempre giocato un ruolo importante nelle tattiche militari.
Anche prima dell'avvento delle armi automatiche, i fucili a ripetizione a leva offrirono un significativo aumento del volume di fuoco se confrontati coi fucili militari a colpo singolo dell'epoca; lo si capì prima durante la guerra di secessione americana, e poi durante la guerra russo-turca nei Balcani – conflitti in cui l'uso di fucili a leva Henry e Winchester causò numerosissime perdite rispettivamente tra i soldati confederati e tra quelli russi, che in entrambi i casi erano armati soprattutto di fucili a colpo singolo molto lenti da ricaricare.
L'invenzione delle polveri infumi e il conseguente avvento delle armi semiautomatiche ed automatiche portò i tecnici a mettere maggiore enfasi sui sistemi deputati a contenere le munizioni ed alimentare armi che di per sé erano in grado di svuotare il serbatoio di un qualunque fucile di fanteria dell'epoca (5-6 colpi in genere) in una frazione di secondo.
Quest'articolo si incentra sull'analisi dei caricatori amovibili ad alta capacità; alla trattazione dei sistemi d'alimentazione a nastro sarà riservato un articolo successivo.
Caricatori a pacchetto
Il caricatore a pacchetto è uno dei sistemi d'alimentazione più vecchi nella storia della tecnica armiera: le sue prime incarnazioni si possono rintracciare in armi risalenti alla fine del XIX Secolo e agli inizi del XX Secolo quali i fucili Mosin-Nagant M1891 (caricatore monofilare fisso), Mauser 1898 (caricatore bifilare fisso) e Lee-Enfield (caricatore bifilare amovibile).
Caricatori amovibili monofilari, montati sulla parte superiore dell'arma, vennero usati anche su alcune delle prime mitragliatrici a funzionamento manuale, quali le Gatling e le Nordenfeld.
Normalmente i caricatori a pacchetto ospitano le cartucce una sull'altra in una singola colonna (monofilare) o in due colonne affiancate (bifilare).
La capacità pratica dei caricatori a pacchetto risulta limitata da vari fattori quali, ad esempio, la forza della molla elevatrice, la lunghezza del corpo del caricatore (se troppo lungo può influire negativamente sulla brandeggiabilità dell'arma stessa) e diversi aspetti relativi all'affidabilità: più un caricatore è lungo e maggiore è il livello d'attrito al suo interno, inoltre un caricatore troppo lungo ha maggiori possibilità di venire piegato, scheggiato o comunque danneggiato in caso di maneggio troppo rude.
Nella pratica, la capacità dei caricatori a pacchetto per armi automatiche che impieghino calibri da fucile è da tempo limitata a 30 colpi – è questa, infatti, la capacità media di un fucile d'assalto moderno. Nel periodo tra le due guerre mondiali furono lanciati caricatori da 40 colpi per diversi tipi di mitragliatrice, con scarso successo.
Anche i caricatori pensati per munizioni di calibro intermedio raramente superano la capacità di 30 colpi – 45 colpi sono in genere considerati il limite pratico – mentre per le armi a raffica in calibro da pistola (le pistole-mitragliatrici) la capacità massima per questo tipo di caricatore è arrivata ai 50 colpi (nella maggior parte dei casi limitate all'uso su derivati del mitra Bergmann-Schmeisser Mp28, quali ad esempio la pistola-mitragliatrice britannica Lanchester Mk.1).
Tuttavia, anche nei calibri da pistola più piccoli e leggeri la capacità massima dei caricatori a pacchetto amovibili si attesta sui 30/35 colpi al massimo: i 40 colpi rappresentano un'eccezione.
Caricatori a pacchetto appaiati
Essendo la capacità dei caricatori a pacchetto singoli limitata da considerazioni di carattere pratico, alcuni ingegneri hanno tentato nel corso degli anni di unire due o più caricatori in unità singole; il modo più semplice consisteva nel “nastrare” assieme i caricatori affiancati, in modo da rendere la ricarica più rapida possibile.
Altri sviluppatori, tuttavia, hanno portato questo concetto su un livello successivo: due caricatori a pacchetto – ciascuno con la sua molla, il suo bocchettone e il suo elevatore – assemblati permanentemente in una singola unità.
Tali caricatori erano utilizzabili solo in armi da fuoco con un pozzetto apposito che consentisse l'allineamento rapido del compartimento pieno in sostituzione di quello vuoto.
Uno dei primi approcci in questa direzione si ebbe nel 1935 sulla pistola-mitragliatrice statunitense M35 disegnata da George Hyde; in quest'arma, i caricatori gemelli potevano essere spostati lateralmente nel loro fondello per allineare uno dei due compartimenti all'otturatore.
Una simile soluzione fu implementata sulla pistola-mitragliatrice Ballester-Molina – nota anche come “La Criolla”, prodotta dall'argentina HAFDASA poco prima della Seconda Guerra Mondiale – ove il caricatore poteva essere spostato lateralmente in un pozzetto allargato che ne consentiva il rapido allineamento.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tecnici tedeschi tentarono di imitare questa soluzione tramite una sede doppia per due caricatori indipendenti e selezionabili agganciati ad una singola arma. Tale sistema fu implementato in pistole-mitragliatrici quali le Erma Mp.40/I ed Mp.44 (un prototipo sperimentale non collegato al famoso Sturmgewehr).
Caricatori quadrifilari
Anche se i caricatori appaiati descritti in precedenza offrivano un aumento della capacità, richiedevano ancora l'azione diretta da parte del tiratore che doveva deliberatamente passare da un compartimento all'altro.
Il passo successivo più logico nell'aumento del volume di fuoco sarebbe dunque stata l'unione dei due compartimenti in uno solo.
Uno dei primi tentativi di successo nello sviluppo di un doppio caricatore unificato risale agli anni '30, quando l'ingegnere svedese Schillstrom brevettò un nuovo caricatore disegnato sulla base di due compartimenti separati da una parete interna e unita nella sua porzione superiore, un bocchettone a forma di cuneo.
I due compartimenti si restringono in modo da ridurre quattro colonne di munizioni in due, e infine in una presentazione singola.
Ciò consentiva di ottenere una capacità relativamente elevata − 56 colpi − al costo di un aumento della complessità, del costo, e dello sforzo necessario a riempirlo manualmente vincendo la pressione di due molle.
Originariamente forniti con la pistola-mitragliatrice svedese M37/39 − clone svedese della Suomi m/31 − il design fu in seguito adottato dall'Esercito finlandese in una versione da 50 colpi.
In seguito, diverse versioni migliorate del design originale furono prodotte in numerosi Paesi quali la Russia, l'Italia e gli Stati Uniti.
In Italia, i caricatori quadrifilari da cinquanta colpi furono prodotti per la pistola-mitragliatrice SITES M4 "Spectre".
La differenza principale tra i caricatori svedesi e finlandesi (detti "a cassa da morto") e le varianti successive è data dal fatto che i caricatori della Suomi dovevano ridurre quattro colonne di munizioni in una sola, mentre la maggior parte di quelli moderni passano "soltanto" da quattro file a due, cosa che ne aumenta l'affidabilità e li rende più facili da caricare.
Tuttavia i caricatori quadrifilari non sono mai diventati molto popolari – un caricatore da 60 colpi in polimero è stato recentemente adottato dalle Forze Armate russe per i fucili d'assalto AK74 e per le mitragliatrici leggere RPK-74 calibro 5,45x39mm, e l'azienda statunitense SureFire produce caricatori quadrifilari da 60 e 100 colpi in alluminio per alimentare armi in calibro 5,56x45mm NATO con pozzetto del caricatore di tipo STANAG.
La diffusione di questo tipo di caricatori è frenata sia dalla loro complessità che dal costo: ad esempio il caricatore quadrifilare SureFire da 60 colpi calibro 5,56mm si vende negli USA a circa 120 dollari; allo stesso prezzo si possono acquistare da sei a dieci caricatori STANAG da 30 colpi.
Caricatori a "tandem"
Un'altra strada intrapresa per unire due o più caricatori in una singola unità fu noto come il "tandem" − uno schema in base al quale compartimenti separati ed indipendenti vengono uniti in un singola cassa, uno dietro l'altro.
Uno dei primi design concepiti per l'impiego di questo genere di caricatori fu la pistola-mitragliatrice sperimentale Vesely V-42, sviluppata in Gran Bretagna nel 1942, il cui caricatore presentava due compartimenti.
Quando un caricatore pieno veniva inserito nell'arma, il compartimento posteriore veniva tenuto chiuso da una sorta di passante posizionato sotto l'otturatore; una volta che il compartimento anteriore si svuotava, il suo dispositivo di Hold-Open disinseriva tale passante consentendo alle munizioni ospitate nel compartimento anteriore di alimentare l'arma.
Un sistema molto simile fu più tardi utilizzato in uno dei prototipi sviluppati in seno al disastroso programma americano SPIW, a metà del decennio 1960. Data la sua complessità, non stupisce che l'approccio a "tandem" non abbia mai portato allo sviluppo di nulla al di fuori di qualche prototipo.
Caricatori a barattolo
Il caricatore a barattolo è un concetto piuttosto vecchio, risalente almeno allo schema Accles utilizzato su diverse varianti della mitragliatrice Gatling alla fine del XIX secolo.
Nei caricatori cosiddetti a barattolo, le munizioni sono collocate in fila in un contenitore circolare in modo che l'apice della pallottola sia più o meno parallela al suo asse.
Il modo più semplice di spiegare il funzionamento di un caricatore a barattolo è di concepirlo come un caricatore a pacchetto avvolto su sé stesso fino a formare un'elica.
Attualmente esistono molti modelli di caricatore a barattolo, alcuni dei quali hanno riscosso finora un buon successo: caricatori da 50 e 100 colpi di questo tipo furono prodotti negli Stati Uniti in grandi quantità per il mitra Thompson, e sempre nella prima metà del XX Secolo il progettista finlandese Aimo Lahti progettò caricatori a barattolo da 71 colpi per la sua pistola-mitragliatrice Suomi − caricatori che furono poi copiati in Unione Sovietica per i mitra PPD e PPSh.
In seguito sono stati sviluppati caricatori a barattolo anche per l'impiego di munizioni intermedie e in calibro da fucile – tra questi sono degni di nota i modelli da 75 colpi in metallo per le mitragliatrici sovietiche RPK calibro 7,62x39mm e le varianti in polimero da 100 colpi calibro 5,56x45mm realizzati a Singapore per la mitragliatrice leggera ULTIMAX-100.
Il problema principale di questo approccio è che il peso e il costo dei caricatori a barattolo restano sproporzionati al vantaggio che offrono in termini di volume di fuoco.
Ad esempio: nel 1940 un caricatore a barattolo da 50 colpi per un mitra Thompson si sarebbe venduto negli Stati Uniti al prezzo di 21 dollari di allora, contro i soli 3 dollari di un caricatore a pacchetto da 20 colpi.
Lo stesso caricatore da 50 colpi, a vuoto, pesava un chilo e 140 grammi contro i soli 180 grammi del caricatore da 20 colpi, e il modello da 100 colpi arrivava a pesare un chilo e 800 grammi a vuoto e ben 4 chili a pieno carico.
La sproporzione si accentua nei moderni modelli in calibro da fucile: mentre un caricatore a banana da 40 colpi per la mitragliatrice RPK pesa solo 200 grammi a vuoto, il barattolo da 75 colpi ne pesa 900. Inoltre, per la maggior parte dei casi, questa tipologia di caricatore risulta incredibilmente lenta da rifornire e scomoda da trasportare.
Caricatori bicilindrici
I primi caricatori bicilindrici veramente pratici della storia furono progettati in Germania negli anni '30 del XX Secolo per le mitragliatrici Mg13 ed Mg15 calibro 8mm Mauser.
Tali caricatori consistevano in due barattoli separati contenenti le munizioni, che venivano spinte in un'unica "gola" e infine nell'arma.
Non sorprende che tali caricatori risultassero particolarmente costosi da produrre e da acquisire, pesanti, e difficili da riempire.
Tuttavia, se confrontati coi caricatori a barattolo e con alcuni modelli a pacchetto, i caricatori bicilindrici offrivano il vantaggio di un ingombro relativamente basso, visto che l'ingombro verticale risultava decisamente ridotto essendo il grosso della loro massa concentrato sui lati.
Alla fine del XX Secolo il concetto è stato per così dire "risuscitato" dall'industria armiera americana col caricatore BETA C-Mag, che ospita 100 colpi calibro 5,56x45mm NATO, e con lo ARMATAC CL150 da 150 colpi nel medesimo calibro e in cal.6,8x43mm-SPC; la loro costruzione (in polimero il primo, in alluminio leggero il secondo) allevia alcuni problemi intrinseci dovuti al peso, ma il loro costo continua ad attestarsi tra i 200 e i 250 dollari − praticamente quanto quindici o venti caricatori standard da 30 colpi.
Caricatori elicoidali
Neanche quello del caricatore a dispenser elicoidale è un concetto nuovo: nel decennio 1870 il progettista americano Warren R. Evans concepì e produsse un fucile a leva a percussone centrale che offriva un'autonomia stupefacente per l'epoca − 34 colpi ospitati in un caricatore cilindrico inserito nel calcio e basato sul principio della vite d'archimede che spingeva le munizioni in un movimento elicoidale fino alla camera di scoppio.
Tale meccanismo, costoso e complesso, fu lesto a cadere nel dimenticatoio nella sua epoca, salvo poi essere resuscitato dopo più di un secolo.
Il più noto sistema d'armi che oggi impiega caricatori di questo tipo è quello prodotto dalla statunitense CALICO: pistole e carabine semiautomatiche e pistole-mitragliatrici calibro .22 Long Rifle e 9x19mm Parabellum alimentate da caricatori in polimero da 50 e 100 colpi con dispenser elicoidali.
Alla lista possiamo aggiungere anche i caricatori usati nelle pistole-mitragliatrici russe Bizon-2 e PP90-M1 e nella cinese CS/LS06, dato che questo sistema si è dimostrato più affidabile con le corte munizioni tipiche dei calibri da pistola.
I caricatori a dispenser elicoidale sono relativamente più comodi da trasportare e facili da usare rispetto ai modelli a barattolo della stessa capacità, ma non per questo sono meno costosi: negli USA un caricatore elicoidale da 50 colpi di tipo CALICO costa poco più di 100 dollari, ovvero quanto tre o cinque caricatori a pacchetto da 30 o 32 colpi per mitra UZI o Colt SMG.
Caricatori a tamburo
I caricatori a tamburo sono piatti e circolari, ed ospitano le munizioni disposte in maniera circolare su uno o più strati, con le ogive rivolte in direzione del cerchio.
A causa del design particolare, i caricatori a tamburo risultano essere quasi tutti di diametro piuttosto ampio, e scomodi da trasportare ed utilizzare; inoltre la loro peculiarità principale − essere adeguati soprattutto all'impiego di munizioni con collarino − li ha resi rapidamente impopolari nel momento in cui i moderni calibri con bossolo senza collarino si sono affermati come standard per le armi automatiche militari ad alto volume di fuoco.
Tipicamente, i caricatori a tamburo a strato singolo possono contenere sino a 50 colpi, che possono salire a 100 colpi o anche più nei modelli multistrato.
Probabilmente il caricatore a tamburo più capiente mai progettato e prodotto è stato quello da 275 colpi calibro .22 Long Rifle per la carabina-mitragliatrice American-180 e per le sue diverse varianti − sia il modello prodotto in Austria dalla Voere che il suo clone sloveno, la MGV-176.
Un caricatore a tamburo piatto concepito per munizioni da fucile oggi probabilmente finirebbe per pesare più dell'arma per cui fosse concepito. E in effetti, il caricatore a tamburo disegnato a suo tempo per la mitragliatrice inglese Bren Mk.I pesava 2,6 chilogrammi da vuoto e 5,45 chilogrammi a pieno carico: per lo stesso peso, un soldato poteva portare quattro caricatori da trenta colpi e parecchie munizioni sfuse.