Dopo un settembre discusso fra i soliti ritardi e i ricorsi nella maggior parte delle Regioni, ottobre porta per coloro che nutrono e difendono questa passione la possibilità di tornare a godere della libertà e della bellezza che la natura e la caccia rappresentano. La calura nelle ore centrali del giorno insiste ancora come ultimo retaggio di una lunga estate, ma in questo momento favorisce anche la sosta e la breve permanenza delle quaglie che stanno affrontando la migrazione verso i paesi dell’Africa Settentrionale in cui trascorreranno i mesi invernali.
Nei campi di cereali e girasole ormai raccolti, l’habitat si dimostra favorevole fino al momento dell’aratura per la sosta di questi selvatici che qui, seppur per brevi periodi, trovano fra le erbe spontanee e i resti del raccolto, cibo e riparo.
In collina le piogge autunnali stanno ritardando le operazioni di aratura e questo ci consente qualche giornata di caccia alle quaglie senza particolari pretese, ma con la possibilità di godere il lavoro dei cani e di valutare i loro progressi o gli eventuali limiti, grazie al comportamento e alle difficoltà che questo selvatico mette in atto come pochi altri. I suoi velocissimi e irregolari spostamenti sul terreno riescono spesso a depistare e confondere i cani, soprattutto giovani, portandoli all’errore. Proprio per questo, se sfidato in modo leale e coerente con il valore cinotecnico che un selvatico vero conserva, la quaglia è avversario di assoluto rispetto e banco di prova per me insostituibile nell’addestramento e nella valutazione del cane da ferma. Le difficoltà e dunque i criteri di valutazione cambiano necessariamente con i terreni in cui questa caccia si svolge. In collina ad esempio, molto di più rispetto alle grandi pianure, si possono prendere in considerazione il metodo di cerca dei cani, la resistenza alla fatica e l’intelligenza nel risolvere quel dedalo di fughe intraprese dalle quaglie sul terreno; la potenza olfattiva nell’intercettare l’emanazione sempre flebile del selvatico, la capacità di sfruttare il vento e non da ultimo se si caccia con più cani, anche il rispetto e l’ordine durante l’azione per non sciupare occasioni e incontri. Una caccia volta alla qualità e non alla quantità, alla bellezza e alla soddisfazione di un’azione svolta correttamente, la conquista di un selvatico e non solo il suo abbattimento.
Racconto di una giornata di caccia alle quaglie
Con questi pensieri ci mettiamo in cammino io e i ragazzi armati di telecamera che condividono con me il lavoro di raccontare nel modo più costruttivo possibile gli aspetti più interessanti della caccia e della cinofilia. Ho deciso di mettere in campo un giovane setter inglese di appena due anni e un cane più esperto di quasi cinque anni. È un bel mattino sereno e la nebbia si dirada velocemente sulle colline marchigiane facendo spazio ad un sole dapprima timido poi sempre più deciso sul nostro cammino. L’azione dei cani si svolge in modo ordinato e costante, fra le alte erbe spontanee che hanno invaso il campo di girasole tagliato. La vegetazione è in molti tratti così fitta da indurmi a porre il campano al collare di Noce, il setter più maturo in modo da seguirne la cerca in modo più agevole senza la necessità di richiami vocali. Il tintinnio è morbido e serrato nelle battute, seguito spesso dalla corsa ansimante del più giovane Pepe che intraprende azioni di cerca autonome ma non disdegna di rientrare frequentemente seguendo la cerca metodica di Noce. Camminiamo con calma e convinzione, fiduciosi nelle novità che la brezza da nord del giorno precedente abbia portato durante la notte.
I miei presupposti trovano conferma quando il suono del campano scompare e il dorso della collina mentre avanzo lentamente mi restituisce la vista dei cani fermi con espressione sicura. Mi avvicino con calma e dopo qualche istante di silenzio il sibilo inconfondibile annuncia il volo della quaglia che punta decisa verso la valle fermata dalla seconda canna del nuovo sovrapposto calibro 20. Qualche attimo di esitazione poi una ferma a terra del giovane Pepe conferma il punto di caduta e quindi il pronto recupero e riporto del selvatico, coronando la conclusione di una buona azione completa. Il tempo di ammirare la sobria eleganza del piccolo selvatico vestito dei colori di terra e poi via di nuovo verso i versanti delle colline in un territorio ancora ampio da esplorare. Si alternano davanti alle ferme dei cani alcuni frulli distanti e sospettosi delle quaglie più scaltre, a lunghe fughe di pedina dei selvatici più giovani che frullano soltanto a breve distanza dopo il passaggio dei cani su cui decido di non sparare. Abbiamo modo di concludere correttamente altre azioni in circa tre ore di caccia in cui le temperature che salgono in modo repentino mi inducono a dare uno stop alla generosità dei cani che vorrebbero seppur accaldati e stanchi continuare le ricerche. Fra le erbe spontanee non mancano purtroppo le essenze spinose che nei coltivi in questi periodi provocano ferite dolorose ai cani e anche per questo, decido più che soddisfatto di fermarmi.
Caccia alle quaglie con il sovrapposto F.A.I.R. Classic Deluxe calibro 20 e cartucce F2 Extra Baschieri & Pellagri
Ho ritirato da appena due giorni dall’armeria Dionisi di Ascoli Piceno il fucile che mi è stato inviato da F.A.I.R. perché possa provarlo e portarlo con me durante le uscite della stagione raccontandone direttamente dal campo le caratteristiche principali. Il modello è il Classic Deluxe calibro 20, prodotto dall’azienda in tutti i principali calibri dal 12 al più piccolo .410. Si tratta di un’arma dal profilo elegante ma molto funzionale, leggerissima con la sua bascula in Ergal e i suoi complessivi 2,4 kg nel calibro 20, particolarmente indicati al trasporto nella caccia vagante e al rapido brandeggio nel tiro. La configurazione del fucile è standard nelle misure del calcio e mi rendo conto durante questa prima uscita che forse dovrei rivederne di qualche millimetro la lunghezza che ritarda di qualche attimo la presa di mira nel tiro istintivo. Il fucile è rapido alla spalla ma un calcio appena più corto mi permetterebbe un allineamento naturale ancora più istantaneo nel tiro; provvederemo a questo e all’applicazione della cinghia di trasporto, dettagli che nella curiosità di portarlo a caccia con me non ho saputo attendere. La resa balistica delle canne che ho scelto della lunghezza intermedia di 68 cm sembra ottimale. Ho ricevuto in dotazione un set di 3 strozzatori Tecnichoke da 50 mm e ho scelto come valori, cilindrico in prima canna e tre stelle in seconda. Torneremo a parlare del F.A.I.R. Classic Deluxe con cui andremo a vivere e a condividere con voi i prossimi giorni di caccia.