La stagione 2023 è stata e continua a essere in molte regioni molto positiva per la presenza delle quaglie, selvatici che come pochi forse danno occasione di godere del lavoro dei cani. Se ne avvertiva già l’arrivo cospicuo in primavera, quando fra i frequenti temporali e le giornate di sole, il canto inconfondibile e imparagonabile per bellezza e allegria annunciava l’arrivo dell’estate. La stagione estiva, umida nella sua prima parte, ha favorito le condizioni ambientali per la sosta e la nidificazione come non accadeva da qualche anno a causa dei tempestivi lavori di sfalcio e mietitura, quest’anno ritardati inevitabilmente dalle piogge primaverili. Così l’occasione di vivere qualche bella giornata di caccia incontrando brigate di quaglie, almeno nel centro/sud Italia non è mancata e fra queste vi raccontiamo la più recente che ho condiviso sulle alte colline di Fiordimonte in compagnia dell’amico Luca Ascani.
Approfittando della brezza mattutina che in montagna non manca e rende più duraturo e corretto il lavoro dei cani, abbiamo trascorso con Luca una piacevole mattinata alternando e valutando cani giovani e altri esperti in quella che io personalmente ritengo una prova del nove, un esame immancabile da superare prima di affrontare qualsiasi altro selvatico dentro e fuori dal bosco. Sì, perché la quaglia non fa sconti a mio parere e riesce a mettere allo scoperto tutti o quasi i pregi e i difetti dei nostri cani; dalla potenza olfattiva al metodo di cerca, dalla solidità della ferma alla capacità di guidata, passando per il consenso necessario e concludendo con il riporto.
Quaglie si, quaglie no, oppure quaglie dove e come per i cani?
Non mancano perplessità da parte di alcuni cacciatori e cinofili nei confronti di questo selvatico, fra qualche verità e alcuni luoghi comuni invece sempre difficili da scalfire. Cercherò di affrontarne alcuni con la consapevolezza e la volontà di non parlare in assoluto della caccia alla quaglia, ma di alcune situazioni di caccia a questo selvatico, che fa proprio della sua diffusione e della diversità dei molti ambienti a cui si adatta, la bellezza e la difficoltà della sfida.
Il primo punto, ovvio ma purtroppo non scontato nell’attuale situazione del mondo venatorio che metterei a favore della quaglia è la sua natura di selvatico vero, capace cioè di riprodursi e difendersi mettendo in atto tecniche di fuga e sopravvivenza di cui per istinto e patrimonio genetico è dotata. Premettiamo doverosamente che qualche decennio fa questo nostro argomentare non si sarebbe neanche posto, perché sulle quaglie selvatiche non si discuteva, ma si disputavano prove cinofile che davvero mettevano in luce le doti di cani da ferma selezionati poi come eccellenti riproduttori di cani da caccia. Questa però è altra storia che per mia fortuna, solo per ragioni anagrafiche, conosco dalle memorie di anziani cacciatori e cinofili. Come si è potuti passare però mi chiedo dal considerare un selvatico selettivo per i cani da ferma a quasi evitabile per molti per non incorrere nel rischio di imperfezioni estetiche o pratiche nel lavoro? Arriviamo qui ai primi e forse più consolidati punti critici notati dai puristi della cinofilia, secondo i quali la quaglia costringerebbe i cani a mettere il naso a terra per non perdere l’emanazione del selvatico in fuga, cani che poi inizierebbero inevitabilmente a muovere nervosamente la coda per facilitare l’olfatto o per nervosismo nel reperire la quaglia nascosta nella vegetazione e restia al volo. La risposta si trova forse nel come si affronta o giudica l’argomento, cercando se possibile di non generalizzare e mantenere un equilibrio che contenga le dispute all’interno della realtà e non le trascini nei fanatismi che portano a una lettura parziale o distorta dagli eccessi.
Il luogo fa la differenza. Lo stesso selvatico cacciato in ambienti differenti può condurre i cani ad azioni completamente diverse. Per questo non si può discutere il valore del selvatico, semmai l’ambiente che può portare i giovani cani a commettere errori o scorrettezze rispetto ad altri. Non sono infatti paragonabili gli incolti e le cacciate in pianura in cui le quaglie possono intraprendere fughe anche molto lunghe e complesse di pedina, dove la ventilazione è solitamente debole o del tutto assente, con prati di montagna in cui l’aria costante, la vegetazione più rada, portano i selvatici a levarsi in volo e i cani quindi a mantenere costante il contatto con l’emanazione cercandolo nel vento e non a terra. Se i cani hanno l’olfatto come mezzo a disposizione, nostra deve essere la strategia e la scelta dei terreni di caccia più idonei a consentire l’incontro ai cani giovani. Precisiamo che soprattutto di addestramento e di giovani leve stiamo parlando, perché poi maturando esperienze in terreni diversi, i cani più esperti sapranno adattarsi e risolvere i depistaggi messi in atto dalle quaglie. Come negare però che questo selvatico, specie in stagioni positive dia la possibilità al cucciolone di crescere con una frequenza di incontri difficilmente riscontrabile con altri selvatici. Questa stessa frequenza concede al cacciatore una serenità e una razionalità anche nell’uso del fucile e nella conclusione soltanto di azioni corrette, riuscendo a controllare e riprendere il cane in modo tempestivo, grazie al contatto visivo negli spazi aperti, nei suoi errori di gioventù quale potrebbe essere un mancato consenso o uno sfrullo. In conclusione vorrei sottolineare poi che la quaglia rappresenta un punto di partenza fondamentale e non un traguardo, come tale questa caccia va vissuta con i giovani cani, cogliendo qualche buona occasione, senza eccedere o insistere soprattutto negli stessi luoghi dove i cuccioloni potrebbero abituarsi a una caccia troppo metodica. Per quanto riguarda portamento e stile dei nostri cani, è bene convincersi e accettare che i soggetti scomposti nei movimenti devono i propri errori quasi certamente al corredo genetico e alla propria morfologia, quasi mai a un selvatico vero incontrato a caccia. L’equilibrio resta un parametro fondamentale per ottenere apprezzabili risultati e non precludersi la bellezza di un selvatico e di giornate di caccia autentiche che vissute sportivamente possono soltanto dare e mai togliere al cacciatore e ai suoi cani.
Doppietta Fausti DEA calibro 20 e cartucce Baschieri & Pellagri GP Universal per la caccia alle quaglie
Durante la caccia alle quaglie ho scelto di portare con me arma e cartucce tradizionali, sempre in grado di esaltare il piacere di una caccia antica e che permette di apprezzare e ammirare sul campo il proprio fucile.
Non trovandoci infatti nel bosco, con ambiente intricato e ritmi più frenetici nelle marce e negli avvicinamenti, nella caccia alla quaglia ho gustato la leggerezza della classica doppietta DEA Fausti calibro 20. Poco più di due kg da portare in collina e canne in questo caso da 71 cm di lunghezza che con l’ausilio degli strozzatori interni da 4 e 3 stelle mi hanno consentito negli spazi aperti di sparare con tranquillità senza problemi, facendo centro e recuperando le quaglie perfettamente integre, mai sciupate dalla fucilata. Le cartucce che avevo con me Baschieri & Pellagri GP Universal hanno contribuito in modo determinante, trattandosi di caricamenti specifici per la caccia alla piccola selvaggina migratoria.
Caricate con la celebre polvere GP, un propellente semivivace, con borra bior senza contenitore, queste cartucce assicurano rosate ben distribuite ed efficaci già alle brevi e medie distanze. Disponibili sia in calibro 12 che in calibro 20, avevano nel mio caso per il calibro minore dose da 25 grammi e pallini del numero 10, ideali per la caccia alla quaglia ma consigliabili ora con l’avanzare della stagione anche a quei cacciatori che amano la caccia ai turdidi.