Una melodia appena sussurrata invade il cielo, due ali che danno l’impressione di essere troppo grandi per lei ne scandiscono il volo intermittente. L’allodola, uno fra i selvatici cacciabili più piccoli, riesce a trattenere in attesa ancora molti cacciatori appassionati che dall’inizio dell’autunno iniziano ad interrogare il cielo perdendoci lo sguardo, al riparo dei loro appostamenti, in compagnia dei propri richiami.
Di abitudini terricole, l’allodola trascorre la sua vita negli spazi aperti caratterizzati da vegetazione non troppo alta e fitta in cui può muoversi al pascolo e nutrirsi principalmente di vegetali, ma anche insetti nelle stagioni più calde. L’importante è che i terreni non risultino troppo umidi.
Allestendo la tesa nei campi di pastura i cacciatori le attendono in transito cercando di sfruttare la loro proverbiale curiosità verso oggetti luminosi in movimento, quindi utilizzando specchi, stampi, giostre e i classici richiami vivi.
In Italia, sebbene con popolazioni minori rispetto a quelle degli anni passati, l’allodola è specie stanziale nel centro-sud e nelle isole, ma la maggior parte dei selvatici transita in doppio passo a ottobre-novembre verso sud e in marzo aprile verso nord.
Selvatico originario delle regioni settentrionali dell’Europa e dell’Asia, da queste si è diffuso poi verso sud fino all’Africa settentrionale.
Il periodo migliore per la caccia all’allodola ha inizio nell’ultima parte del mese di settembre per continuare nel periodo del passo ad ottobre fino agli inizi di novembre.
Dopo le curate dei selvatici verso la tesa allestita, il tiro è la seconda fonte di soddisfazione per i cacciatori di allodole che ne conoscono gli inganni e le difficoltà. La notevole apertura alare ed il volo spesso pronto a cambi di direzione repentini, possono infatti ingannare sulla reale distanza delle allodole e far perdere l’attimo decisivo nel momento della fucilata. Il giusto tempismo e la precisione saranno il frutto della pazienza e dell’ esperienza che la caccia a questo selvatico richiede.
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