E alla fine scoppiò la polemica. Per tanto tempo, forse già troppo per i criteri della politica, si era assistito a un’imprevedibile unità di intenti tra l’Arcicaccia e Sergio Berlato, consigliere regionale del Veneto eletto nelle liste di Fratelli d’Italia: si pensava fossero i miracoli della caccia, capace di unire chi, da fronti contrapposti e con ruoli differenti, fosse accomunato dalla medesima passione. E invece alla fine la controversia è deflagrata. Tema della contesa, la proposta del presidente della Terza Commissione sulla caccia alla migratoria; nel dettaglio, l’introduzione della mobilità per i cacciatori con due emendamenti alla legge 50/1993 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio).
Nella commissione da lui presieduta, Berlato ha infatti proposto di modificare l’articolo 1 ai commi bis e ter: il nuovo testo prevede che dalla prima domenica di ottobre ogni cacciatore possa disporre di quindici giornate di prelievo venatorio in forma vagante negli ATC e nei Comprensori Alpini in cui risulta iscritto. A esclusione della zona faunistica alpina, del territorio lagunare e di quello vallivo, le giornate potrebbero diventare 30 per le altre forme di caccia. Per la fruizione non sarebbe necessario alcun adempimento specifico, “fatto salvo l’obbligo di cerchiare in modo indelebile sul tesserino venatorio, a inizio della giornata venatoria, la giornata di caccia utilizzata in deroga all’opzione prescelta”.
La reazione dell'Arcicaccia veneta agli emendamenti di Berlato
E l’Arcicaccia, sempre molto attiva in questo territorio e anche stavolta la prima a esprimersi tra tutte le associazioni venatorie, non l’ha presa bene. Il presidente regionale Giuliano Ezzelini Storti parla addirittura di “sentimento di incredulità” nei confronti della proposta di Berlato, “per anni spacciatosi per paladino dei cacciatori”, e di “proposta discriminatoria, rischiosa per la sicurezza dei cacciatori e la gestione faunistica del territorio in armonia con il mondo agricolo”. L’Arcicaccia non si dice pregiudizialmente contraria alla mobilità venatoria, tutt’altro; anzi, nella prima metà di maggio aveva inviato una richiesta in tal senso all’assessore Giuseppe Pan collegandola alle proposte di modifica del Piano faunistico regionale. L’attacco all’emendamento Berlato nasce dalla “mescolanza di argomenti diversi (mobilità dei cacciatori e scelta di caccia, ndr) in chiave propagandistica” e dal rischio di aumentare “il rapporto cacciatore / territori, mettendo a rischio le culture agricole, la sicurezza dei cacciatori e la gestione faunistica” nonché violando il rapporto necessario relativo agli ettari disponibili per la caccia.
Nella necessità di un ragionamento approfondito sulla mobilità venatoria, l’Arcicaccia ritiene fondamentale non slegare il cacciatore dal territorio di riferimento, in armonia col mondo agricolo. La polemica politica sulla migratoria offre il destro anche per tornare su un fronte battutissimo: gli appostamenti. L’Arcicaccia sostiene che la proposta di Berlato, autorizzando alla forma vagante chi caccia da appostamento fisso ma non permettendo la relazione inversa, risulti discriminatoria per un gran numero di cacciatori interessati a una gestione meno rigida dell’opzione venatoria.
L’iter del provvedimento è ancora lungo, ma una parte consistente del mondo della caccia ha già fatto sentire a caldo le proprie impressioni. E non sono impressioni favorevolissime.