Affrontare un argomento come quello che ci stiamo ponendo in questa sede è certamente lavoro ed onere assai complesso. Cerchiamo quindi di riflettere evitando il luogo comune e il mero elencare dati.
Il problema Lupo
Stando alle ultime notizie e in particolare ai dati che sono emersi dagli ultimi censimenti e rilevamenti eseguiti dalle istituzioni, la problematica del Lupo si sta inserendo pesantemente nel dibattito in seno al mondo venatorio.
Lo scorso 3-4 Dicembre si è tenuto a Roma un simposio organizzato da ISPRA all’interno del quale sono emerse interessanti argomentazioni in merito al problema lupo. È emersa infatti l’esigenza di passare da quella che attualmente è una politica di “conservazione” della specie, a quella che dovrebbe essere una politica di “gestione” della stessa. Gestire significa ragionare sulla possibilità di attuare abbattimenti programmati proprio perché l’aumento esponenziale della popolazione lupo sta avendo pesanti ripercussioni sulle attività umane, su chi vive del mondo rurale con pesanti effetti sui conti degli enti territoriali competenti che devono, per legge, risarcire chi ha subito danni da parte di animali selvatici.
È stata proprio l’ISPRA ad elencare, in modo assolutamente puntuale e preciso, una serie di dati relativi ai danni al mondo agricolo causati dal Lupo. In particolare, tra il 2010 ed il 2015 si contarono esattamente 2.590 prede abbattute dai lupi (intendiamo, in questo caso, con il termine prede quegli animali che vengono allevati in attività umane e dalle quali si trae un profitto) con indennizzi, a carico degli enti territoriali competenti, per un totale di 1.439,308 euro. Parliamo di cifre assolutamente importanti che certamente sarebbero potute essere investitile in qualcosa di molto più utile. Purtroppo, mancando una sana e ragionata politica di gestione di questa specie
Il cinghiale. L'esempio della provincia di Pescara
Altra argomentazione volta ad avvalorare la nostra tesi sulla necessità di gestire quelle specie che creano grave danno al mondo agricolo e rurale, non possiamo non parlare dei dati relativi alla politica di gestione del cinghiale posta in essere negli anni passati dalla Provincia di Pescara. Sono dati ormai relativamente risalenti ma che ben si prestano alla spiegazione delle nostre argomentazioni.
Fino al 2010, su tutto il territorio della Provincia di Pescara si sono effettuati in modo ragionato e regolamentato, una serie di abbattimenti selettivi della specie cinghiale. I danni causati da questa specie sulle colture agricole ammontavano infatti a circa 170.000 euro l’anno. Successivamente, nel 2012, per motivi logistici non è stato più possibile effettuare tali abbattimenti. In quell’anno i danni aumentarono fino a 250.000 euro l’anno. Riprendendo gli abbattimenti, l’anno successivo, i danni scesero a 150.000 euro l’anno.
Le nostre conclusioni
Una problematica del genere deve rappresentare argomento su cui è importante porre in essere una incisiva politica di sensibilizzazione. Che cosa intendo? Il problema attuale è che il mondo dei cacciatori viene visto dall’opinione pubblica, dai “leoni da tastiera” (da leggere come persona che non ha nulla da fare tutto il giorno e che sfoga le proprie frustrazioni sui social abbracciando le mode più disparate, dal veganesimo al terrapiattismo) come un mondo in cui la regola è il semplice “massacro delle bestie”. Un VERO E PROPRIO GIOCO AL MASSACRO, Senza regole. Così facendo, è assolutamente ovvio che il mondo venatorio vive attualmente un problema IMMENSO di mancato ricambio generazionale. I giovani percepiscono questa condanna sociale e preferiscono non far parte di quel mondo. Stiamo pur certi che è più semplice impressionare un ragazzo di 18 anni con l’immagine “cruda” di un cervo o di un camoscio abbattuto, piuttosto che fargli capire che nell’abbattimento, programmato e regolato da normative, si inserisce la volontà di gestire la specie, di conservarla e di mantenere l’equilibrio necessario tra il mondo rurale, la natura, e le attività umane.
Il problema del mancato ricambio generazionale nel mondo venatorio è un cancro che sta uccidendo la caccia, almeno nel nostro paese. Se mancano i cacciatori, amici, mancherà quello che attualmente rappresenta il presidio più efficace di gestione delle specie e di tutela proprio del mondo rurale, agricolo e naturale. Se diminuiscono i cacciatori, chi gestirà queste problematiche? Gli enti territoriali? La politica? Le istituzioni? Con quali soldi? a voi le riflessioni…