Il capriolo è il più piccolo cervide presente in Italia e, forse, per certi aspetti, anche il più affascinante. Schivo e diffidente, da alcuni decenni le sue popolazioni sempre più numerose stanno beneficiando del cosiddetto abbandono delle campagne per allargare il proprio areale di distribuzione e colonizzare delle nuove aree. In alcune di esse la totale mancanza di competitori alimentari, per esempio il cervo, e la rarefazione dei predatori naturali, hanno imposto un controllo numerico che per forza di cose dev’essere messo in pratica da cacciatori formati.
Caccia al capriolo: alla cerca o da appostamento
Si tratta delle stesse tecniche che vengono impiegate durante le operazioni di censimento e differiscono l’una dall’altra sostanzialmente per il diverso rapporto di tempo/energia impiegata.
Nel primo caso, entrando in casa del capriolo, è d’obbligo conoscere perfettamente l’ambiente e saperne leggere i messaggi, pena la buona riuscita dell’azione di caccia. Nel secondo, invece, criticato da alcuni perché forse poco etico, ci si dedica ad una lunga attesa da un appostamento che può essere sopraelevato oppure costruito al suolo.
Pregi e difetti, dunque, dell’una e dell’altra strategia, che però potrebbero venire posti fuori discussione dalla necessità di selezionare accuratamente il capo da prelevare.
L’aspetto infatti, tecnica anche più sicura per il cacciatore ed unica forma di caccia autorizzata in alcune parti, permette la meticolosa osservazione dell’animale, così come un tiro meditato e preciso.
Non vi è dubbio difatti che sia questo il metodo di caccia più adatto per un abbattimento pulito, ma anche per la corretta e puntuale valutazione.
L'abbattimento. In quale periodo?
Partendo dal presupposto che gli abbattimenti devono essere distribuiti in maniera equilibrata all’interno di una popolazione di capriolo il cui rapporto sessi è di 1:1 (una femmina per ogni maschio), e che la caccia ai soli maschi porta a degli squilibri più o meno gravi, è importante che il cacciatore formato sappia esattamente quale animale e in quale periodo vada esso sparato.
Tale piano di abbattimento solitamente viene formulato dall’ente gestore in base alle conoscenze in suo possesso e dalla volontà di incrementare o diminuire la popolazione d’ungulati della zona. Gli abbattimenti, quindi, verranno fissati ad una quota superiore rispetto l’incremento utile annuo se si vorranno ridurre le densità o, viceversa, se si vorranno aumentare.
Per quanto riguarda le femmine, avendo esse una gestazione molto lunga che da luglio/agosto in poi dura tutto l’autunno, l’inverno e la primavera successiva, subentrano fattori biologici ed etici che ne rendono sempre discutibile l’abbattimento, anche se questo si rende necessario.
La maniacale ed errata volontà di risparmiare le femmine, radicata soprattutto in quelle zone dove da diverse generazioni si caccia il capriolo, è stata smentita da ricerche e osservazioni sul campo.
È evidente, però, che sparare ad una femmina appena dopo il periodo degli amori equivale a condannare sia gli embrioni che i caprioletti nati da pochi mesi. Ragion per cui gli abbattimenti dovrebbero concentrarsi in inverno, quando, cioè, i giovani caprioli risultano essere del tutto o in parte autosufficienti.
Per i maschi, invece, trofeo fin troppo ambito dal cacciatore di selezione, sarebbe auspicabile che ciascun comprensorio si dotasse di un calendario che preveda una prima fase degli abbattimenti antecedente al periodo degli amori ed una seconda successiva a tale momento. A giugno, quindi, sarebbe bene risparmiare i maschi maturi e vigorosi, parametri questi che difficilmente si ricavano dalla valutazione dell’animale, quanto piuttosto dalla conoscenza dello stesso.
E la conoscenza, si sa, viene garantita solo dall’osservazione prolungata nei mesi, o addirittura anni.
Di certo e in linea generale prima del periodo degli amori, purché non ci si trovi di fronte ad un animale debole, i maschi dai 2 ai 5 anni circa andrebbero conservati; mentre dopo il 15 agosto e fino ad ottobre potrebbero essere prelevati anche quelli.
Infine, è noto che la qualità del trofeo non è indice sufficiente per stabilire che un capriolo trasferirà alla propria discendenza quel medesimo carattere.
In alcune riserve si è dato la caccia per decenni ai bottoni di capriolo e..tutt’oggi vi sono i bottoni!
Il capriolo, quindi, è una specie relativamente facile da gestire e con buoni incrementi utili annui che se rispettato seguendo alcune linee guida semplici può diventare una risorsa importante per i cacciatori e non solo.
Ecco perché a maggior ragione lascia davvero perplessi la scelta gestionale che certi enti hanno preso nell’ultimo periodo, specie in Toscana, dove si autorizza la caccia primaverile al maschio o, peggio, quella estiva alla femmina.