Il 2 luglio si terrà in Campidoglio a Roma, una conferenza stampa di presentazione del referendum alla presenza del sindaco Virginia Raggi. Confermata la partecipazione di alcuni parlamentari a sostegno dell’iniziativa e personaggi del mondo dello spettacolo, alcuni rappresentanti delle associazioni animaliste e ambientaliste. Nessuna sede poteva probabilmente essere più indicata della capitale per sottolineare le contraddittorie tesi portate avanti dal comitato del referendum, lì dove la densità dei cinghiali che raggiungono il centro ormai della città ha provocato nel recente passato anche vittime fra gli automobilisti. Ma siamo in Italia e ciò che non è di tendenza o strumentale alla propaganda smette presto di far notizia, morti inclusi.
I vari tentativi di proposta di referendum contro la caccia
Inizia il 1° luglio dunque la raccolta delle firme per l’ennesimo referendum contro la caccia. Siamo infatti al terzo tentativo di proposta in un anno. La prima prevedeva addirittura l’abolizione totale della legge quadro sulla caccia 157/92 quindi implicitamente anche la tutela della fauna. Il secondo tentativo proponeva di abolire parte dell’articolo 842 del codice civile che consente l’accesso ai fondi privati durante l’attività venatoria. Quest’ultima proposta depositata in Cassazione e pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 22 maggio prevede invece una cancellazione mirata dalla 157/92 di tutti gli articoli e le parti che menzionano l’attività venatoria. Questo, secondo i sostenitori, dovrebbe consentire di vietare la caccia mantenendo le previsioni di tutela della fauna contenute nella 157/92. Tralasciando gli obiettivi fin troppo chiari, è interessante soffermarsi sulle motivazioni accampate dal comitato promotore del referendum per notare che siamo nel campo che oltrepassa il confine dell’ipocrisia per raggiungere il surreale.
Queste le dichiarazioni a favore del referendum: “La caccia è un’attività violenta, cruenta, sanguinaria; provoca ingenti danni ambientali per i milioni di pallini di piombo e cartucce che vengono abbandonate sul terreno dai cacciatori ed inquinano campagne e falde acquifere; è responsabile di uno sperpero di decine di milioni di euro di denaro pubblico per il ripopolamento degli animali selvatici; alla fine della stagione di caccia, nel mese di febbraio si verifica un ingente abbandono di cani utilizzati dai cacciatori, come registrato dalle Regioni; non è affatto educativo per i minori che crescono in famiglie dove sono presenti i cacciatori, che tentano di travisare il significato della caccia come una passione per a natura e gli animali, senza considerare la pericolosa abitudine alla violenza che potrebbe provocare problemi e danni ai minori che sin da piccoli sono amanti degli animali”.
I dati reali e il nostro punto di vista
Partendo dall’inizio e cercando di restare strettamente ancorati alla realtà senza passare dal punto di vista umano, passionale e culturale di cui la caccia è intrisa, analizziamo i vari punti sulla base di informazioni tecniche, scientifiche e quanto meno logiche. La caccia definita come attività cruenta e sanguinaria prevede in realtà l’abbattimento istantaneo dei selvatici in modo etico e strettamente regolamentato da limiti e norme. Trattasi di attività programmata e sostenibile cioè regolata da piani di prelievo che si basano su rilevamenti e censimenti scientifici che in nessun modo possono arrecare danno o mettere in pericolo le specie definite per questo cacciabili. In merito al denaro pubblico per i ripopolamenti dei selvatici, niente di più falso. I ripopolamenti vengono svolti dagli ATC ( Ambiti territoriali di caccia), organi di gestione territoriali sovvenzionati dai cacciatori con quote di iscrizione che annualmente i cacciatori residenti pagano. Non solo, forse non tutti sanno che in molte Regioni sono quegli stessi soldi provenienti dai cacciatori che indennizzano i danni provocati dalla fauna selvatica sia all’agricoltura sia sulle strade alla viabilità. Quindi la fauna che è patrimonio indisponibile dello stato secondo la legge 157/92, quando provoca dei danni che esigono indennizzo, come nel caso più eclatante dei cinghiali, diventa diretta responsabilità dei cacciatori. Andiamo avanti.
Sulla tossicità del piombo sono stati forniti studi e relazioni tecniche da parte dei comitati scientifici di ricerca con ingenti investimenti da parte delle Associazioni che dimostrano come non ci siano casi di saturnismo derivato dalle munizioni dei cacciatori riscontrabili sia tra i selvatici, sia tra gli uomini per il consumo di selvaggina contaminata. Il piombo inoltre, soprattutto nelle attività di tiro sportivo, resta concentrato nei campi di tiro dove sono previste norme di recupero e bonifica che evitano appunto qualsiasi rischio di accumulo o abbandono di materiale tossico.
Sull’abbandono dei cani da parte dei cacciatori nel mese di febbraio al termine della stagione venatoria ci appelliamo al buon senso dei lettori oltre ai dati mancanti a sostegno di tale pratica che rappresenta reato. Senza voler considerare l’aspetto affettivo che lega i cani e i cacciatori in un rapporto unico per tutta la vita; per quale motivo logico dopo aver allevato, cresciuto e addestrato un cane, un cacciatore dovrebbe al termine della stagione venatoria poi abbandonarlo? Perché privarsi del più fedele compagno di caccia e di vita alla fine della stagione? Non ci è dato saperlo. Merita attenzione infine il punto dedicato alla crescita dei minori nelle famiglie dei cacciatori che diventerebbero inclini alla violenza. Anche in questo caso ci chiediamo da quali basi scientifiche o logiche possa arrivare tale deduzione. Considerando che parlare di cacciatori significa in gran parte dei Paesi europei parlare di persone rispettabili per la loro condotta impeccabile che consente il possesso di porto d’armi, per le loro competenze in ambito naturale e il loro contributo attivo all’interno della società, come si arriva in Italia a poterli considerare violenti e diseducativi? Quanti bambini da sempre giocano sin dalla prima infanzia con armi giocattolo, generazioni sono cresciute in questo modo non solo all'interno delle famiglie dei cacciatori e non ci risulta che ne siano derivate falangi di un esercito di violenti. Anzi, la prima cosa che all'interno di una famiglia di cacciatori si può imparare è il senso di responsabilità, di attenzione e di rispetto per le armi che non sono appunto giocattoli ma meritano tutt'altro approccio. C'è di più. E' il rapporto con l'arma che al contrario di come lo si vuole descrivere è forse uno degli ultimi aspetti che può arrivare ad un bambino, certamente attratto prima di ogni cosa dalla curiosità della conoscenza della natura e dei selvatici che in famiglia invece apprende, il rapporto sano e costruttivo con gli animali, primi fra tutti i cani a casa. Crediamo siano proprio questi gli elementi scomodi ad una certa parte degli illuminati proponenti del referendum; il fatto che ci sia una parte di popolazione che anela ancora alla libertà e al contatto reale con la vita e la natura, inclusa la capacità di allevare un cane, maneggiare in caso di necessità con perizia accessori e armi con cui in ultimo stadio procurarsi anche quel selvatico sano e libero in natura in luogo del cibo pronto o allevato in modo intensivo, nato quindi per morire in gabbia. E' su questi diversi approcci culturali che si sta giocando la partita con una condanna senza motivazioni logiche di una parte di popolazione libera e rispettosa delle regole solamente per la pretesa ideologica di qualcun altro. Chiudiamo con una domanda destinata a restare puntualmente aperta: Perchè la caccia e i cacciatori che da sempre esistono non hanno mai causato l'estinzione delle specie ancora definite cacciabili mentre invece sono sparite o in netto declino moltissime specie animali che nulla hanno a che vedere con l'interesse dei cacciatori? Qui si dovrebbe aprire la reale riflessione su uno stile di vita sempre più vocato all'apparenza che alla sostanza, dovremmo riflettere su ritmi di produzione e tendenze che richiedono la costante sottrazione e l'avvelenamento del suolo, dell'aria e dell'acqua senza possibilità di scampo per la natura. Ma il cacciatore purtroppo lo sappiamo, ha una doppietta in spalla a renderlo vulnerabile, ogni tanto l'eco di qualche sua fucilata fa sicuramente più rumore di tanta distruttiva ipocrisia silenziosa. Gli italiani nel tempo hanno dimostrato di saper riconoscere la reale complessità di questi temi e la presenza piuttosto naturale dei cacciatori nelle campagne, forse serviranno tanti altri tentativi per riuscire ad ingannarli.