Non è questa la sede per fare polemiche, qui parlo di cani, non di etica venatoria. Accenno solo al fatto che in Italia esiste una frattura tra i cacciatori tradizionalisti, che praticano la braccata con la squadra spesso in maniera esclusiva da decenni, e quelli di impostazione più moderna, che molte volte fanno parte di una squadra, ma non disdegnano la caccia di selezione in altri mesi dell’anno. Tra le due categorie - basta che facciate un giro su Facebook sui gruppi di caccia - spesso non scorre buon sangue e le polemiche si sprecano.
Detto questo io credo che il selecontrollore abbia l’obbligo morale di fare le sue uscite accompagnato da un cane, che avrà il compito, qualora l’animale ferito non si fermi sul posto, di ritrovarne le tracce e portare il cacciatore nel luogo dove l’animale è andato a morire. Esistono razze meravigliose di cani adatti al recupero dei capi feriti: l’Hannoveriano, il Bavarese (cani specifici per la traccia di sangue), ma anche il Dachsbracke ed il Bassotto a pelo duro (cani più polivalenti, impiegabili il primo anche in battuta, il secondo nella caccia a singolo).
Insomma, anche i selecontrollori devono far uso di cani per svolgere al meglio (ed eticamente) l’attività venatoria.
Video: Quanti cani servono davvero per cacciare il cinghiale?
La caccia con i cani di piccola taglia
L’utilizzo di cani di piccola taglia è a mio avviso indicato quando il gruppo dei cacciatori non è numeroso e quando il territorio non è molto difficile e di piccole dimensioni. In questo caso, per levare dei cinghiali magari troppo vicini a case, coltivazioni e strade asfaltate, risulta più opportuno effettuare la tecnica della girata anziché la classica braccata.
La girata, in brevi parole, è una braccata in miniatura: i cacciatori sono pochi, il terreno da chiudere è ridotto, le poste spesso vengono assegnate quando i cani hanno già trovato le tracce della passata notturna. Infine, i cani sono pochi (talvolta solo uno, che viene chiamato “limiere”) e sono di piccola taglia, così da non far fuggire il cinghiale al momento dello scovo.
Se si utilizzano cani di piccola taglia il problema di quanti soggetti sciogliere non è fondamentale. Generalmente l’azione di caccia inizia con uno o due cani al guinzaglio (lunga), alla ricerca della passata. Il gruppo dei tiratori talvolta deve ancora disporsi alle poste, perché essendo in pochi devono chiudere le vie di fuga con efficacia.
È una tecnica di caccia che ha iniziato a diffondersi negli ultimi anni, visto il numero sempre minore di cacciatori che si iscrivono nelle squadre.
È frutto dei tempi attuali ed a mio avviso la razza ideale per questo tipo di tecnica venatoria è il Dachsbracke, un cane a zampa corta ma con una struttura fisica importante, dotato di un eccellente collegamento con il conduttore e con la tendenza a non abusare della voce, come invece fanno i segugi. Il Dachsbracke inizia l’azione tenuto al guinzaglio lungo ispezionando il terreno alla ricerca delle tracce odorose della passata notturna. Senza abbaiare, comunica al conduttore di aver trovato la traccia fresca. A questo punto viene liberato ed inizia ad avvicinarsi al cinghiale senza correre e senza dar voce. La sua robusta struttura fisica gli permette di muoversi agevolmente anche su terreni difficili ed il suo olfatto molto sviluppato lo portano presto a trovare il luogo dove il cinghiale è rifugiato. A questo punto dà uno scagno per avvertire il conduttore di aver trovato il cinghiale ed inizia a fare una cosa in cui il Dachsbracke è maestro, “il pendolo”: ovvero inizia ad andare avanti ed indietro dal cinghiale al conduttore e viceversa, portando il cacciatore a contatto con la Bestia Nera. Grazie alla sua astuzia e innata capacità venatoria, non si avvicina troppo al cinghiale e non insiste troppo nell’abbaio a fermo, in modo da non far fuggire i cinghiali al fermo.
Per me il miglior cane per la girata. Punto
La braccata
Nel caso della braccata la scelta della razza migliore è cosa ben più complicata: non è facile trovare il tipo di cane giusto per il nostro territorio e stabilire quale sia il numero di soggetti da sciogliere.
In ogni caso rilevo che molti cinghiali, durante le braccate, vengono uccisi al fermo. È un sistema che molti giudicano poco sportivo ed irrispettoso dei cacciatori alle poste, che magari hanno scarpinato e sudato sette camicie inutilmente. Inoltre, è a mio avviso irrispettoso nei confronti dell’animale, a cui non si lascia nessuna possibilità di scampo. Ma secondo me è odioso e controproducente ancor di più per i cani, che non possono eseguire la seguita, che è l’azione finale e più importante per una muta di segugi che si rispetti. Ciò nonostante, è una pratica che viene spesso utilizzata.
Al mattino si usa il segugio dal miglior fiuto, tenuto al guinzaglio lungo, per trovare la traccia della passata notturna. Appena viene trovata, si decide come impostare la battuta, si chiamano gli altri segugi e si sciolgono i cani. Tecnica che richiede una perfetta conoscenza del territorio ed anche pericolosa, perché vi è sempre il rischio che nel frattempo i cinghiali siano fuggiti: il minimo rumore (un ramo spezzato, la portiera dell’auto sbattuta) mette in allarme i cinghiali che riescono a fuggire prima che poste e segugi inizino la braccata. Al contrario, quando una muta di segugi urlanti entra in un bosco, spesso i cinghiali preferiscono restare rintanati, evitando di fuggire.
Non fraintendetemi, la braccata non è una scienza esatta, tuttavia è utile fare qualche riflessione sul numero di cani da utilizzare. Alcuni, anziché cercare la passata con un solo segugio dal naso fino, preferiscono sciogliere un piccolo numero di cani (3 o 4), nella speranza che uno trovi la traccia giusta. In altre parole, i cani migliori vengono sciolti prima dando priorità alla ricerca della via che conduce al cinghiale, per arrivare direttamente al luogo di rimessa. Oppure di sciogliere, una volta che i cani sono sulla traccia, l’intera muta a supporto, per un aiuto una volta arrivati al fermo e con l’intento di far alzare i cinghiali ed iniziare la seguita. In questo modo si realizzerà una caccia piacevole ed inoltre permetterà di farsi notare ai soggetti più giovani dotati di ottime abitudini.
Breve considerazione: quante volte una parte dei vostri cani rimane tutto il giorno dentro il rimorchio senza essere utilizzata per la braccata? Se ciò accade, a mio avviso, state sbagliando qualcosa.
In ogni caso la braccata rappresenta ancora oggi la tecnica di caccia più praticata in Italia.
Mute da cinque a dieci cani vengono generalmente impiegate nel Nord Italia, nei bellissimi e vasti territori di montagna e di collina. Il loro impiego non esclude l’utilizzo del cane limiere, che si impiegano solo per la ricerca della passata notturna, per poi sciogliere la muta ed iniziare la braccata vera e propria.
Sciogliere subito una muta di segugi richiede un minimo di condizioni: la muta deve essere in grado di potersi ricostituire alla perfezione una volta che è stata individuata la passata da un soggetto, di avere delle caratteristiche morfologiche e comportamentali omogenee e di essere in grado di sostenere a lungo la seguita. In tale caso la caccia sarà molto più piacevole sia per i conduttori sia per coloro che stanno alle poste, che potranno apprezzare il lavoro e le voci dei segugi. Se il territorio lo permette e soprattutto se si ha in mano una muta degna di tale nome, è possibile sciogliere la muta prima del rintracciamento della passata: è un comportamento che rende onore alla cinofilia, che tuttavia non gode di molti estimatori
In questo caso, infatti, i rischi sono molteplici: i cinghiali, animali erratici, possono essersi spostati in un’altra area ed inoltre un capriolo può trovarsi nel raggio di azione della muta, che può decidere, se non si possiedono cani adatti, non facili a trovarsi, di smettere di cercare i cinghiali per passare alla seguita del cervide.
In tal caso l’insuccesso della giornata è garantito: il conduttore non diventa più il padrone della muta e la caccia al cinghiale in pratica viene sospesa e non potrà riprendere fino a che i segugi non avranno smesso di andar dietro ai caprioli e saranno ritornati dal conduttore, operazione che può richiedere dai 30 minuti a diverse ore, dipendendo dalla capacità del conduttore a richiamare la sua muta.
In questo caso è meglio disporre di più mute, così da sciogliere un nuovo equipaggio che abbia miglior fortuna. Inoltre, può sempre capitare che quando la muta abbaia a fermo, un solo cinghiale tenti la fuga. Nel 99% dei casi i segugi partono in seguita, mentre il resto del branco resti rintanato. Disporre di due mute consente di fare il “ripasso” della zona, magari destinando i segugi alla prima ondata e cani di taglia piccola per la seconda. In questo modo, se il cinghiale in fuga passa indenne dalla linea delle poste, la braccata è ancora in pieno svolgimento.
Ma allora, quanti cani servono per cacciare il cinghiale? La risposta è impossibile, mi sento solo in grado di dire che “ce ne vuole almeno uno”. Dipende tutto dalla squadra, dal numero di cani a disposizione, dal territorio e dall’esperienza. La tradizione nel nostro Paese fa si che l’impiego di piccole mute con cinque-dieci cani sia piuttosto abituale, anche se in certe zone, come ad esempio la Toscana, vengano impiegati anche trenta-quaranta segugi durante una singola braccata. Insomma, non esiste un numero ideale, anche perché le variabili territorio (vastità e caratteristiche morfologiche), numero di animali a disposizione e disponibilità di cacciatori possono variare da caso a caso.
Inoltre, vi è da considerare che la muta ideale esiste solo per una o due stagioni al massimo. Con il tempo il conduttore sarà costretto a prendersi dei rischi ed inserire nuovi soggetti: a questo punto il momento magico verrà compromesso e raramente questa situazione ideale si ripete.
In definitiva, se avete dei cani buoni, godetevi la magia di questo momento, perché non è detto che in futuro la vostra muta avrà le stesse caratteristiche...