Peste suina Africana: primo caso in Italia

Mortalità al 99%, infezione distribuita sulle filiere della carne, danni inimmaginabili. Il flagello dei suini rischia di ridurre la popolazione dei cinghiali in misura mai vista prima, trascina con sé abbattimenti pianificati e indistinti al fine di eradicare il virus e costringe allevatori e filiere della produzione delle carni ad adottare misure estreme che premettono danni incalcolabili. La PSA appesta i paesi europei dal 2014 ormai e a vicende alterne impatta sulle economie locali, e non solo, in modo spesso irreparabile. In Italia la Sardegna è un’area osservata speciale da anni e continua a combattere con una grave situazione epidemiologica che sembra recentemente trovare una qualche stabilizzazione. Il virus, per chi alleva cani, somiglia molto al “parvovirus”, quello che scatena la gastroenterite nei cuccioli decretandone nell’arco di 3/5 gironi la morte quasi inevitabile.

In questo breve e chiaro video dell’EFSA c’è descritto il funzionamento di questo virus


La peste suina

Il virus è altamente persistente e resta nelle carni anche congelate per anni. I soggetti infetti muoiono indeboliti e colpiti da gravi forme di vomito e diarrea nel giro di massimo 10 giorni, con un indice di sopravvivenza bassissimo. Va da sé che proprio a causa di questa forte debilitazione i soggetti infetti non riescano a migrare molto lontano dalla zona di contagio. Come ogni altro batterio invasivo la diffusione è spesso condizionata da spostamenti antropici, di uomini o merci che in modo spesso inconsapevole, conducono rapidamente questi flagelli molto lontano dalle loro zone di nascita per distribuirli in modo altrettanto ignaro nei territori di appartenenza. L’esperienza che abbiamo tutti, nostro malgrado, acquisito negli ultimi due anni di gestione della pandemia da Covid-19 ci insegna come sia sufficiente uno spostamento, un contatto non sicuro, per poter contrarre e moltiplicare il contagio. 

I cacciatori che conoscono capillarmente il territorio e dispongono dei cani specializzati sono gli unici a poter provvedere al monitoraggio e al rinvenimento delle eventuali carcasse dei selvatici

Carni acquistate all’estero, indumenti entrati a contatto con soggetti infetti, sono veicoli primari della diffusione e una volta trasferiti su un territorio, si estendono rapidamente grazie al contagio tra animali che abitano quelle aree. La vicinanza ormai dei cinghiali ai centri abitati e la folle perversione sentimentale di molti cittadini di foraggiare i piccoli animali che abitano le metropoli italiane, è uno dei maggiori rischi di introdurre in natura la Peste Suina Africana. La tolleranza offerta ai cinghiali nei contesti cittadini, i banchetti preparati per la gioia di uno scatto sui social network a fianco dei famigerati cinghiali, sono quanto di più rischioso da associare alla trasmissione di malattie. Seppure la PSA non interessa l’uomo e non è soggetta a zoonosi, un’epidemia distribuita su aree più o meno vaste costringe gli allevatori ad abbattere tutti i capi del loro allevamento con danni inimmaginabili alle loro aziende e alla filiera. I paesi che non riconoscono la regionalità del trattamento della PSA possono rifiutare l’importazione di prodotti alimentari provenienti dal nostro paese e condizionare pertanto l’export di carne suina fuori dall’Italia. Qualche anno fa la presenza dell’aviaria riscontrata in alcuni polli costrinse il comparto ad eliminare oltre 1 milioni di polli. Questo vale per i polli da allevamento che entrano solo raramente in contatto con altre specie con cui potrebbero scambiarsi il virus. Nel caso della PSA, distribuendosi tra la vasta popolazione dei cinghiali che abita il nostro paese e che imperversa dalle città alle campagne, dalle montagne al mare, ormai senza quasi più limiti territoriali, rappresenta un pericolo tra i più allarmanti. I cinghiali sono presenti in branchi all’interno delle aree protette, dove l’istinto ultra-conservativo di una popolazione poco vicina ai cicli naturali e molto attenta invece a quelli politici, ha creato parchi e aree protette nelle quali animali notoriamente intelligenti come i cinghiali, hanno ormai trovato residenza permanente. Li proliferano in numero indistinto esaurendo le risorse, cancellando le altre specie autoctone e trasformando aree ecologiche in veri allevamenti a cielo aperto. Un solo batterio introdotto all’interno di questi ambiti rappresenterebbe una bomba batteriologica. I cinghiali devono essere controllati, ridotti di numero e allontanati dalle città, questo è ormai il mantra che tutti recitano ma che nessuno vuole affrontare con strumenti adeguati per il timore di risultare, ahinoi, un “assassino” prontamente crocefisso sul legno del web.

L’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana), grazie a un programma specifico elaborato in collaborazione con l’ISPRA, già nel 2020 ha rilasciato l’attestato a diversi equipaggi con conduttori e cani, abilitati al reperimento di carcasse di cinghiale nei boschi, proprio come strumento di monitoraggio e vigilanza contro la diffusione della PSA. In effetti non abbiamo vaccini né strumenti idonei al contrasto di questa malattia e la vigilanza costante resta l’unica forma di reale ed efficace prevenzione della sua diffusione. A questo link potete scaricare il manuale operativo sulla Peste Suina Africana del ministero della salute che mostra la dinamica di come si affronta il tema e la serie di provvedimenti volti al contenimento dei focolai. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1670_1_file.pdf

Per i cacciatori la chiusura delle attività venatorie è immediata, tuttavia sarebbe ancora una volta utile assolutamente auspicabile, l’utilizzo dei cacciatori come sentinelle del territorio, formarli e lasciarsi aiutare nel lungo e costoso processo di individuazione di carcasse di animali morti, recupero e tracciamento in aree che solo loro conoscono con la dovuta capillarità. Questo, come altri, sono temi fortemente all’ordine del giorno e che le abitudini sociali e i cambiamenti in atto mostreranno sempre più persistenti. E’ giunto il tempo che la parola “ambiente”, “sostenibilità”, “salvaguardia e gestione della fauna” possa essere associato alla caccia, iscritta quest’ultima tra i protagonisti nel piano di controllo e vigilanza sulle specie selvatiche.