La caccia ai valichi nel mese d’ottobre, detta comunemente “il passo”, pur non essendo così antica come comunemente si crede e si “racconta”, è come sia estremamente radicata sia nella pratica che nell’immaginario venatorio collettivo.
Trae la sua origine infatti dall’immediato dopoguerra - gli anni ruggenti della caccia in Italia - quando raggiunto dalla gran massa dei cittadini un più che discreto livello di benessere, fu perciò possibile per gli appassionati cacciatori, dedicarsi anche a forme di caccia “minori” dove tuttavia, nelle giornate buone, era possibile sparare anche tante, tantissime cartucce. Ovviamente, con quegli “automatici” che con la loro efficienza e il loro prezzo contenuto, avevano ancor di più contribuito a “democratizzare” la caccia.
Prima, “lo schioppo” era quello, e le cartucce si centellinavano per tiri solo a botta sicura, dove al consumo di polvere e pallini doveva per forza corrispondere un valore adeguato in termini di carne e proteine.
Erano gli anni in cui il cane più bravo, era quello che ti prendeva LUI la lepre al covo, facendoti così risparmiare “l’incomodo” del tiro.
Fu così che divenne consuetudine, nel mese d’ottobre, recarsi ai valichi più rinomati, in attesa delle varie specie di migratori che ti potevano per l’appunto “passare” a tiro.
Prima della 157/92, si sparava praticamente a tutto: dal cardellino al colombaccio, con i fringuelli e congeneri a far la parte del leone assieme a tordi e lodole.
Ora, tutto è cambiato. Vietati tutti i fringillidi, le specie che restano specificatamente insidiabili al passo sono 6: tutti i turdidi - bottaccio, merlo, sassello e cesena - sino alle lodole e quindi le palombe. Quel che resta identico sono tuttavia i tempi e i modi.
“Ottobre, tempo di migrare...”. Si, ma quando? Questo è il dilemma.
Per capire o cercare di prevedere le giornate buone, il sistema è uno solo: capire e conoscere i venti, avendo poi nella mente, una precisissima mappatura dell’intero territorio in cui si opera.
Ci sono infatti correnti più o meno propizie, così come ci sono zone che in certe condizioni meteorologiche è bene frequentare, oppure evitare come la peste, che non si tirerà una fucilata neanche a portarceli noi, i selvatici!
Levante e tutte le correnti da Sud, Sud Ovest, spesso con alternanza di perturbazioni di non grande intensità, favoriscono il passo.
Correnti invece dai quadranti Nord-Orientali con cieli sgombri di nubi, favoriscono la migrazione, ma ad altezze così importanti da risultare addirittura impercettibile ad occhio nudo! Cioè, gli animali passano - a milioni - ma il cacciatore da terra non riesce neanche a vederli.
La capacità di scegliere il tempo e il luogo giusto, in base a clima e periodo, è appannaggio dei più esperti, e forse fortunati fra i cacciatori. Capita infatti che magari in montagna, tu già da notte ti sia portato in una zona che sembrerebbe fantastica, con quel cielo e con quelle correnti.
Le nubi ti sfiorano la testa, e fra poco albeggerà. Quando di colpo, ecco che il vento cambia, schiarisce, e alle prime luci del mattino ti ritrovi come un fesso a sentirli solo cantare lontanissimi quei tordi che puoi solo immaginare, come i colombacci ancor più alti, che scorgi appena simili a moscerini che appaiono e scompaiono fra le nubi.
Le cognizioni tecniche finiscono qui, per il resto l’unica cosa che si chiede è di essere almeno discreti colpitori, dato che si spara sempre su animali in pieno volo, in condizioni tal volta non agevoli. L’arrivo è sempre a buio, per la scelta del posto che si pensa migliore, per anticipare lo spollo dei tordi. Più bosco si ha davanti, più se ne potranno intercettare.
È infatti coi tordi bottacci e con i merli che la giornata incomincia, sempre.
Lo spollo...
La giornata tipo: fucili, munizioni e accessori...
Si parte sempre a notte fonda, con attrezzatura semplicissima costituita da un ombrello (può sempre piovere in montagna), buoni scarponi, vestiti addosso piuttosto caldi e comunque sempre consigliabili abbinamenti a strati, capi leggeri e pesanti da aggiungere o togliere a seconda delle circostanze. Borsa delle cartucce, richiamo manuale per i tordi “zizzo” (richiamo a vite), fucile con al seguito kit di strozzatori e relativa chiavetta per cambiarli. Utilissimi anche una pila, un paio di forbici con cui sitemare la nostra postazione e ovviamente la merenda...
Si arriva a buio, cercando di prendere la postazione migliore. La concorrenza c’è, ed è agguerrita. Dormi un po’ di più, e se ti va bene magari ti ritrovi in terza o quarta fila. Mattina sprecata...
Lì giunto, sistemi alla luce della torcia le tue cose, e inizi a contemplare il clima e "fiutare" il vento che sembra tirare dalla direzione giusta.
In montagna è sempre qualche grado in meno che giù a valle. Non è raro veder far capolino qualche altro cacciatore che timidamente s’avvicina. Facciamolo fare e anzi, invitiamolo a sedersi per un poco assieme a noi: cosa c’è di più bello che far due chiacchiere parlando di caccia in una notte che piano piano va a finire mentre ci si riempie di speranze e ricordi, ingredienti base di quei sogni che incominciano all’alba?!
Uno zirlo che attraversa il buio; l'aurora che a oriente opalescente sbianca lo scuro della notte; un tuffo al cuore.
Ognuno torna alla sua posizione, si prende in mano il fucile, si caricano cartucce e adrenalina con gli occhi iniziano a saettare fra le tenebre per veder sbucare i primi tordi dello spollo mattutino.
È la fase che nel Centro Italia si chiama “alla celeste” dato che li puoi scorgere solo lì, a tratti, mentre sfrecciano contro quel che resta della notte in un giorno che s’annuncia.
E l’adrenalina scorre a fiumi fra gli spari che ritmano il battito del cuore.
Il tiro è sempre difficile, sia per la scarsità di luce, che per l’attitudine del torto a zig zagare e sbucare sempre più o meno inaspettato. L’arma d’elezione è per certo un semiautomatico piuttosto leggero, di facile brandeggio con canna da 66 cm in calibro 12 o calibro 20, che di prima mattina avremo cura di strozzare Cyl. armandola poi con cartucce dell’11 e del 10, meglio se tutte e tre senza contenitore, dato che i tiri sono sempre molto ravvicinati.
È una fase che dura 30/40 minuti, al massimo un’ora in particolarissime condizioni, che rimandano a quelle giornate che ricorderai per tutta la vita.
Finita, inizia il passo vero e proprio.
È il momento dei fringuelli assieme a tordi di passo, merli e lodole. Sui primi non si spara, sugli altri sì. Dopo aver cambiato strozzatura e munizioni. Ma anche no! Se infatti il cielo è basso, bassissimo di nubi che ci raschiano il cappello sospinte da un buon vento che soffia dalle nostre spalle, continuare pure con la medesima configurazione, che è la migliore per affrontare gli scenari balistici che ci si profileranno.
Se invece il cielo è “alto” (cioè, le nuvole sono altissime o addirittura assenti), meglio ricorrere a un *** o ** avendo cura di camerare munizioni, 10, 9 e 8, meglio se con grammatura seria in base al calibro di riferimento, e sempre con contenitore.
Se si usa poi il calibro 20, anche la strozzatura FULL può bene dire la sua.
Qui bisogna tuttavia stare attentissimi: quando il passo dei fringuelli entra nella sua fase clou, è lì che si potrebbe iniziare ad avvistare i branchi di colombacci.
E i colombacci si sa, sono uccelli sospettosissimi dotati di vista acutissima. Farsi vedere col faccione bianco fuori dal riparo, significa farle fuggire senza possibilità di scampo.
Ecco perché il primo che li avvista in lontananza, subito avvisa gli altri urlando come un disperato: “ Eccolii!!!”, causando un frenetico nascondersi dietro ai ripari, come topi che abbiano avvistato un falco...
I più tecnici e preparati, mettono giù il fucile da tordi che avevano in mano e prendono quello da palombe, armato alla bisogna. Un semiuatomatico spesso gemello del primo, ma con canna da 70 cm, molto strozzata e armata da cartucce corazzate di forte grammatura e piombo grosso. Per capirci cariche del calibro 12 fra i 36/42 grammi, con piombo 6/5/4.
Gli altri, freneticamente armeggiano con cut-off, carrelli e otturatori per cambiare le cartucce.
L’abbattimento di una palomba, è sempre festa grande. Gioia per gli occhi e per il cuore, e a dire il vero anche per la mensa specie se si è capaci di prepararci un gran ragù per pasta, riso oppure di polenta!
Chi può, nelle giornate buone deve tener duro, anche dopo quelle 9, 9 e mezza, quando il passo si ferma per una sosta fisiologica. Se il vento è buono, verso le 11, 11 e mezza, riprenderà, e così pure verso il secondo pomeriggio, e così per tutte le giornate a seguire che manterranno condizioni valide.
Altrimenti, col termine massimo dei giorni successivi ai morti, tutto sarà finito e se ne riparlerà fra un anno...