La mia passione, a tratti quasi maniacale per il cane, mi porta a pensare che nella caccia alla lepre sia il segugio il protagonista assoluto e indiscusso.
L’elemento cardine attorno cui ruota tutto l’universo della seguita su lepre. D’altro canto tuttavia, indipendentemente dalle considerazioni personali, appare comunque abbastanza scontato ipotizzare che il futuro della seguita su lepre dovrà necessariamente soggiacere a questa regola di stampo marcatamente cinofilo, che ci appare già oggi come una soluzione di buon senso.
Non si possono del resto ignorare le problematiche gestionali del selvatico lepre, che abbiamo spesso citato su questa rivista, e che sono la causa di un vistoso e generalizzato calo della presenza del lagomorfo che ha ormai coinvolto negli ultimi anni gran parte del nostro paese, seppur con picchi di gravità differenti tra loro.
Ecco dunque che si apre decisamente la strada verso un futuro sempre più cinofilo, e quindi, mi si permetta il neologismo, “segugiocentrico”.
Un futuro in cui l’abbattimento non dovrà certo finire con l’essere demonizzato, ma al contempo non dovrà nemmeno più rappresentare lo scopo ultimo o principale della cacciata. Al contrario sarà proprio il cacciatore, mediante un prelievo razionale e sostenibile, ad assicurare un seguito alla propria passione mediante il suo operato oculato e responsabile.
I molti elementi che compongono il mondo della seguita
Fatta questa doverosa premessa, appare tuttavia altrettanto evidente come oltre ai segugi, il mondo della caccia alla lepre sia composto da una serie ulteriore di elementi, che concorrono nel loro insieme a dare vita a un universo molto attraente.
Vi è infatti la lepre, un selvatico dal fascino misterioso, che fa dell’astuzia e della sua imprevedibilità le strategie di difesa preferite. Ci troviamo al cospetto di una sorta di fantasma, in grado di far perdere le proprie tracce in qualsiasi momento della cacciata e capace altresì di far traballare ad ogni istante le poche certezze di cui dispone chi la persegue con strenuo accanimento.
Un selvatico unico, che sembra creato appositamente per esaltare le qualità dell’inseguitore. Vi è poi il territorio che fa da cornice alle cacciate. Un palcoscenico per gli inseguitori, fatto di piane, ruscelli, monti, boschi, che generalmente colma i cuori e gli animi dei segugisti che lo frequentano, indipendentemente dall’altimetria e dal tipo di vegetazione che maggiormente lo caratterizza.
Inoltre, quando si fa espresso riferimento alla caccia alla lepre, è impossibile non prendere in considerazione un ulteriore elemento, che molto spesso è presente nel contesto dei seguaci della seguita; la compagnia, la squadra. Il gruppo di amici insomma con cui si è soliti cacciare durante l’intera stagione di caccia.
Alla lepre coi segugi: la squadra non è obbligatoria
Anzitutto è bene precisare che, sebbene la gran parte dei segugisti preferisca cacciare in comitiva, ciò non esclude affatto che la caccia alla lepre possa essere praticata in solitaria, anche quando si decide di insidiare l’orecchiona col cane da seguita. Il segugio è infatti un cane che può essere impiegato da un singolo cacciatore in tutti gli areali, da quelli pianeggianti fino a quelli montani, indipendentemente dalle condizioni vegetazionali.
Ovviamente, specialmente nei territori più vasti e con condizioni altimetriche e vegetazioni più sfavorevoli, le probabilità di ottenere un risultato soddisfacente sotto il profilo del carniere, vanno via via assottigliandosi man mano che si riduce il numero di fucili. Ridurre le possibilità di fare centro non significa però assolutamente abbassare il livello di soddisfazione ottenibile da una cacciata.
Al contrario, ove magari un gruppo ben affiatato potrebbe giungere al risultato con una buona regolarità in modo quasi scontato e senza troppo sforzo, un cacciatore solitario potrebbe godere di piccole grandi imprese da custodire per sempre nel cassetto della memoria.
Giornate memorabili, trascorse spendendosi prima come canettiere e poi come posta, impegnando tutti i sensi e facendo ampio ricorso a tutta la propria esperienza, avvolto in un bagno d’adrenalina, per cercare di farsi trovare puntuale all’appuntamento, e riuscire così a coronare una bella azione dei propri inseguitori.
Da soli con la muta? In comitiva col singolo? Vediamo di far quadrare i conti…
La scelta circa il numero di inseguitori da sciogliere, è una delle variabili che talvolta può avere qualche attinenza con la decisione di cacciare soli o in gruppo. In tal senso, inutile precisarlo, occorre osservare anzitutto il pieno rispetto delle leggi, ove queste pongano dei limiti circa il numero di cani che possono essere sciolti da ogni singolo cacciatore.
Come sempre inoltre è bene fare riferimento al buon senso; seguendolo potremo sempre essere certi di riuscire ad assicurare una piacevole giornata di caccia agli eventuali colleghi che si trovano in zona, oltre che a noi stessi. Se si dispone di un brevetto di muta conseguito con merito, e si ritiene di essere in grado di gestire al meglio una muta di otto soggetti, perché non avventurarci in questa sciolta? Tuttavia se si è soli, si può tranquillamente ridurre il numero di elementi, finendo col formare una semplice coppia, oppure cimentandoci con una sciolta a singolo.
La muta, che oggi va per la maggiore, non deve essere ritenuta del resto un obbligo assoluto. Al contrario non la si deve nemmeno demonizzare, non è infatti il numero dei cani a determinare il proficuo esito della cacciata. Spesso il neofita, o colui che pratica altra caccia, ritiene un duello impari quello che prevede il confronto di una muta al cospetto di una lepre. In realtà, se il materiale cinofilo di cui si dispone è valido, quando vi è una qualche correlazione tra numero di soggetti sciolti e probabilità di giungere alla lepre, questa è spesso di natura inversa.
La muta infatti è di complessa realizzazione, ed ai vantaggi pratici che indubbiamente offre, fa da contraltare una serie di problematiche, che mi portano a considerare che, specialmente per molti ambienti, una coppia affiatata di cani riuscirebbe il più delle volte a garantire maggiori risultati pratici di una corposa compagine. Al contrario il numero di fucili che compongono una squadra è senza dubbio una variabile che può avere un impatto molto elevato sulle probabilità di concludere la cacciata con un risultato positivo.
Pochi ma buoni, un concetto sempre valido per la scelta degli elementi per la propria squadra
Anche per quanto riguarda il numero di elementi che possono comporre una squadra, come già si accennava in precedenza, con riferimento al numero di cani utilizzabili contemporaneamente, occorre anzitutto documentarsi circa le “regole del gioco” che valgono nel proprio ambito di caccia, e quindi fare in modo di rispettare sempre i vincoli circa il numero massimo di componenti che possono cacciare assieme.
Oltre alla quantità e quindi al numero di compagni con cui si è soliti cacciare il bravo segugista baderà inoltre alla qualità degli stessi. Una piccola squadretta di caccia alla lepre infatti di solito ha alle spalle una sua storia, e può vantare origini più o meno antiche. All’interno della stessa vi è anche una precisa suddivisione dei ruoli, pur non riscontrandosi di norma in queste unioni la complessità di regole che contraddistingue invece le squadre organizzate per la caccia al cinghiale.
La vastità di territorio e l’orografia dello stesso, assieme alle strategie preferite dalle diverse squadre, fanno sì che vi siano realtà con una più marcata suddivisione dei ruoli, e altre in cui questa scelta sia meno evidente. Di norma però all’interno di ogni squadra vi è sempre un soggetto deputato alla conduzione dei cani, e qualche appassionato che invece seguirà la battuta da posizioni strategiche, ove si sarà appostato a tempo debito nella speranza che la lepre scovata e inseguita dai segugi gli si presenti a tiro di fucile.
La squadra di caccia alla lepre vivendo di questa specializzazione e risultando vincente qualora sia in grado di esibire grande affiatamento tra gli elementi che la compongono, non si presta di norma a continue variazioni nel suo organico di base. Poca brigata vita beata, recita un noto proverbio, che si presta bene a questo genere di considerazioni. Una compagine collaudata, salvo qualche sporadico inserimento per eventuali cacciatori ospitati per un numero esiguo di cacciate, di solito vive sugli equilibri di una ben precisa formazione, in cui ruoli, regole di comportamento interne e strategie sono ben note e condivise da tutti.
Come scegliere i propri compagni
Le considerazioni sin qui esposte, seppur in modo sintetico, dovrebbero far comunque intuire come la scelta degli elementi con cui praticare la propria amata passione non potrà certo avvenire in modo superficiale. Un sano rapporto di amicizia sarà indubbiamente alla base della scelta di provare a comporre assieme una piccola squadra di caccia alla lepre, ma spesso da solo non basterà.
Per evitare inutili questioni e rischiare di rovinare quelle che dovrebbero essere ore di svago e di relax, sarà opportuno individuare compagni che condividano gli stessi intenti cinofili e che possibilmente abbiano una visione simile del segugio e della caccia alla lepre. Infine risulterà indispensabile che tutti i componenti si dimostrino attivi e collaborativi all’atto pratico, affinché la compagine nel suo insieme possa godere di buona armonia.
Il postaiolo che dopo anni di caccia ancora non sa riconoscere i cani della squadra, o che sistematicamente avrà un impegno ogni qualvolta ci sarà da provvedere al recupero dei cani a causa di un mancato rientro, sono chiari esempi del comportamento che non andrebbe mai tenuto, se si decide di entrare a far parte di una squadra.
Anche la scelta dei luoghi di sciolta dovrebbe avvenire in modo condiviso, e ogni componente della squadra andrebbe assecondato nelle sue preferenze in qualche occasione nel corso della stagione. Appare invece persino superfluo ricordare quanto appaiano antipatici i rimbrotti a causa di una fucilata non andata a segno. Del resto proprio nelle situazioni difficili, quando la sorte sembrerà aver voltato le spalle, si potrà osservare la solidità di una squadra, che se si dimostrerà tale, non solo nominalmente, di certo non vacillerà, ma saprà superare le avversità momentanee.