Immaginiamo. E' ottobre… e questo non può che significare periodo del passo. Le temperature iniziano a ricordarci che il freddo, di lì a poco, giungerà inesorabile.
Parliamo oggi, allora, dell’suo di richiami vivi in ambito venatorio.
La 157/92 e l’ambito di competenza delle Regioni
Dal punto di vista della normativa nazionale, e cioè la legge quadro sulla caccia (157/92) il primo e più importante, generalissimo riferimento lo ritroviamo all’articolo 5 recante “Esercizio venatorio da appostamento fisso con richiami vivi”.
Il primo comma si rivela da subito interessante.
Il legislatore nazionale ha voluto attribuire alla competenza regionale la regolamentazione riguardante “l’allevamento, la vendita, e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili”.
Un articolo, questo, generalissimo non a caso. Un “contenitore” all’interno del quale comprendere, in modo per nulla conflittuale e di difficile interpretazione, le regole proposte dalle regioni.
Proseguendo nella lettura, è ribadita dal legislatore nazionale la competenza regionale nell’ambito della gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all’art.4, comma 4.
Quali sono le specie a cui fa riferimento questa norma? Ce le indica, in modo chiaro ed inequivocabile, l’art. 4 comma 4 della stessa legge quadro, e cioè: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, pavoncella e colombaccio.
A questo punto, proseguendo, il legislatore nazionale riprende in mano la materia e stabilisce, in modo diretto e senza dubbi interpretativi, quelli che sono i numeri riguardanti gli esemplari detenibili e pone una differenziazione a seconda che si pratichi caccia da appostamento fisso o temporaneo. Per chi pratica in via esclusiva la caccia di cui all’art. 12 comma 5 let.b (caccia da appostamento fisso), il numero massimo di richiami detenibili è di dieci unità per ogni specie per un numero complessivo di quaranta unità.
Per i cacciatori che invece praticano la caccia da appostamento temporaneo, il numero è di dieci unità.
Si pone, a questo punto un grave e importante problema interpretativo.
L’art. 5 parla, in modo del tutto generico di “appostamento temporaneo” prevedendo anche il numero massimo di esemplari detenibili. Rimane, a prima occhiata, di difficile interpretazione il concetto di “appostamento temporaneo”.
Ci viene in soccorso l’art. 14 comma 13 della stessa legge che dice esplicitamente “l’appostamento temporaneo è inteso come caccia vagante ed è consentito a condizione che non si produca modificazione del sito”. Il legislatore, purtroppo, acerbo di nozioni venatorie e di esperienza di caccia, usa questa definizione assai generica.
L’uso dei richiami vivi: modalità e divieti
Un altro riferimento normativo all’uso dei richiami, è senza dubbio quello del divieto di uso degli stessi senza identificazione, mediante inanellamento numerato e caratterizzato secondo le normative regionali di riferimento.
In particolare, il legislatore si preoccupa anche della tutela dei volatili utilizzabili come richiami vivi e pone, tra i divieti, quello di uso di animali accecati o mutilati integrando, in questo caso, il reato di maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544 del Codice Penale, il quale prevede esplicitamente che “chiunque, per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie […] è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi e con multa da 5.000 a 30.000 euro”.
Conclusioni
La caccia con i richiami vivi è senza dubbio una tra le caccie più affascinanti. Con il volatile utilizzato come volantino o come zimbello si instaura un rapporto assolutamente eccezionale. Fatto di cure e dedizione costanti nel tempo.
Spesso, l’uso dei richiami vivi è stato definito come pratica barbara, antica e senza giustificazione da chi, purtroppo, condanna tout court l’attività venatoria, non ragionando sul valore tradizionale che la stessa può avere e sul valido strumento di controllo e gestione del territorio che la stessa rappresenta.
Consigliamo quindi di valutare attentamente le possibilità che si hanno di allevare volatili ai fini del richiamo a caccia. È facile farsi prendere spesso dal fuoco della passione e decidere di intraprendere questa attività per poi, magari, rendersi conto strada facendo che questo tipo di caccia non è adatta a noi, alle nostre possibilità e ritmi di vita. In questo modo si rischia, ahimè, di prestare il fianco e argomenti a chi vive la propria esistenza per condannare caccia e cacciatori. Non facciamoci fregare.
Corrado Maria Petrucci
Consulente Legale
Email: petrucci.cmp@gmail.com