La storia che andiamo a ripercorrere è quella di un'arma legata ai tempi in cui la caccia era attività frutto di passione sicuramente, ma ancora strettamente correlata al carniere che in alcuni periodi storici era gradito o necessario companatico per intere famiglie.
Alcune spingarde erano dei veri cannoni, in alcuni casi ex cannoncini militari rimodulati per questo tipo di caccia, i cui calibri spaziano dal cal.32mm, al cal. 75mm. Il barchino o la botte, erano i due mezzi per esercitare detta attività venatoria.
La caccia con il barchino
La caccia con il barchino era praticata al Nord, grazie alla morfologia del territorio che offriva grandi fiumi navigabili. Su delle imbarcazioni veniva collocata una spingarda a cannoncino il cui calibro variava dal 32 mm al 51 mm.
Tale arte venatoria di questa caccia antica, si tramandava di padre in figlio.
Veniva praticata da due soggetti, di cui uno aveva il comando ed il maneggio del barchino, mentre l'altro uomo era addetto alla Spingarda.
Una caccia, che si svolgeva con molto sincronismo fra i due in quanto era necessario poter avvicinare quanto più possibile il barchino alle prede, per ottenere il massimo dell’efficacia nel tiro.
La caccia in botte
La caccia praticata in botte era completamente differente, come diversa la tipologia della Spingarda utilizzata.
In questo caso infatti venivano impiegate delle spingarde che erano delle produzioni giganti di fucili, la cui forma richiama quella degli attuali monocanna o doppiette da caccia.
Il loro calibro spazia dal 26mm al 35mm, con cariche che variano dai 130gr (per il cal.26mm) ai 300gr (per il cal.35mm).
La portata di tiro utile di una spingarda va dai 60 agli 140 metri, con una guarnita rosata di pallini i quali variano in base al tiro e calibro della stessa arma.
La caccia in botte era fatta di pazienti attese. Il resto del gioco era fatto dall’attrazione che le anatre di richiamo facevano sulle selvatiche. L’arte del cacciatore non era nel tiro, ma nel saper collocare i richiami alla giusta distanza di tiro sullo specchio d’acqua.
Il calibro della Spingarda era sempre proporzionato alla dimensione del lago dove si cacciava. Sul perimetro del bacino venivano realizzate le postazioni atte a coprire l'intero specchio d'acqua.
Queste erano comunicanti tra loro, attraverso un tunnel coperto da vegetazione, a seconda della direzione del vento o di altre circostanze, che doveva permettere al cacciatore di spostarsi facilmente, per un tiro omogeneo.
La spingarda poteva essere anche di dimensioni “più contenute”, in tal caso venivano definite spingardine.
Rientravano in questa categoria il cal.10 magnum, il cal. 8 ed infine il calibro 4, i quali, con un pò di forza e dimestichezza potevano addirittura essere imbracciate e pronte al tiro.
Il calibro 10 e l’8 si trovava sia in monocanna che doppiette, mentre il cal. 4 che in Italia venne costruito solo in monocanna, in Inghilterra fu impiegato anche per delle doppiette.
La spingarda trovava il suo normale impiego su laghi, fiumi o paludi dove gli uccelli acquatici hanno il loro habitat naturale per riposare e mangiare.
A volte con un solo colpo si abbattevano o comunque ferivano gravemente, lasciandoli sullo specchio d’acqua anche decine di anatre o simili che poi venivano finiti con i classici fucili imbracciabili.
Queste armi si diffusero per anni in tutta Europa, spesso erano di produzione artigianale ma in alcuni casi anche le grandi casi armiere realizzarono spingarde.
Principalmente si trattava di monocanna, ma nel caso del cal. 26 mm e del calibro 38 troviamo anche spingarde a doppietta costruite dalla ditta Hollan-Holland.
Si passa da cariche da 130 grammi a una delle più grandi spingarde al mondo da 70 millimetri la cui cartuccia contiene 500/600 gr di polvere nera e 3 kg di piombo, la cui numerazione non va al disotto 4/0 di zero.
Tipologie di chiusura
Il sistema di chiusura di queste armi poteva essere:
- a ghigliottina, quelle realizzate da G. Cavagna, o da Eugenio Sabatini;
- con bossolo a vite, le prime realizzate da Dante Novelli;
- con culatta a vite, della ditta P. Vasini, o della Dalè;
- a slitta di canna, ultime realizzate da Dante Novelli.
Alcune presentavano un freno di bocca, per compensare e stabilizzare la canna, ma soprattutto affinché i gas non scompigliassero i pallini dopo la volata (presente nelle spingarde di Dante Novelli e Davide Fausti).
Il rinculo delle spingarde era notevole e quindi spesso una volta piazzata, si preferiva fare fuoco tirando il grilletto con una corda.
Questo sistema prevalentemente adoperato sui cannoncini montati sul barchino.
Il rinculo delle spingarde spallabili anch’esso forte, si dominava facendo ruotare la spalla all'indietro all'atto dello sparo.
Le cartucce venivano caricate la sera prima della giornata di caccia, considerando che ogni spingarda aveva in dotazione dai 4 a 6 bossoli, essi venivano caricati con diverse numerazioni di piombo per poter gestire al meglio i tiri a seconda del momento e del tempo.