Dalla dolce apertura settembrina a volte anche torrida, fino alle albe gelide di dicembre la partita con la lepre resta aperta su campi e scenari che però cambiano notevolmente e con loro i comportamenti dei selvatici e le condizioni di lavoro dei segugi. Arrivare a intuire la rimessa sarà la premessa necessaria per la parte più esaltante dello scovo e della seguita. Sì, ma dove dorme la lepre? Questa domanda è divenuta nel tempo proverbiale per indicare tutte quelle domande in cui la risposta sia non solo difficile, quanto imprevedibile.
L’esperienza fatta sul campo può certo fornire alcune linee guida per intraprendere le ricerche a seconda delle condizioni ambientali e climatiche in cui si caccia, tuttavia, il resto lo fanno loro, i selvatici e la natura, elementi perfetti o quasi che per fortuna possiamo arrivare a intuire e capire vagamente, ma mai a prevedere esattamente.
L’unica regola certa e riconosciuta scientificamente è che le lepri vanno a rimessa sempre alla stessa ora e di qui provengono poi spesso anche le conseguenti difficoltà, perché al giungere dell’orario biologico prestabilito potrebbero occasionalmente scegliere un covo diverso e più congeniale nel punto in cui si trovano a passare.
Alla metà di settembre i terreni asciutti trattengono pochissime particelle olfattive rendendo molto più dura la vita dei segugi.
Soprattutto sui declivi esposti ai venti orientali le uste del selvatico fanno pochissima presa.
Le lepri nel periodo estivo ricercano costantemente i terreni in cui ci sia buona presenza di erbe verdi che gli permettano di assimilare acqua anche nei periodi più secchi.
Uno dei posti d’elezione è il letto dei torrenti asciutti ma erbosi che si aprono fra le colline boscose. Qui oltre a trovare un buon riparo hanno modo di avere sempre a disposizione pastura e aria fresca che solitamente scorre negli alvei dei corsi d’acqua.
Da non sottovalutare anche i rovi vicino ai canali e i frutteti, soprattutto sotto gli alberi più esterni, raramente all’interno. Ottimi anche i canneti e i falaschi che costeggiano i fiumi, a patto che non ci sia troppo vento. Le correnti infatti muovendo continuamente questo tipo di vegetazione creano quei rumori e quei fruscii che non permettono alla lepre di distinguere i minimi movimenti che potrebbero venire dai predatori e che quindi non la fanno sentire al sicuro.
In caso di vento le rimesse più probabili sono nelle depressioni del terreno o qualche cavità alla base degli alberi.
In generale il suo covo non dovrebbe mai essere troppo bagnato o esposto alle intemperie, quindi in caso di maltempo anche le ricerche di cani e cacciatori potranno restringersi con le possibili rimesse.
Anche i vigneti regalano le loro soddisfazioni perche qui i selvatici trovano sia erbe per la pastura che punti di rimessa.
I segugi nell’affrontare la caccia nei primi periodi in cui le temperature sono più alte si trovano in condizioni di ancora scarsa prestanza fisica e resistenza.
È risaputo che questi cani in condizioni di affanno perdono anche gran parte della loro capacità olfattiva.
Nelle giornate più calde i cani riescono a lavorare solo nelle primissime ore del mattino quando le temperature sono ancora sopportabili.
Inoltre la rugiada che resiste sul terreno quando il sole è ancora basso all’orizzonte mantiene quell’umidità che trattiene anche l’emanazione del selvatico.
In queste condizioni la muta riesce a percepire l’usta specie nelle aree di pastura nelle quali la lepre ripercorre spesso gli stessi passi.
Quando i cani si allontanano dalle tracce del pascolo l’emanazione si fa sempre più debole fino a scomparire ed è per questo che si vedono tornare i segugi in quel tratto di terreno che conservava la pista da seguire.
In questi casi a meno che non faccia parte della muta uno di quei segugi che riesca a “inventare” il selvatico, cioè ad allargare la cerca usando più l’istinto e l’esperienza che l’olfatto; i ruoli si dovranno invertire e sarà il cacciatore ad aiutare il cane.
Occorre allontanare i segugi dalla zona di pastura e guidarli verso un luogo giudicato dai cacciatori come probabile rimessa. I lepraioli esperti che conoscono luoghi e selvatici solitamente sono in grado di fare ciò e penseranno a disporre nelle giuste poste anche i cacciatori meno pratici.
Come detto in precedenza e come risaputo la lepre non ama i terreni bagnati, ricerca piuttosto luoghi soleggiati, quindi man mano che la stagione avanza e i terreni risultano sempre più spesso umidi, i selvatici tendono gradualmente a salire allontanandosi dai fondo valle.
In caso di pioggia le rimesse più probabili sono quelle nel bosco, ottime le pinete e i boschetti che costeggiano i campi di pastura.
Anche le zolle dei campi arati o le zone rocciose non sono da trascurare in queste condizioni ambientali, evitando però di perdersi nelle ricerche in spazi troppo aperti in cui con la pioggia la lepre risulterebbe presto bagnata vedendo compromessa la sua capacità di fuga.
Ovviamente la scelta del covo è sempre subordinata al suo grado di sicurezza, le lepri devono sentirsi in grado di sfruttare in ogni circostanza tutte le difese naturali che sono rappresentate soprattutto dall’udito e dalla estrema velocità nello scatto che non può essere rallentata dal mantello bagnato o da terreni troppo scivolosi in cui affondano le zampe posteriori.
Con il gelo la scelta delle rimesse ricadrà in luoghi asciutti e soleggiati, riparati dal vento.
Le macchie a basso fusto ricche di ginestre o i calanchi e i canali ricchi di vegetazione sono ottimi luoghi in cui insidiare le lepri soprattutto quando impera la tramontana e il freddo si fa pungente.
Dalla metà di novembre quando i selvatici saranno ormai smaliziati all’arrivo di cani e cacciatori è probabile trovarle anche nelle tagliate recenti all’interno dei boschi in cui non siano rimasti però troppi resti dei rami tagliati a rendere intricato il cammino.
In caso di piogge insistenti nel periodo autunnale per i segugi si creano le condizioni più difficili per ricostruire il percorso seguito dai selvatici e rintracciarne l’emanazione.
L’usta della lepre è già molto tenue e i fenomeni atmosferici troppo violenti lavano via ogni residuo. In queste condizioni, o si segue il proverbio che invita con pioggia e vento il cacciatore a non perder tempo, oppure se ci si ostina nelle ricerche occorre poter contare sulla cerca di quei segugi che non seguono necessariamente naso a terra le tracce dei selvatici, ma quelli che mettono in gioco anche la proverbiale scaltrezza di questa razza per andare a trovare la lepre lì dove “potrebbe” essere.