Moralmente, per quanto oggi giorno l'opinione pubblica abbia sempre qualcosa da ridire nei confronti di noi cacciatori, riteniamo più giusto ed etico poter selezionare la carne di un animale che abbia vissuto regolarmente il suo ciclo biologico, prelevato nel rispetto e con le norme dovute, durante l'esercizio dell'attività venatoria; piuttosto che dover scegliere davanti la vetrina di un supermercato le carni, di animali sfruttati ed alimentati con mangimi non del tutto sani e naturali, al fine di accelerare il loro ciclo vitale, rendendo le loro carni più sviluppate, ma qualitativamente con indici nutrizionali e salutari inferiori
Le doti nutrizionali della selvaggina
La cacciagione possiede doti nutrizionali che ne fanno un alimento magro, avendo proprietà organolettiche allettanti con un basso contenuto di grassi ed un alto contenuto di acidi grassi Omega 3, noti per le loro peculiarità antinfiammatorie ed antiossidanti. È una carne sana, ricca di proteine, ferro, zinco, vitamina B6, vitamina B12, vitamina E, niacina, riboflavina e betacarotene; con un contenuto di grassi mediamente tra il 2 e il 4%.
Cosa c'è di più bello che immergersi nella natura e potersi procacciare la propria cena, offrendola alla propria famiglia e agli amici più cari!?
Perché, quindi dover scegliere un pollo ad uno splendido fagiano, un coniglio ad una scaltra lepre, un cavallo ad un maestoso cervo?
Ovviamente sono solo degli esempi, tra animali simili tra loro, che per scelta dell'uomo e della società hanno visto cambiare a favore o meno la loro condizione di vita, influenzando le nostre scelte culinarie.
Ad ogni modo, come affermavano i nostri avi "De gustibus non disputandum est", pertanto ognuno di noi farà le proprie scelte gastronomiche; ma un'analisi su quello che mangiamo, è giusto e doveroso farla.
Ma prima di sederci a tavola vi lasciamo con un grande classico della gastronomia venatoria, il tradizionale spiedo
Quanti di voi ricorderanno quelle belle serate invernali trascorse al fianco degli amici, seduti dinanzi al camino sorseggiando un ottimo vino rosso, incantati dalla poesia dello spiedo, che ruota dolcemente davanti alle braci ardenti!?
Se fino a ieri siete stati i commensali, domani potreste essere voi i veri organizzatori della cena, ove il protagonista è lui, lo spiedo.
L’accensione del fuoco e la preparazione dello spiedo
Cominciamo con l’accensione del fuoco, selezionando dove possibile legna aromatica, come ginepro, frassino, roverella, nocciolo e faggio, poiché questi legni hanno la caratteristica di ardere più a lungo e donare un sapore in più alla cacciagione.
La cottura di un buono spiedo prevede una cottura a fuoco lento, che va dalle 4 alle 6 ore.
Mentre la fiamma arde, assembliamo il nostro spiedo con la cacciagione, avvolgendo gli osei in una fettina di pancetta, intervallandoli tra loro con una foglia di salvia.
In questa occasione noi abbiamo preparato uno spiedo con alcuni Tordi, una Beccaccia ed un Alzavola.
Quando le braci si sono formate, adagiamo lo spiedo a circa 25 cm da esse.
Trascorsa orientativamente una mezz’ora di cottura “a secco”, faremo fondere del burro sopra il nostro spiedo, con intervalli regolari di circa 45 minuti, fino al termine della cottura; operazione indispensabile per mantenere la carne degli osei tenera, prevenendo che si asciughi troppo.
Approssimativamente dopo un’ora di cottura, effettueremo la salatura del nostro spiedo.
Durante l’intero arco della cottura, il succo delle carni ed il burro fuso scivolano in una pirofila adibita sul fondo dello spiedo, il quale sarà riutilizzato per rendere più morbide e gustose le carni.
Quando le carni saranno belle croccanti fuori e morbide dentro con un colore rossastro e con la superficie lucente, allora non vi resterà che servire gli osei per gustarli insieme ai vostri ospiti.
Prima però, non dimenticatevi di fare un brindisi in onore di questa antica e nobile passione di vita, la Caccia.
Buon Appetito!