Si è svolto a Milano, a Palazzo Stampa, il 3 Marzo 2019, un interessantissimo convengo promosso da Federcaccia Milano Monza e Brianza che ha cercato di dare una risposta soddisfacente alla domanda che ci siamo posti introducendo l’articolo di oggi. Tra i primi dati che sono emersi al tavolo di discussione a Palazzo Stampa, c’è sicuramente quello riguardante l’impiego dei giovani nel settore ambientale e venatorio. In particolare l’esempio che Federcaccia ha portato all’attenzione di tutti è stato quello di due giovanissime ragazze che hanno trovato impiego in questo settore anche e soprattutto per “l’aria ed il profumo della caccia” che hanno sempre respirato in famiglia che le ha portate addirittura a compiere studi universitari in quelle materie che sono alla base della tutela ambientale e faunistica: parliamo infatti di Antonella Labate che dopo una laurea in Biologia si è avvicinata al mondo di Federcaccia e ora è responsabile dell’ufficio faunistico e Caterina Pusterla, figlia di un gestore di riserve di caccia che oggi lavora nello stesso settore della famiglia.
“Nell’ambito della caccia c’è tantissimo da fare, soprattutto sul piano dei social che è ambito prettamente giovanile” ha dichiarato l’Abate. Eh sì, non possiamo certo darle torto. La caccia, come ogni altra attività, ha dovuto adeguare i propri messaggi e le proprie campagne d’informazione ai nuovi strumenti di comunicazione che sono, appunto, i social network.
“Nelle riserve – aggiunge Caterina Pusterla – servono guardaparco, allevatori, accompagnatori ed anche persone in grado di affrontare questioni turistiche”.
“La nostra azienda – aggiunge Silvio Zavaglio della Beretta – assume periodicamente dei giovani per le proprie produzioni. Abbiamo delle ottime e proficue collaborazioni con le scuole bresciane”.
I settori più importanti e qualche riflessione
Quando parliamo della possibilità di creare posti di lavoro in ambito venatorio e ambientale, prima di tutto è necessario fare una importante riflessione. Come hanno ben sottolineato gli intervistati nelle righe precedenti, i posti di lavoro e maggiori opportunità di impiego possono essere si creati in seno alle istituzioni che direttamente si occupano della caccia e attività venatoria in generale (riserve o associazioni) ma anche, c’è da sottolinearlo, nei settori che si frappongono tra il cacciatore e la natura vera e propria. Stiamo parlando delle aziende che producono armi, abbigliamento tecnico, cibo per cani da caccia, strumentazioni varie. Facciamo un esempio per capirci meglio. La Fabbrica d’Armi Pietro Beretta ha, ad oggi, la bellezza di 2.962 impiegati. Non male. Significa che quasi tremila padri di famiglia (o madri) danno da mangiare alle proprie famiglie grazie a una azienda che produce anche fucili da caccia e abbigliamento tecnico. Con questi stipendi i figli di queste famiglie possono studiare, formarsi, e diventare professionisti qualificati. Gli esempi potrebbero davvero non finire tante sono le aziende che permettono a uomini e donne, cittadini, di lavorare.
Ci auguriamo che gli interventi da parte del mondo della Politica possano essere in grado di rivoluzionare e di migliorare con costanza il settore investendo risorse economiche anche verso la formazione di chi vuole avvicinarsi al mondo della caccia. Riduzione dei costi, ad esempio, per giovani cacciatori che da poco hanno iniziato ad andare a caccia e che magari sceglieranno di farne un lavoro. Interventi in grado di agevolare anche sul piano fiscale e di convenienza economica chi andrà ad assumerli. Confidiamo, come sempre…