Che la caccia fosse un valore aggiunto sotto molteplici aspetti per la società è argomento sostenuto da sempre dalla comunità dei cacciatori, ma al contempo considerata un’opinione di parte. Che si trattasse di divertimento e barbarie, retaggio arcaico della storia mal sopportata dalla maggior parte della popolazione è da sempre la tesi sostenuta dai detrattori. Su entrambe si impongono i fatti e i dati che un ente superiore di ricerca e certificazione come Nomisma ha raccolto ed elaborato per fornire un quadro oggettivo della situazione e sul reale valore dell’attività venatoria in Italia e sulla sua percezione. Questo l’argomento centrale del convegno tenutosi il 14 marzo a Roma presso Palazzo della Minerva dove sono intervenuti oltre a FIDC che ha commissionato gli studi e Nomisma, anche le associazioni Coldiretti, Legambiente, Ispra e il ministero dell’agricoltura. Importanti e sorprendenti i dati raccolti che ci apprestiamo a riassumere e commentare di seguito con un ‘intervista al presidente nazionale Federcaccia Massimo Buconi.
Caccia e carne selvatica
Lo studio che parte dal rilevamento dei consumi, rivela che 45 milioni di maggiorenni che si nutrono di carne, il 62% consuma anche selvaggina dando interessanti prospettive allo sviluppo di questa filiera che se fosse più presente si troverebbe a soddisfare i desideri di 23 milioni di italiani, il 51% che si dichiara pronto ad acquistarla. Rispetto alla carne acquistata il 72% della popolazione ritiene importante il valore biologico di carni sane provenienti da una filiera tracciabile e il 61% afferma di prestare attenzione nella scelta di alimenti non provenienti da allevamenti intensivi. Il 47% considera importante che la carne provenga da animali selvatici e non allevati. Rispetto alla conoscenza e alla percezione dell’attività venatoria le indagini di Nomisma hanno sottolineato la presenza di una forte disinformazione; 2 italiani su 3 dichiarano di non conoscere la tematica e solo 1 intervistato su 10 dichiara di conoscere le norme che la regolamentano. Il 60% degli intervistati vorrebbe ricevere maggiori informazioni provenienti da enti pubblici.
La valorizzazione ambientale e sociale della caccia
Dalla consultazione dei principali Stakeholders lo studio Nomisma ha potuto raccogliere i dati per una valutazione degli effetti generati dall’attività venatoria nei confronti dell’ambiente, del mondo agricolo e socio-sanitario, comunità ed economia nazionale. Grazie alla salvaguardia di risorse ecosistemiche l’attività venatoria è in grado di produrre un valore monetario per la società di quasi 8,5 miliardi di euro. Nel dettaglio: sono 708 i milioni di euro di valore naturale grazie alle attività esercitate per il mantenimento delle aree umide e degli habitat, la tutela delle aree protette rese possibili grazie ai finanziamenti del mondo venatorio. A questi si sommano 20 milioni di euro di valore agricolo derivanti dalle spese degli Ambiti territoriali di caccia per il risarcimento agli agricoltori dei danni causati dalle specie selvatiche. Sono 75 i milioni di euro che derivano dalla riduzione ecologica e idrica derivanti dalla sostituzione della carne da allevamento intensivo con la selvaggina cacciata. Il valore Socio- sanitario del comparto è di 124 milioni di euro che corrispondono al danno evitato per incidenti con le specie invasive e per minori ospedalizzazioni e decessi per effetto degli antibiotici nelle carni da allevamento. Infine, il valore economico legato al settore sportivo e armiero è pari a 7,5 miliardi di euro.
“Per la prima volta il sistema della caccia decide di aprirsi all’ascolto della società per avviare un dialogo aperto con il mondo istituzionale, agricolo e ambientale” Dichiara il responsabile Sviluppo Nomisma Marcatili. Il lavoro svolto da Nomisma conferma la Non ostilità nei confronti della caccia e certifica anzi l’apertura della comunità a inserire più selvaggina nell’alimentazione. Non sono molte le attività che come quella venatoria danno in Italia un contributo di un miliardo di euro in termini ambientali; però conclude Marcatili, emerge la necessità di un miglioramento del mondo venatorio nell’informazione e la comunicazione dei dati.
All’interno del convegno è stato riconosciuto da tutte le parti coinvolte il fondamentale ruolo attivo del cacciatore sul territorio, come sentinella della natura, del suo monitoraggio e della sua tutela. “I risultati degli studi Nomisma dimostrano il sistema importante rappresentato dal mondo venatorio che può potenziare il suo ruolo nel processo di transizione ecologica ma evidenza aree di miglioramento su cui strutturare un percorso di confronto con i fruitori, Stakeholders e Istituzioni. Intendiamo proseguire in questa direzione di dialogo, in modo costante e incisivo” conclude il Presidente FIDC Buconi.