Il capriolo, Capreolus capreolus, è diffuso in gran parte dell’Europa continentale e del Regno Unito, ad eccezione dell’Irlanda.
In centro-sud Italia è possibile rinvenire la sottospecie italicus, mentre ad est della Russia europea vi è il capriolo siberiano, scientificamente indicato come Capreolus pygargus.
Va detto, però, che sulla nostra penisola, ma più in generale in tutto l’areale di espansione, le aree di frequentazione nel corso dei secoli sono cambiate radicalmente e hanno seguito l’evolvere – o l’involvere – delle attività antropiche, le quali più volte hanno modificato il paesaggio e, di conseguenza, la presenza delle specie animali che vi trovano alimentazione e rifugio.
Il capriolo: distribuzione e habitat
Si pensi che nel secondo dopoguerra i caprioli in Italia erano relegati sull’arco alpino e nella maremma, in numero complessivo di poco superiore alle 10 mila unità.
Oggi, al contrario, la specie è ben rappresentata dalle Alpi al grossetano con densità variabili e una consistenza minima nazionale che può essere stimata nell’intorno del mezzo milione di soggetti. Questo è un fatto prevalentemente dovuto allo spopolamento delle zone rurali montane e collinari che, come si è accennato, hanno mutato le caratteristiche vegetazionali, ma anche ad una corretta ed oculata gestione venatoria. Più a sud della Toscana e dell’Umbria, invece, vi sono solo alcune piccole popolazioni minacciate che vengono supportate da reintroduzioni, mentre le isole ne sono del tutto prive.
Il piccolo cervide, ed anzi, il più piccolo della famiglia, ha una lunghezza complessiva che supera di poco il metro ed un peso che oscilla tra i 20 e i 30 kg.
La femmina mantiene ambo i parametri a valori leggermente inferiori rispetto al maschio, ma questo non può essere un dato oggettivo per la determinazione del sesso.
Mammifero dotato di zoccoli come tutti gli altri ungulati, appartiene all’ordine degli artiodattili perché poggia il proprio peso su di un numero di dita pari.
Il sottordine dei ruminanti, invece, se l’è guadagnato grazie allo stomaco diviso in 4 camere: una ghiandolare, l’abomaso, e tre prestomaci indicati come reticolo, rumine e omaso.
Le caratteristiche dei palchi, invece, appendici ossee presenti solo nei maschi che periodicamente vengono gettate e poi ricostituite, lo legano alla famiglia dei cervidi assieme, ad esempio, al cervo e al daino.
L’ambiente d’elezione è quello tipico della rinnovazione forestale recente e delle zone ecotonali, con boschi ricchi di sottobosco e aree cespugliate intervallate da radure di ridotte dimensioni.
È qui che il capriolo trova sia riparo che nutrimento e in particolare cibi con basso contenuto di fibra come alcune essenze erbacee o freschi apici vegetativi che ben si sposano con la sua scarsa attitudine a digerire alimenti poveri.
Le fasi di alimentazione si intensificano all’alba e al tramonto continuando, alternate ai momenti di riposo, sia quando vi è luce che durante le ore notturne.
La specie è per lo più muta, ne fanno eccezione il fischio che emettono piccoli e femmine con funzione di richiamo e l’abbaio quale segnale d’allarme.
Le comunicazioni intraspecifiche sono comunque limitate dal fatto che, a parte i rigidi mesi invernali, il capriolo è specie solitaria e poco socievole. Il periodo degli amori inizia all’incirca dalla metà di luglio e si protrae per un mese o poco meno. La gestazione dura una decina di mesi e dalla primavera successiva la femmina può dare alla luce uno o due piccoli.
Caccia al capriolo
“Paese che vai, usanze che trovi”.
È proprio il caso di dirlo perché sia le date di apertura e chiusura alla specie che le modalità di caccia possono essere totalmente diverse a seconda di dove ci si rechi.
Per quanto riguarda le modalità di prelievo, è possibile suddividerle in due grandi aree tematiche quali la cerca o la posta.
Intermezzo a queste e oramai circoscritte a poche realtà locali fedeli alla trazione, vi è l’utilizzo del fischio o del cane segugio.
Cacciare cercando attivamente il selvatico nel bosco o aspettarlo al chiuso di un’altana sono entrambe strategie valide che solitamente vengono imposte dall’ambiente, dalla cultura e dalla passione, soggettiva a ciascuno di noi.
In ambo i casi la dotazione necessaria è data da un binocolo luminoso, quale, ad esempio, un 7x42, un lungo (30x75) ed un’arma camerata per uno dei calibri qualsiasi che vadano dal minimo di legge fissato ai 5.6 mm ad un massimo, imposto dal buon senso, di 7.62 mm o .300 millesimi di pollice.
Non è necessario che l’ottica abbia un alto valore di ingrandimenti, piuttosto si preferisca un diametro della lente frontale tale da consentire di sparare con sicurezza sia alle prime luci del sole come alle ultime.
In cacciatore neofita dovrà focalizzare la sua attenzione verso un calibro intermedio. Ottimi per la specie in oggetto sono il .243 win, il 6.5x55 e il 7x57.