Sempre uguali e diverse come il flusso delle acque sono anche le sensazioni che gli ambienti acquatici regalano… Noi cacciatori in costante balia delle onde emotive che si rinnovano ad ogni alba, perdiamo lo sguardo e la mente in questo palcoscenico naturale magico e mutevole. La caccia agli acquatici è frutto di esperienza e sacrifici, legata alla conoscenza di selvatici, mutamenti climatici e habitat che con sforzi estremi si cerca costantemente di mantenere.
In questa caccia ci si confronta sempre con animali estremamente diffidenti, da trattare con la massima accortezza e maestria in qualsiasi modo si cerchi di insidiarli, nella classica tesa con stampi e richiami oppure in forma vagante.
Anche se le specie cacciabili tra i palmipedi i trampolieri e i rallidi sono diminuite rispetto a quelle di qualche decennio fa in Italia, possiamo dire che quelli rimasti tra i consentiti sono sicuramente tra i più prestigiosi ed ambiti dai cacciatori, per la bellezza, l’eleganza, la difficoltà nella caccia e nel tiro.
Le anatre si dividono in due categorie basate su aspetti comportamentali che ne influenzano inevitabilmente anche il tipo di caccia.
Ci sono le anatre dette di superficie (germano, alzavola, codone, fischione, canapiglia, marzaiola e mestolone) e quelle appartenenti alla categoria tuffatrici tra cui moriglione e moretta.
Tra i rallidi che frequentano gli stessi ambienti e presentano più o meno le stesse caratteristiche comportamentali, anche se molto meno abili nel volo, la folaga e la gallinella d’acqua.
Gli uccelli di superficie amano sostare nei tratti di palude in cui l’acqua non supera i 50 centimetri di profondità.
Queste aree sono solitamente specchi d’acqua naturali o artificiali in gergo detti “chiari” circondati da vegetazione di media altezza, in genere canneti o falaschi in cui i selvatici hanno possibilità di nascondersi e cibarsi.
È l’ambiente ideale per queste anatre che per alimentarsi immergono il collo pur mantenendo il busto in superficie, mentre le tuffatrici prediligono spazi mediamente più ampi e profondi come laghi e bacini, in cui immergersi completamente alla ricerca di erbe acquatiche nei fondali.
Con la speranza di attrarre sempre più specie oggi si sta tentando l’implementazione di questi spazi che nel corso degli anni sono quasi scomparsi.
Per modifiche ambientali e opere di bonifica infatti è stato sottratto ai migratori un habitat non solo ideale per lo svernamento quando giungono nel tardo autunno dal Nord-Europa, ma anche per la nidificazione nei mesi primaverili in cui sono pochi gli esemplari che decidono di diventare stanziali nel nostro paese, per la maggior parte germani.
In realtà i primi arrivi di alzavole e germani iniziano dalle ultime settimane del mese di agosto, ma riguardano una minima parte dei contingenti che vengono attratti dalle tese sapientemente allestite nelle valli Italiane; da quelle Venete per scendere lungo il versante adriatico fino al sud, dove questa tradizionale pratica venatoria può contare ancora sulla passione di uomini che mantengono puliti gli argini dei corsi d’acqua, creano e mantengono punti di approdo per le anatre, le cosiddette “ponzaure”, ossia piccoli isolotti di sabbia o argilla in cui le anatre amano fermarsi.
La caccia a questi selvatici consiste in alcune indiscutibili qualità e conoscenze che il cacciatore deve possedere.
Arrivare a tiro utile delle anatre in forma vagante non è affatto semplice, tuttavia nei mesi invernali, soprattutto nei giorni più burrascosi in cui il vento da nord ha messo in agitazione le acque marine o di vicini bacini è estremamente affascinante lungo il corso dei fiumi.
Le anatre infatti risalgono durante la notte le acque interne per fermarsi al pascolo nei campi coltivati adiacenti ai letti dei fiumi e durante il giorno, soprattutto i germani, ma in generale quelle di superficie, si accontentano di sostare in piccole anse tranquille in cui la corrente del fiume si placa o nei canneti ai margini delle sponde.
La bellezza di questa tipologia di caccia sta tutta nella sorpresa, l’incontro sarà infatti improvviso e repentino, altrettanto il tiro, anche se solitamente piuttosto ravvicinato.
Indispensabili tanta voglia di camminare, il silenzio, il mimetismo e un grande affiatamento con il proprio cane, da ferma o da cerca, ma sempre collegato e pronto a recuperare dall’acqua.
I carnieri non sono certo quelli di una tesa, ma per chi non dispone di altri mezzi, posso assicurare che si tratta di un “ripiego” davvero di lusso in cui, l’abilità e la prontezza nel tiro e l’ausilio di un buon cane vengono esaltati.
A fare il resto c’è poi sempre la magica cornice dell’ambiente che in quel periodo può riservare ogni sorpresa.
Parlare però di caccia alle anatre richiama al pensiero inevitabilmente la più tradizionale delle pratiche, cioè l’appostamento con l’uso di stampi e richiami. Qui niente può lasciarsi al caso perché qualsiasi errore, anche minimo, potrebbe bastare ad insospettire e mettere in fuga questi selvatici vanificando ore di lavoro e di attesa. Argomento fondamentale è la disposizione degli stampi.
Ogni cacciatore possiede la sua personale formula, l’importante sarà come in altre cacce non perdere mai il punto di vista del selvatico a seconda della specie, cioè immedesimarsi nell’impressione che potrebbero avere le anatre in arrivo sul nostro gioco e di conseguenza renderlo quanto più credibile.
In linea di massima gli stampi vengono sistemati in due gruppi, uno più vicino al capanno a circa venti metri e un altro più rado e distante.
Importante che il muso degli stampi sia sempre rivolto verso il vento, perché così si comporterebbero gli animali veri e gli uccelli in volo notano incredibilmente questi particolari.
Per ottenere questo effetto basta ancorare gli stampi per mezzo di una cima attaccata in corrispondenza del petto.
Sul numero degli stampi da impiegare, nonostante i pareri discordi, sembra appurato che durante il periodo invernale il numero debba essere inferiore rispetto ai periodi precedenti, come potrebbe essere quello dell’apertura.
Ogni specie comunque crede più facilmente a delle specifiche posizioni; il germano, il fischione e in genere le anatre di superficie preferiscono stampi distribuiti su tutto lo specchio d’acqua, le morette e le tuffatrici credono maggiormente ad una disposizione compatta.
IL TIRO: FUCILI E MUNIZIONI
Il tiro alle anatre è sempre impegnativo, data la velocità, le notevoli dimensioni e di conseguenza la robustezza di questi selvatici. In un attimo possono avvenire cambi di direzione soprattutto da selvatici in curata capaci di portarsi subito a notevoli distanze. Il tiro nelle cacce tradizionali da capanno avviene solitamente a fermo, sui selvatici che hanno creduto al gioco di stampi e sono fermi sulle acque. Anche questo, sebbene possa sembrare scontato o addirittura anti sportivo, nasconde le sue insidie.
Da precisare infatti che questo tiro avviene sempre alle primissime luci dell’alba quindi in condizioni di scarsa visibilità, in cui inoltre resta da calcolare bene l’altezza della fucilata che in caso di acque anche leggermente in movimento rischia di impattare prima dell’arrivo sul selvatico.
Nei capanni aperti e nella caccia vagante si tratta sempre di tiro al volo, frontale o di passata.
Il momento più idoneo per uscire e far fuoco verso le anatre in curata è quando gli uccelli sono al culmine della palanata, nel momento finale prima di appoggiare i palmi sull'acqua o nelle ripartenze.
È fondamentale qui l'intesa fra compagni di caccia per non sbagliare i tempi di uscita dal capanno.
Il recupero deve svolgersi a fine battura con barchino se necessario o con cani che non temono l'ambiente umido ed il freddo come labrador o spinoni.
Nella caccia vagante molto dipende dalle situazioni e dall’ambiente, ma se la vegetazione è particolarmente fitta assisteremo probabilmente ad una colonna ravvicinata soprattutto delle anatre di superficie e ad un tiro pressochè istintivo.
In ogni caso l’anticipo è d’obbligo sulla velocità di questi selvatici, spesso esasperato, non bisogna mai farsi trarre in inganno dalle dimensioni che potrebbero darci un’eccessiva impressione di lentezza. Nel caso delle tuffatrici in curata è sconsigliato sparare alla prima passata perché spesso i branchi numerosi effettuano numerose evoluzioni sempre più abbordabili, e qui l’anticipo deve essere netto, può capitare di indirizzare un colpo ad un’anatra in prima fila e vederne cadere invece una in coda al branco.
Chi caccia con il cane lungo i fiumi può servirsi benissimo di una doppietta o un sovrapposto con canne da 65/67 cm e strozzature medie di 3 o 2 stelle perchè saranno rare le occasioni di tirare ad animali lontani e invece frequenti quelle in cui si rischierà di scarseggiare con un tiro affrettato.
La doppietta avrà sicuramente il vantaggio della leggerezza e della velocità di puntamento.
Nelle altre forme di caccia alle anatre è invece consigliabile il semiautomatico, preferibilmente in calibro 12 e con canne relativamente lunghe e strozzate.
Oltre al terzo colpo a disposizione, nel tiro lungo si avranno anche più probabilità di precisione e la strozzatura unica non costituirà uno svantaggio, non da ultimo il comfort per il migliore assorbimento delle cariche pesanti. Le canne andranno bene dai 70 cm e oltre,la strozzatura da 2 o 1 stella sui tiri di passata.
Gli anatidi sono molto resistenti alle ferite; oltre alle robuste penne infatti, il folto piumino che le difende dal freddo e dall’umidità si rivela efficace anche sui pallini.
La grande mole e velocità di questi selvatici consente poi di raggiungere una notevole energia residua.
Cariche pesanti si dimostrano necessarie sia per le distanze, che per le difficili condizioni climatiche ed ambientali che riducono il rendimento termico e balistico della carica di polvere. Assolutamente consigliabili bossolo in plastica che non risente dell’umidità come avviene per il cartone, contenitore e chiusura stellare.
La cariche dovranno essere le massime consentite per un calibro 12 standard dai 36 grammi ai 40 per arrivare alle cariche magnum che vi assicuro non saranno esuberanti per l’abbattimento coretto ed etico di uccelli che possono superare 1 kg di peso.
Molto efficienti per gli ambienti lacustri si sono rivelate le cartucce in tungsteno, più denso di acciaio e piombo e con una maggiore capacità di penetrazione.