Rilanciare il rapporto tra le associazioni venatorie nazionali, anche perché buona parte del mondo locale ha già preso posizione. Con questo obiettivo dichiarato il Presidente dell’Arcicaccia Osvaldo Veneziano ha inviato una lettera aperta a Gianluca Dall’Olio, suo omologo della Federcaccia, proponendogli una giornata seminariale di approfondimento a cui partecipino i dirigenti regionali delle due associazioni.
Alle viste si presentano infatti due snodi decisivi (il Congresso nazionale dell’Arcicaccia, la Conferenza organizzativa della Federcaccia) per il futuro del mondo venatorio italiano; Veneziano sottolinea che “la responsabilità delle associazioni nazionali Fidc e Arcicaccia ci consente di perfezionare le attività di servizi per gli iscritti e la ricerca di nuove risorse attraverso società, associazioni di supporto unitarie per dare risposte omogenee in tutto il Paese, pur in un’articolazione della tempistica [diversa a seconda delle] differenti realtà territoriali” e ribadisce che “nella riunione [precongressuale] è emerso l’impegno a rafforzare la presenza dell’Arcicaccia attraverso gli organismi dirigenti regionali della stessa per le competenze affidate loro dallo statuto nazionale, così come è stata confermata la tessera nazionale Arcicaccia, comprensiva del servizio assicurativo per l’attività venatoria, quale esclusivo strumento di adesione individuale. Così come è per la Fidc”.
La mossa di Veneziano risulta distensiva in vista di un Congresso che si annuncia più che dibattuto: è ancora fresca la ferita del ricorso presentato da 110 dirigenti locali dell’Arcicaccia che, dopo aver denunciato nel mese di dicembre “l’inspiegabile conflittualità interna al mondo venatorio e l’assenza di un progetto a lungo termine per il futuro della caccia”, si erano rivolti al giudice ordinario chiedendo la sospensione (negata) del Congresso per violazione dello statuto. Non è un caso che buona parte dei firmatari del documento contro Veneziano provenisse dalla Toscana: i 110 sottolineavano infatti la diffidenza del Presidente nazionale nei confronti della Confederazione Cacciatori Toscani, primo atto di scelta unitaria da parte delle due associazioni venatorie.
Alla luce degli eventi delle ultime settimane, il gesto di Veneziano risulta dunque ancora più chiaro, anche perché è innegabile che nel Granducato la sinergia tra Fidc e Arcicaccia (con l’aggiunta dell’Anuu, terza testa della CCT) stia producendo i propri frutti.
Le esigenze delle due associazioni sono infatti le medesime: il Quotidiano Nazionale in edicola il 31 marzo riporta infatti le parole univoche di Massimo Logi (Arcicaccia, Atc Siena), che reclama a gran voce un maggior coinvolgimento diretto dei cacciatori nella gestione del territorio, e di Guido Monaci (Federcaccia Grosseto), che sottolinea il lavoro gratuito delle squadre di cinghialai, in accordo con gli agricoltori del territorio, per la prevenzione dei danni da fauna selvatica. Anche se la legge obiettivo recentemente approvata limita pesantemente le possibilità operative delle squadre (nei fatti, la braccata è vietata), i cacciatori non si tirano indietro per salvaguardare il territorio.
La CCT ha inoltre assunto anche un ruolo efficace per realizzare gli scopi della medesima legge sulla filiera della carne: lo stesso Quotidiano Nazionale dà risalto alle dichiarazioni di Massimo Fabbri, dirigente della Federcaccia e membro della Cedaf (Centro Didattica Ambientale Faunistica, strumento formativo di riferimento della Confederazione), che spiega come ai cacciatori vengano impartite nozioni fondamentali su patologie della selvaggina e trattamento delle carni per una corretta gestione dopo l’abbattimento dei capi. Ma l’obiettivo ambizioso della Cedaf (e della CCT nel suo complesso) è puntare a una platea più ampia del solo mondo venatorio. In attesa di un Congresso nazionale che potrà dirci di più sul futuro dei cacciatori italiani.