Scriveva Piero Pieroni; "... in terreno libero il fagiano è un selvatico di tutto rispetto, al confronto, qualche rara volta anche la beccaccia sembra una zitella rincitrullita e le starne una classe di collegiali isteriche". È il fagiano vero che ci interessa, non quello allevato in gabbia per poi essere immesso in riserva o ancor peggio in una gara cinofila della domenica al fine di un’immediata e facile conquista.
Caccia al fagiano: gestione
La presenza della specie in Italia è strettamente collegata alla capacità di ambientamento ma anche alla gestione della specie e quindi al metodo di immissione poiché la pressione venatoria sicuramente sostenibile ha dovuto fare i conti con i più moderni metodi di coltura e gestione delle aree agricole che, mettendo in discussione gli habitat e persino le condizioni di cui i fagiani necessitano, ne hanno limitato fortemente le possibilità di proliferazione.
L'opera di immissione si è rivelata efficace solo in poche regioni della penisola e in presenza di determinate condizioni. Si è anzitutto capito che il galliforme non andava immesso soltanto nelle zone atavicamente più vocate ma piuttosto in quelle che tra esse potevano garantire una bassa variabilità ambientale collegata ad una ridotta o controllata presenza di predatori naturali. L'individuazione di aree con luoghi di rifugio e con facili approvvigionamenti idrici ne hanno poi favorito un più immediato ambientamento.
L'azione di ripopolamento è stata più proficua quando sono state valorizzate ancor più le zone di ripopolamento e cattura (ZRC) e le zone di rispetto venatorio (ZRV) che ne hanno consentito un irradiamento più spontaneo e naturale.
Nelle stesse zone si è quindi proceduto alla cattura di alcuni esemplari al fine di studiarne le caratteristiche evolutive e l'attinenza ai caratteri propri della specie.
Questa azione, nel tempo, seppure non in tutte le realtà regionali, ha visto coinvolti tutta una serie di soggetti come guardiacaccia e volontari locali che hanno saputo tutelare il lavoro fatto con cacciatori e istituzioni locali.
Questo ha dimostrato che ad una prima opera di rivalutazione della specie poteva e doveva seguire una gestione efficace e non invadente per garantire la permanenza in quei luoghi di un selvatico di grandi qualità cino - venatorie; un selvatico di cui tanto si è scritto e chiacchierato ma che da pochi è stato trattato per quel chè è: "un selvatico puro, di facile appaesamento e con grandi potenzialità anche per le più esigenti pretese cinofile."
La caccia al fagiano
La caccia a questo galliforme è consentita da settembre a dicembre con le dovute diversificazioni e varianti che implicano i diversi calendari venatori regionali.
In assoluto la caccia più affascinante è quella fatta con il cane da ferma ma anche da cerca poiché in molti ritengono che sia lo Springer il vero terrore del fagiano.
Il lavoro del cane da caccia in genere su questo selvatico deve essere assolutamente cauto e il più silenzioso possibile considerata la natura sospettosa del fagiano che al minimo fruscio usa congedarsi con un involo repentino e anticipato, quando ciò è possibile, da lunghe talvolta lunghissime pedinate.
Ma il fagiano è particolare, viene fermato dal cane ma è anche lui che tiene fermo il cane. In un gioco di strategie dove all'azione dell'uno corrisponde una reazione dell'altro, ogni mossa è di fondamentale importanza.
È proprio qui che i cani esperti risultano indispensabili per una conclusione efficace dell'azione venatoria.
La vegetazione fitta, spesso bassa e quindi impenetrabile è sovente complice delle fughe del galliforme. In questi casi si può notare un annusare frenetico del cane, anche da ferma, in cerca di quel contatto già palesato ma che più volte tende a perdere.
Frenetico ma pur sempre cauto per non allarmarlo oltre il dovuto. Si vedranno così ferme statuarie in alternanza a lunghe guidate e a qualche timida accostata.
Basilare il consenso che deve essere immediato e convinto, possibilmente a dovuta distanza.
Non troppi cani sul terreno ma sicuramente quelli giusti anche per le fondamentali azioni conclusive che spesso non richiedono un semplice riporto ma un più intricato recupero a cui purtroppo non tutti gli ausiliari si prestano.
Questo difficile e spesso ignorato carattere del fagiano ha fatto sì che molti cacciatori anziché lodarne le qualità ne hanno nel tempo sminuito il reale valore, declassandolo ad un pollo che pedina troppo velocemente tornando spesso sui suoi passi o che sta schiacciato più del dovuto al suolo.
Molti campioni a quattro zampe, o presunti tali, sono stati messi in difficoltà al suo cospetto e tanti di più sono stati "Rimandati a Settembre", ciò accade perché non tutti ne comprendono le reali doti e questa incomprensione sfocia spesso in un rifiuto.
In realtà le cose stanno diversamente. Il fagiano può essere trattato a dovere da un buon cane purché abbia la giusta esperienza sui terreni veri e in ogni condizione.
Accade così che cane più che conosce bene il fagiano esegue il lavoro con perizia e permette un involo al momento giusto, quando è a portata di tiro, mentre il soggetto più inesperto causa spesso un balzo improvviso che renderà difficile la fucilata soprattutto se in campo aperto. Sì perché il volo del fagiano tra le fronde degli alberi o nella macchia più alta si palesa spesso meno impetuoso rispetto ai terreni più aperti dove in pochi attimi riesce a prendere utili distanze dal pericolo.
Arma e cartucce ideali per la caccia al fagiano
In questi casi sarà anche utile scegliere l'arma e le cartucce più adatte a seconda delle condizioni e dei luoghi.
Nel folto del bosco viene spesso cacciato con uno fucile a canna corta, lo stesso usato per le beccacce, poco strozzato ma preferibilmente a tre colpi.
Il piombo usato è del 7, del 6, o anche il 5 preferito da alcuni in cartucce con borra in feltro in prima canna e assolutamente con contenitore per i tiri più lunghi di seconda.
La scelta in ogni caso è varia e più personale.
I margini di rischio nello scegliere il munizionamento meno adatto sono più accettabili rispetto al rischio che si corre nello scegliere il cane sbagliato. In questo secondo caso ci si potrebbe convincere che "lì di fagiani non ce n'è nemmeno l'ombra" quando in realtà le cose stanno diversamente.