Ci avviamo purtroppo verso l’epilogo di questa stagione venatoria, il calendario restringe impietoso le specie ancora cacciabili dunque almeno ora, è giunto il momento di dedicarsi (con piacere per chi ama e vive il territorio) alla caccia ai corvidi.
Ci sono poi anche quei cacciatori che, a buona ragione, sono diventati veri appassionati di questa pratica venatoria in cui nulla può lasciarsi al caso e molte doti di un esperto cacciatore vengono messe alla prova.
Sono molti infatti i passaggi preliminari e gli accorgimenti da rispettare per giungere ad ottenere un risultato positivo. Primo fra tutti la conoscenza dei luoghi e delle abitudini di questi selvatici, poi l’allestimento della tesa in cui attenderli che, se per i colombacci richiede maestria, per i corvidi siamo ad un livello superiore, la perfezione o quasi. Il minimo errore infatti può mettere in allarme ed allontanare l’intero branco vanificando ogni cosa e le possibilità di replica sono praticamente nulle.
La presenza di questi selvatici è strettamente connessa ai campi di pastura e in questo periodo i luoghi maggiormente frequentati sono i campi di cereali appena seminati, oppure quelli appena mietuti di mais, oltre ai prati e gli incolti.
Uno dei motivi che dovrebbe spingerci a trascorre qualche piacevole mattinata di fine gennaio in questa caccia è la certezza dell’abbondanza delle prede, tanto da rendere l’attività venatoria indispensabile per il contenimento demografico. Il tiro inoltre ai corvidi non è sicuramente tra i più scontati, soprattutto date le distanze sempre ragguardevoli a cui si tengono anche nei casi dell’allestimento di una tesa scrupolosa. La diffidenza di questi uccelli è proverbiale tanto da renderli spesso inavvicinabili, ma con esperienza e buona mira si possono raccogliere le dovute soddisfazioni.
Numerose le occasioni quindi, divertente il tiro, utilissimo il contenimento della specie che ci consentirà la prossima stagione di vedere magari sul nostro territorio qualche nidiata in più di fagiani o giovani lepri.
I corvi infatti, pur essendosi incredibilmente adattati come ogni altro opportunista all’antropizzazione e riuscendo fra periferie dei centri abitati e in natura a trovare abbondanza di cibo e rifiuti di cui cibarsi, mai risparmiano nidiacei o piccoli di altre specie minori.
Gli unici predatori nella catena a poter ridurre ed equilibrare questo fenomeno siamo proprio noi, con la caccia prima e le catture poi ovviamente indispensabili. Dalla fine del periodo venatorio saranno infatti le gabbie Larsen a sostituirci, delle gabbie a scatto estremamente efficienti che sfruttando l’indole aggressiva dei corvidi li induce ad entrare tramite un richiamo vivo all’interno.
Grande stima dunque meritano quei cacciatori che con abilità e dedizione riescono a conquistare un carniere di corvidi.
Vediamo nello specifico come fare per riuscire nell’intento.
È bene prima di ogni uscita perlustrare in anticipo i territori frequentati dai selvatici da giusta distanza badando bene a non recare disturbo e non essere visti. Una volta individuati i campi di pastura e i luoghi di rimessa, si può optare per la caccia al campo, oppure lungo le linee di affilo che conducono a questi, al mattino, o al rientro serale.
La tesa va allestita sempre ai margini dei terreni con il capanno possibilmente vicino a vegetazione spontanea e nelle zone più ombrose in modo da dare meno possibile alla vista acutissima dei corvi, anche per poter sparare sempre in condizioni di buona visibilità. Il capanno o la parata in tela è da integrare se possibile con un po’ di vegetazione presa in loco cercando comunque di non modificare l’ambiente, come faremmo per i colombacci.
I corvidi sono infatti estremamente abitudinari e anche il minimo dettaglio può destare sospetti nel branco. Veniamo alla tesa.
Gli stampi in plastica e le giostre reperibili sul mercato vanno benissimo, così come le cornacchie impagliate, l’importante è la disposizione che deve essere quanto più credibile, cioè a favore di vento, con individui sparsi ma non troppo lontani e soprattutto, qualcuno sempre più in alto degli altri a simulare le vedette che questi selvatici sono soliti avere per allarmare i consimili intenti nella pastura alla vista del minimo pericolo. I corvidi sono soliti giungere piuttosto presto in pastura per poi tornarvi a più riprese nel corso della giornata, fino al rientro serale che avviene invece piuttosto tardi, fino alle ultime luci del giorno.
È consigliabile dunque trovarsi almeno un’ora prima dell’alba sul posto prestabilito per preparare la tesa e farsi trovare pronti dai selvatici in arrivo.
Oltre al gioco di stampi, risultano efficaci riproduzioni di rapaci verso cui gli stormi dei corvi si dirigono utilizzando il forte istinto gregario come difesa.
Anche pelli di animali con un buon numero di stampi disposti intorno possono riprodurre fedelmente la scena di un tipico momento in pastura su carogna al quale i corvi mai rinunciano. I richiami a fiato infine se usati correttamente, completano il quadro degli espedienti a nostra disposizione per questa forma di caccia. Imprescindibile il mimetismo dell’abbigliamento in tinta con l’ambiente circostante. Gli indumenti camouflage, dalla testa ai piedi, trovano qui uno dei campi di maggiore impiego.
Il tiro nella caccia ai corvidi, come per tutti i selvatici estremamente elusivi e sospettosi sarebbe consigliabile a fermo quando possibile, in ogni caso, anche per le dimensioni e resistenza di questi uccelli è bene sparare “a colpo sicuro” cioè su animali a tiro che dopo i primi colpi inizia a diventare sempre più lungo.
Il volo a primo impatto non è velocissimo, ma se messi in allarme i corvi sono poi capaci di compiere rapide picchiate o scivolamenti d’ala che possono complicare immediatamente il tiro. Consigliabile quindi il calibro 12, meglio se semiautomatici, oppure sovrapposti per la precisione nei tiri al limite della portata.
In quanto alle munizioni non bisogna lesinare sulle dosi né sulle dimensioni dei pallini, per questi uccelli coriacei consiglierei dunque cartucce da 36 fino a 40 grammi di piombo del numero 7 in prima canna per poi scendere fino al 5 o al 4 in seconda e terza canna.
Dato il periodo invernale, più affidabili cartucce con polveri non troppo veloci e bossoli in plastica a chiusura stellare, ovviamente con contenitore. Buon divertimento dunque ed in bocca al lupo a tutti per le sfide che vorrete ingaggiare contro questi predatori opportunisti, ricordandoci che i selvatici e i territori di domani, saranno quelli che avremo saputo tutelare oggi.