Ombre di uccelli neri che si distinguono a fatica nel buio che precede l’alba, un lampo, il fragore dello sparo e il silenzio che torna fra le acque increspate del padule. Questi i pochi attimi che rappresentano la caccia agli acquatici nell’immaginario collettivo, ma c’è molto di più da sapere, che precede e segue tutto questo. La stagione venatoria ha le sue giornate di caccia programmata e regolamentata in modo rigido dentro calendari dalle date sempre più contratte. Le sudate emozioni che la caccia regala hanno però una durata illimitata e questo è il vero valore di questa passione, capace di spingere i cacciatori verso periodi di lavoro intenso e sacrificio costante pur di assistere allo spettacolo che la natura puntualmente regala a coloro che la conoscono, ne fanno parte e la rispettano.
La caccia agli acquatici
Siamo nel centro Italia, nelle Marche, è un caldo pomeriggio di primavera che ci porta alle foci del fiume Musone davanti al mare Adriatico per conoscere Bryan Bellavigna, appassionato cacciatore di acquatici che ci accoglie per mostrarci il suo appostamento all’interno di un chiaro che in questa zona i cacciatori indicano col nome di “guazzo”.
Il livello dell’acqua salmastra è stato regolato ad arte nello specchio e la vegetazione palustre tagliata al giusto livello per garantire riparo e sostentamento alle anatre e ai trampolieri che stanno portando a termine in questo periodo il viaggio di ritorno verso i luoghi di nidificazione. L’ambiente ha tutto l’aspetto di un giardino curato, una sorta di EDEN per i migratori che infatti in molti casi hanno scelto di fermarsi qui definitivamente per nidificare reputandolo un luogo ideale alla riproduzione. Lo sguardo di Bryan è compiaciuto e giustamente soddisfatto per i tanti sforzi ripagati. È palpabile la sua emozione mentre ci mostra dalle feritoie del suo appostamento i richiami che alloggia in un’ampia voliera e i selvatici che convivono nel chiaro. Il volo degli anatidi e dei trampolieri si incrocia spesso a pochi metri da noi e sugli isolotti i beccaccini e i cavalieri d’Italia godono il sole pomeridiano. Brulica la vita in questa oasi felice completamente distaccata dal contesto urbano poco distante che disturba lo sguardo e l’orizzonte di noi cacciatori che vorremmo perdersi in una natura così viva e diffusa al posto del cemento e dei palazzi in cui vivono tra l’altro la maggior parte di coloro che vedono in noi una minaccia per l’ambiente.
Video: Il contributo dei cacciatori alle zone umide e alla biodiversità
La stagione di caccia è trascorsa da mesi e la prossima ancora lontana, eppure l’impegno di Bryan è costante e incurante del calendario e delle stagioni. Nel suo appostamento trascorre le ore libere dal lavoro e qui porta anche i suoi bambini a conoscere quei selvatici che sarebbe impossibile vedere altrove. I richiami richiedono cure continue e dal loro benessere dipende poi anche la buona riuscita della caccia.
Le alzavole sono le anatre che lo coinvolgono maggiormente ma ci racconta e vediamo chiaramente coi nostri occhi che sono tante le specie attratte dal suo chiaro. Sono queste le sue soddisfazioni, l’emozione di vedere selvatici anche rari come la pernice di mare o il mignattaio e ancora pavoncelle e cavalieri d’Italia planare e sostare per giorni o mesi fra le acque e le sponde a pochi metri dal suo appostamento. È possibile ridurre tutto questo alle fucilate che porteranno Bryan e qualche suo amico a conquistare qualche anatra in pochi gelidi mattini d’inverno? Dopo aver creato e custodito un habitat sempre più raro da trovare nel nostro paese, con lavoro costante durante l’intero anno solare, solo un approccio completamente ideologizzato e ignorante di qualsiasi dinamica naturale può valutare come impattante e non positivo il ruolo e l’impegno di questi indomiti sognatori con lo sguardo perso nel buio del cielo e del mare.