Come mai procede inesorabile il consumo del suolo in Italia e non assistiamo quotidianamente a manifestazioni e battaglie da parte del mondo ambientalista per salvare ciò che viene perso per sempre? Forse contro le lobby del cemento, dell’industria e altri gruppi di potere risulta molto meno efficace la polemica sterile e l’odio che invece non mancano mai nei confronti di cacciatori e pescatori? O forse manca totalmente la consapevolezza delle ideologie acclamate ma mai sostenute dalla logica, dalla ricerca scientifica e dai dati reali?
Al di là delle risposte a queste domande che probabilmente resteranno aperte, resta purtroppo invariato il risultato nefasto di una mancata seria difesa dell’ambiente che veda unite le parti chiamate in causa perché in Italia, ci conferma una nota recente di Coldiretti Marche, ma è un dato estendibile a tutto il paese, sono migliaia gli ettari di suolo perso o abbandonato ogni anno con conseguenze devastanti e irreparabili per l’ecosistema e la biodiversità.
Dati indicativi del fenomeno di erosione del suolo e cementificazione riferiti alla Regione Marche
Riportiamo una recente pubblicazione di Coldiretti Marche con dei dati indicativi del fenomeno di erosione del suolo e cementificazione riferiti alla Regione Marche ma paragonabili a tante altre Regioni che condividono la stessa triste realtà. Nelle Marche sono ben 65.500 gli ettari di suolo consumato, con l’erosione di territorio agricolo, naturale o seminaturale a beneficio di asfalto, edifici e capannoni, a causa dell’espansione di aree urbane e di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio. Ad affermarlo è la Coldiretti Marche sulla base del rapporto Ispra, secondo il quale in questa regione il fenomeno interessa il 7 per cento della superficie territoriale, ma questa percentuale sale addirittura all’83 per cento se si considerano gli impatti diretti e indiretti a una distanza di 200 metri.
L’impermeabilizzazione del terreno rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce al riscaldamento globale, minaccia la biodiversità. Solamente tra il 2018 e 2019 si è registrato un aumento di 201 ettari di suolo perso, una superficie equivalente a oltre 280 campi da calcio. Oltre alle conseguenze direttamente riscontrabili nel dissesto idrogeologico pensiamo alla riduzione degli habitat per tante specie selvatiche che vedono sempre di più aumentare i numeri dunque gli squilibri dei predatori come i corvidi e le volpi che sanno adattarsi e sfruttare l’antropizzazione a proprio vantaggio grazie al reperimento dei rifiuti a danno della biodiversità. Di fronte a questa tendenza inesorabile sembra però placida o assente la reazione del mondo ambientalista che invece è sempre pronto ad accendersi negli attacchi al mondo venatorio. Forse perché non si sentono intimamente privati di quel territorio che invece i cacciatori vivono quotidianamente in prima persona e vorrebbero vedere libero, popolato dai selvatici e tutelato dall’avanzata delle zone industriali e dell’inquinamento.
Che cosa fare dunque?
Perché non opporsi o almeno manifestare il proprio dissenso e vicinanza alla natura? Come cacciatori e pescatori siamo insieme ai fiumi, i laghi, le colline e i monti in cui viviamo le nostre passioni i primi ad essere minacciati dalla cementificazione al pari delle specie vegetali e animali che soccombono inesorabilmente. Indicati sempre come una potenziale minaccia da coloro che si definiscono ambientalisti, attraverso la realtà dei fatti confermata dai dati scientifici, possiamo notare come invece sono molte le specie in continuo declino come i passeriformi di totale disinteresse venatorio e minacciate dall'inquinamento del suolo. Non solo. Sono aumentate dal 1980 in modo esponenziale le aree interdette alla caccia e diventate parchi nazionali o oasi naturali che dovrebbero in teoria assicurare la proliferazione di tante specie selvatiche che invece risentono inesorabilmente dell'abbandono delle aree rurali e montane, come la coturnice ad esempio, vedendo il proprio habitat e le possibilità di sostentamento assottigliarsi sempre di più. Cacciatori e pescatori rappresentano una parte lesa come l'ambiente che viene deturpato spesso attraverso opere che restano poi anche incompiute senza un giustificato criterio logico e paesaggistico. Perché dunque non denunciare le tante situazioni di degrado cercando di porre un limite alla continua perdita di territorio? Perchè le Associazioni Venatorie unite non si impegnano quotidianamente in un comune appello di difesa dell’ambiente riuscendo così forse per l’unica volta a rappresentare l’intima essenza di ogni cacciatore tesserato? Forse è questa l’unica battaglia che valga davvero la pena combattere per il nostro futuro; per dimostrare e vedere concretizzarsi ciò che ripetiamo a buona ragione come un mantra: gli ambientalisti siamo Noi.