Dal 10 al 12 maggio prossimi a Foligno (Pg), si svolgerà il III Congresso nazionale sulle carni di selvaggina. Metterà in luce le differenti e qualche volta complicate esperienze delle regioni che applicano le recenti linee guida nazionali in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica. In Lombardia, Campania, Umbria, Marche, Piemonte ed Emilia-Romagna il processo della filiera di carne di selvaggina è in atto e procede. Si sta sviluppando una maggiore consapevolezza sull’importante ruolo che essa riveste.
La filiera delle carni controllate, certificate e garantite rappresenta la naturale evoluzione di una gestione oculata e strutturata delle popolazioni di animali selvatici, a maggior ragione quando l’abbattimento di questi animali si inserisce in piani di controllo numerico per limitarne l’impatto sulle attività antropiche. Occorre che tutti i cacciatori se ne rendano conto. Che anche i cacciatori “non formati” o non ancora formati siano consapevoli che la filiera rientra a pieno titolo nel più ampio campo della gestione faunistica e del territorio. Occorre bandire gli egoismi perché finalmente c’è la possibilità di far comprendere anche al pubblico generico e alle istituzioni locali e nazionali che l’abbattimento, il primo anello della filiera, è in grado di trasformare in risorsa quello che oggi viene percepito come problema di sanità pubblica e che l’obiettivo è portare sulle tavole, non solo dei cacciatori ma di tutti gli interessati, “carni di elevato valore biologico e nutrizionale, ottenute nel pieno rispetto del benessere animale, sostanzialmente esenti da residui di antibiotici o altri farmaci e garantite dal punto di vista della tracciabilità, territorialità e sicurezza alimentare”, come si legge proprio nella presentazione del Congresso.
La mia inchiesta sulla carne “selvaggia” era cominciata con lo slogan “carnivori di tutto il mondo unitevi” e ora deve trasformarsi anche in “cacciatori di tutto il mondo unitevi”, perché in gioco c’è il nostro ruolo che è sempre discusso, ma ha oggi prospettive migliori che in passato.
Lo studio “Il Valore dell’Attività Venatoria in Italia”, curato da Nomisma e commissionato da Federazione Italiana della Caccia rileva che tra i 45 milioni di maggiorenni che si nutrono di carne, il 62% consuma anche selvaggina. Nella maggioranza dei casi si tratta di un consumo che avviene prevalentemente fuori casa (nel 39% dei casi al ristorante). Queste interessanti prospettive per la filiera alimentare della selvaggina sono rafforzate dal fatto che ben 23 milioni di consumatori italiani (il 51%) si dichiarano pronti ad acquistarla per consumo domestico se fosse di più facile reperimento.
Gli intervistati, inoltre, risultano particolarmente attenti e sensibili nell’attuare comportamenti sostenibili nelle proprie scelte alimentari. Rispetto alla carne acquistata, il 72% ritiene molto importante il fatto che presenti meno rischi per la salute e il 70% che provenga da una filiera tracciabile. Inoltre, il rispetto del benessere degli animali e dell’ambiente è ritenuto condizione imprescindibile dal 64% del campione, così come il 61% degli intervistati è attento al fatto che la carne non provenga da allevamenti intensivi. Il 47% considera importante che la carne acquistata sia naturale e provenga da animali selvatici e non di allevamento. Sono invece 75 milioni di euro i risparmi che derivano dalla riduzione dell’impronta ecologica e idrica prodotte dalla filiera della carne grazie alla sostituzione della carne da allevamento intensivo con selvaggina cacciata.
La selvaggina in tavola è una tradizione nell’Italia rurale che per secoli ha avuto i migratori come unica fonte di proteine: tordi, anatre, beccacce, quaglie, starne, pernici, fagiani... Per non parlare degli uccellini proibiti come cibo dall'Unione Europea nel 2014. In montagna si sono sempre utilizzati camoscio e capriolo, mentre per i “nobili” di campagna e di città, la caccia ha significato daini, cervi e cinghiali, da consumare in compagnia. In ogni caso, la selvaggina ha scritto pagine decisive nel ricettario della cucina: la lepre alla royale, l’anatra all’arancia o il piccione a cottura lenta, per esempio, esercitano un’attrazione di antica memoria anche su chi non ha simpatia per il mondo della caccia. Gli chef di nuova generazione, ma non solo, applicano il massimo rispetto per gli animali provenienti dalla filiera certificata, e adottano tecniche di cottura più moderne, con risultati sempre di eccellenza.
Nel mio viaggio in Italia tra gli importanti chef che propongono la cacciagione oltre gli stereotipi del passato, Igles Corelli, Maria Grazia Soncini, Eugenio Boer, Isa Mazzocchi, Lucio Pompili, Moreno Cedroni, Mauro Uliassi e i giovanissimi Riccardo e Matteo Vergine, ho capito quale sia l’interesse dei clienti appassionati attorno alla selvaggina “uscita” dalle mani sapienti di questi maestri, ciascuno con un proprio stile e filosofia. I loro clienti sono in minima parte cacciatori, ma manifestano curiosità e interesse anche per la caccia. I giovani sembra che trovino soddisfazione per la loro crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale.
Ci sono altri famosi chef che trattano la selvaggina, tra questi: Massimo Bottura, Bruno Barbieri, Antonio Cannavacciuolo, Carlo Cracco, Gianfranco Vissani, Niko Romito, Andrea Berton, Vincenzo Martella, Beppe Maffioli, Giancarlo Perbellini, Marcello Trentini, Ettore Bocchia, Nadia e Giovanni Santini, Valeria Piccini, Enrico Bartolini, Chicco e Bobo Cerea, Antonio Guida, Gaetano Trovato, Stefano Fagioli. Conto di visitarli prima o poi.
Il mercato si è messo in movimento: ci sono (poche) aziende che si occupano di trattare le carni provenienti da filiera certificata e mi auguro cessi al più presto la dipendenza da carni provenienti dall’estero per tutta una serie di piccoli ristoranti e trattorie. Nel salone del settore di febbraio EOS show di Verona le cuoche, blogger e influencer Barbara Benetti e Renata Briano hanno offerto una degustazione di gastronomia sostenibile, preparando alcuni piatti a base di carne di selvaggina proveniente dalla filiera promossa dal progetto “Selvatici e buoni” di Fondazione Una. A Caccia Village di Bastia Umbra (Pg) nei prossimi giorni Lucio Pompili, i fratelli Vergine e Franchi Food Academy terranno alcuni show cooking di carne di selvaggina. Il piatto è ricco. Occorre la collaborazione dei cacciatori: di tutta Italia e di tutto il mondo, unitevi!