La selvaggina ha scritto pagine decisive nel ricettario della cucina. Ed è una tradizione consolidata dell’Italia rurale. Ha impresso nell’immaginario collettivo sapori di antica memoria, che spesso esercitano attrazione anche su chi non ha simpatia per il mondo della caccia. Lo affermano molti chef che ho intervistato.
Gli chef di nuova generazione, pur applicando il massimo rispetto per i sapori originali, oggi adottano tecniche di cottura più moderne, con risultati di eccellenza, soprattutto grazie ai nuovi metodi di trattamento delle carni appena dopo l’abbattimento. Moreno Cedroni (www.morenocedroni.it) 58 anni, marchigiano di Marzocca (An) è forse uno dei primi chef di nuova generazione. Uno chef visionario e rivoluzionario: due stelle Michelin, la prima delle quali nel 1996, ha fondato “La Madonnina del Pescatore” a Senigallia (An) nel 1984, poi nel “Clandestino” sulla spiaggia di Portonovo (An) ha inventato prima il susci (senza l’h) “a colori”, poi quello “figlio dei fiori”, nel 2011 quello “selvaggio”, cioè con la selvaggina: la ricciola con il capriolo e il baccalà con la lepre. Nel 2012 quello “favoloso” legato al tema delle fiabe. La cottura perfetta, ma anche il crudo perfetto e non solo del pesce…
Cedroni, lei è considerato uno chef rivoluzionario, eppure ha solide radici nella cultura culinaria della sua regione. Quindi soprattutto pesce, ma anche cacciagione. Quanto conta per la sua cucina la tradizione culinaria italiana e quella della cucina di selvaggina?
«Provengo da una forte tradizione marinara, sono nato di fronte al mare, che è dentro di me. Naturalmente la passione per la cucina mi porta a esplorare e ciò, correlato alla tecnica acquisita, mi spinge a usare sempre nuovi ingredienti. È di più di dieci anni fa il Susci selvaggio, abbinamenti tra crudi di pesce e di selvaggina: piccione e lepre sono i miei favoriti».
Lei è famoso per aver italianizzato il sushi, non solo nel nome. Come nasce "Baccalà e lepre”?
«Baccalà e lepre nasce all’interno del Susci selvaggio, sia baccalà sia lepre stavano bene con un brodo di lamponi e da lì è nata la ricetta».
Ci spiega la preparazione di "Baccalà e lepre”?
«Classico fondo di lepre aromatizzato all’anice stellato, dadi di lepre cruda marinata in soia e miele. Il baccalà in oliocottura e un brodo di lamponi e pepe rosa».
Esistono modi moderni per cucinare la selvaggina, per sfruttarne appieno le caratteristiche e le peculiarità? I clienti in che modo la apprezzano?
«A me piace molto cruda, parlo del petto, un po’ di tutto beccaccia in primis. Essendo uno specialista del pesce, prediligo cotture minime e frollature giuste».
Igles Corelli ha recentemente dichiarato: “Ma se tutti gli stellati lavorano solo le verdure, i grandi prodotti italiani, ma soprattutto la caccia, dove vanno a finire?”. Non si riferiva certo a lei, ma cosa pensa al riguardo, anche della “moda” vegetariana?
«No assolutamente, le parole di Igles sono sacre, ma alcune volte si ha piacere nell’esplorare mondi vegetali».
Cosa pensa della caccia? Il cinghiale prolifera e le sue carni sono preziosi ingredienti di qualità. È una risorsa da sfruttare? Cosa sa della filiera delle carni prelevate dai cacciatori e della possibilità di incrementarne il consumo?
«Io della caccia e della filiera so poco, ben vengano se aiutano la natura».
Non solo i due ristoranti già citati: Cedroni ha avuto anche l’innovativa idea della salumeria ittica, il chiosco Anikò, che è diventato un punto di ritrovo fisso per lo street food di qualità in centro a Senigallia. E, poi, The Tunnel: un laboratorio di ricerca e sviluppo che si propone di convogliare il meglio della tecnologia applicata alla cucina per tirar fuori risultati sempre migliori dalle materie prime. Numerose le collaborazioni con gli istituti universitari e di ricerca, ad attestare il carattere di vera sperimentazione. Interessante sviluppo, anche per la selvaggina, no? (12-continua)
Baccalà e lepre
Disossare la sella di lepre, mettere i filetti sottovuoto con la salsa di soia e miele per 24 ore. Successivamente tagliare a dadini. Tagliare a brunoise la carota e il sedano a dadini delle dimensioni di 1 cm.
Per il brodo di lepre, tostare a fuoco basso le ossa di lepre con l’olio e l’anice stellato per far spurgare bene la carne. Scolare l’olio, mantenere la carne e l’anice stellato, aggiungere acqua e sale e portare a bollore.
Per la salsa di lepre, soffriggere in olio extravergine d’oliva l’aglio e lo scalogno tritato, unire una manciata di rifilature di lepre, cuocere bene per estrarre tutto il sapore. Aggiungere carota, patata dolce e pomodori tutti tagliati a cubetti da circa 1 cm, insaporire e aggiungere 200 grammi di brodo di lepre e l’anice stellato. Ridurre fino a 300 grammi, frullare avendo cura di togliere l’anice. Quando la salsa sarà liscia aggiungere il brodo di granchio, aggiustare di sale e aggiungere la xantana.
Per il brodo leggero di lampone, portare a bollore l’acqua con lo zucchero, il sale e l’aceto. Fuori dal fuoco aggiungere i lamponi liofilizzati, frullare con frullatore a immersione, setacciare e aggiungere la xantana. Frullare per legare e lasciar raffreddare.
Per la salsa mirtillo, frullare l’acqua con i mirtilli rossi, aggiungere il glucosio e ridurre fino a 200 grammi, infine aggiungere l’aceto di lamponi.
Scaldare a 65°C i filetti di baccalà finché il cuore non raggiunge la temperatura di 48°C. Disporre alla base del piatto i dadini di lepre, di sedano e carota e i pezzetti di lampone, al centro porre il filetto di baccalà guarnito con un cucchiaio di salsa di lepre e un cucchiaio di brodo leggero. Ultimare con una pennellata di lamponi rossi frullati.