La caccia in Spagna è parte fondamentale del mondo rurale non solo economicamente ma anche e soprattutto culturalmente. Oltre 100 mila cacciatori spagnoli hanno preso parte alcuni giorni fa ad una mobilitazione nazionale in 40 piazze delle principali città del Paese. Lo hanno fatto per vedere riconosciuta la propria dignità e quella della passione per la caccia, contro i movimenti animalisti. I cacciatori hanno difeso i temi e i valori del mondo rurale di cui sono parte integrante pretendendo dal Governo di Madrid misure di contrasto alle aggressioni di ogni tipo, partendo da quelle verbali e mediatiche subite quotidianamente sui social dai cittadini cacciatori.
I cacciatori spagnoli contro i movimenti animalisti
La manifestazione è stata organizzata dalla Real Federación Española de Caza (RFEC) e da tutte le federazioni regionali, con il fondamentale sostegno e la partecipazione dei principali partiti politici e di tutte le organizzazioni del mondo rurale (agricoltori, allevatori, pescatori, silvicoltori). Questo dovrebbe già far riflettere molti addetti ai lavori ed esponenti politici del nostro contraddittorio paese, detentore di eccellenze mondiali legate al mondo venatorio in cui nulla si muove mai in modo chiaro e distinto a difesa di questo patrimonio culturale ed economico. I manifestanti spagnoli hanno rivendicato il loro diritto a praticare una caccia etica e sostenibile, attività per altro riconosciuta dalla Commissione europea, come fondamentale per lo sviluppo economico e sociale delle zone rurali, la conservazione della specie, l’ambiente e la biodiversità.
Nella capitale Madrid, il presidente della RFEC, Angel Lopez Maraver, ha chiesto al Governo centrale la riforma del codice penale per "frenare l’impunità sui social network da parte di gruppi radicali che si rifugiano nell’anonimato e approfittano della libertà di espressione per attaccare indiscriminatamente tutto il mondo venatorio” e ha esortato i partecipanti a rivendicare il loro diritto di caccia “come un’attività legale e regolamentata in Spagna, praticata da un milione di persone che sono dimenticate dalla Pubblica Amministrazione”.
Volendo continuare con il triste parallelismo nel nostro paese la Pubblica Amministrazione ricorda perfettamente il popolo dei cacciatori quando questi rappresentano dei fruitori paganti della selvaggina che come stabilito dalla legge è bene indisponibile dello stato, dunque risorsa a cui attingere soltanto in cambio di tasse governative da pagare annualmente.
Espletati dunque i loro doveri di cittadini contribuenti, i cacciatori, che sono molto più che semplici esercenti della caccia, smettono di essere tutelati nel loro ruolo e nella propria immagine che, vale la pena ricordarlo, corrisponde a quella di persone incensurate, dunque che mai nella loro vita hanno avuto precedenti con la giustizia.
Potremmo continuare a lungo parlando dei paradossi che contraddistinguono un paese in cui il maltrattamento animale è giustamente considerato reato penale, ma quello attuato nei confronti di alcune categorie di persone no a quanto pare, tanto da assistere spesso ad esultanze pubbliche e plateali sui vari social da parte del mondo animalista, qualora malauguratamente un cacciatore resti coinvolto in un qualsiasi incidente, magari perdendo anche la vita. Un paese pesantemente ideologizzato dalle tendenze del politically correct e privo ormai di consapevolezza reale anche quando i principali diritti dell’uomo o della democrazia su cui è fondato non vengono più rispettati.
Sempre a Madrid, il presidente della Federazione regionale della caccia, Antonio Garcia Ceva, ha letto un manifesto in cui è stata chiesta una maggiore sensibilità delle autorità ai problemi e alle esigenze di un settore che è il motore dello sviluppo economico e sociale delle zone rurali, che promuove la conservazione e la biodiversità, oltre a generare ricchezza.
19/04/2018