Roditore iconico dei paesaggi montani, la marmotta rappresenta un selvatico gregario che vive ad altitudini comprese fra i 2000 e i 3000 metri generalmente di quota. Siamo alla fine di settembre e le diverse colonie trascorrono il tempo nelle dorsali assolate in prossimità dei cunicoli che stanno preparando per affrontare il periodo invernale. Entro alcune settimane, accumulato un necessario strato adiposo, il ritmo cardiaco delle marmotte andrà a ridursi per arrivare alla fase di letargo che questi roditori trascorreranno nelle gallerie scavate lungo i prati e verranno coperte da una spessa coltre nevosa fino a primavera. Le abitudini delle marmotte sono diurne, la maggior parte del tempo viene impiegata nella ricerca di cibo, alternata a lunghe pause trascorse nei punti più esposti al calore del sole.
La dieta erbivora piuttosto varia comprende radici, erbe, foglie e granaglie. La densità piuttosto elevata delle marmotte in molte zone alpine comporta spesso smottamenti e danni ai pascoli dei bovini allo stato brado che rappresentano per l’economia locale la principale fonte di reddito. Le richieste da parte degli allevatori di intervento per il contenimento del numero dei roditori sono notevoli come ci spiega Nerino, gestore della riserva in cui siamo ospiti e, trovano ascolto presso i cacciatori locali e non solo che giungono qui nel periodo consentito alla fine dell’estate per vivere giornate di caccia e raggiungere le quote degli abbattimenti previsti dai piani selettivi.
Video: Caccia alla marmotta in Tirolo
Racconto di una giornata di caccia alla marmotta sulle Alpi Retiche
Una delle cacciatrici che ha deciso di partecipare a questa esperienza è Vania Colpo, impegnata nella sua prima uscita di caccia alla marmotta e guidata dall’esperta Loretta, responsabile del corretto svolgimento dell’azione di caccia per conto della Riserva al confine fra Italia e Austria. Partiamo seguendo Vania e Loretta in una bella giornata tipicamente estiva, intraprendendo i sentieri che dalla baita in cui stiamo sostando si diramano verso le valli interne delle Alpi Retiche.
Procediamo in silenzio in fila indiana perché le marmotte sono selvatici diffidenti e vivendo in gruppo, sfruttano i sensi spiccati di vista e udito delle vedette che da punti strategici sono sempre pronte a captare l’arrivo di eventuali predatori lanciando il tipico fischio di allarme che permette al resto del gruppo di scomparire in pochi attimi all’interno delle gallerie. Il paesaggio che si offre alla nostra vista è incantevole, i colori dell’autunno stanno avanzando rapidamente rendendo suggestivo ogni angolo della montagna. Ci fermiamo spesso per delle pause in osservazione e dopo circa due ore di cammino notiamo una colonia di marmotte che sosta nel versante della montagna alla nostra sinistra, poco distante da un ruscello di acqua limpida che ci permette di rifornire le borracce. La nostra attenzione non è sufficiente ad eludere lo sguardo attento delle vedette e in un istante vediamo i selvatici letteralmente inghiottiti dai prati correre nei rifugi e diventare invisibili. Loretta consiglia a Vania un punto di osservazione da cui attendere che le marmotte, recuperata la calma e il silenzio, tornino allo scoperto perché le ore di luce pomeridiane sono ancora lunghe e concedono spesso nuove occasioni. Ci disponiamo così in attesa vedendo l’emozione di Vania crescere mentre sistema a terra sullo zaino la sua carabina calibro .222 in direzione delle tane da cui dovrebbero prima o poi uscire di nuovo le marmotte. Passano minuti interminabili di silenzio e concentrazione prima che Loretta faccia cenno a Vania di prepararsi perché alcuni adulti stanno tornando allo scoperto.
Anche noi con il nostro obbiettivo siamo focalizzati nello stesso punto in cui Vania ha puntato la carabina e sta prendendo ora accuratamente la mira. Un ultimo controllo attraverso il binocolo ci conferma che la marmotta adulta che Vania sta mirando è un esemplare maschio, per cui si può procedere al tiro. Aspirando l’odore forte dell’erba e del muschio in prossimità della roccia su cui sono sdraiato osservo la schiena di Vania trattenere il respiro e capisco che il momento è arrivato. La nostra amica lascia partire un colpo preciso che spegne immediatamente la marmotta sulla roccia in cui il suo corpo tozzo e robusto viene illuminato dall’ultimo raggio di sole.
Visibilmente emozionata e incuriosita dalla nuova situazione e dal selvatico che mai aveva cacciato prima, Vania procede al recupero e noi la seguiamo per osservare da vicino un selvatico che forse non immaginavo di vedere cacciato per quelli che sono dei pregiudizi mentali ed estetici che appartengono a categorie tipicamente umane e non alla natura che invece nel suo ordine necessario non riserva privilegi ai suoi abitanti. Le carni della marmotta ci spiega Loretta, sono molto apprezzate in questi luoghi e, una volta pulite dallo spesso strato di grasso rappresentano un piatto tipico. Non avremo il tempo di assaporare il risultato finale in cucina di questa esperienza di caccia, giusto quello di una foto di rito nel rispetto del selvatico e poi via lungo la strada del ritorno verso la baita. Ancora una volta, soltanto facendo esperienza diretta di luoghi e persone abbiamo conosciuto e dunque compreso nuovi aspetti della montagna, dei suoi selvatici e dei suoi abitanti, tutti figli di uno stesso cielo che troppo spesso dalla valle viene giudicato senza prima far lo sforzo di salire e sapere.