Come ogni anno purtroppo il momento della delibera dei calendari venatori assume sempre più l’aspetto di un’elargizione nei confronti di pochi irriducibili sognatori che pertanto va limitata, ristretta il più possibile e relegata ad un atto quasi di “pietà istituzionale”.
Il ruolo del cacciatore viene sempre meno riconosciuto e rispettato per ciò che davvero rappresenta, con il suo impegno e la sua dedizione nei confronti dell’ambiente che ama e deve necessariamente mantenere integro per far si che lo svolgersi della sua passione abbia un senso. Se non c’è ambiente non c’è selvaggina, quindi non può esserci attività venatoria e questo lo sanno perfettamente i cacciatori che nutrono senza segreti il sogno di vedere un mondo molto più incontaminato e selvaggio di quello che li circonda.
Da qui derivano tutti gli sforzi, ripristini ambientali in cui sono coinvolti in prima persona, i censimenti della fauna selvatica, il rispetto e l’istituzione di zone adibite al ripopolamento e alla distribuzione dei selvatici nelle aree meno prospere.
Ma, tutto ciò sembra non bastare e passare totalmente inosservato ad una società e una politica che sono pronte soltanto a condannare e ostruire ad oltranza soltanto l’atto finale di un lungo cammino, in cui con l’attività venatoria i cacciatori “prendono” dalla natura, una piccola parte di ciò che hanno contribuito a seminare.
Questo è almeno ciò che accade in Italia, come ci testimoniano gli ultimi provvedimenti restrittivi, in merito alla caccia alla selvaggina migratoria, da annotare subito dopo l’abbattimento nel tesserino, o il divieto dell’uso del cellulare durante la caccia nella Regione Emilia Romagna.
Un soggetto di cui sembra meglio diffidare il cacciatore in Italia dunque, da tenere sotto stretta sorveglianza, fino all’auspicabile esasperazione. In molti altri paesi, godiamo invece di quel giusto rispetto che una volta era riservato ai nonni, che nel nostro paese erano ovunque cacciatori, capaci di insegnare le leggi della natura ed il loro rispetto ai propri nipoti di generazione in generazione.
Cosa fare dunque? Prendere coscienza di questo stato inaccettabile di cose è sicuramente il primo passo decisivo, parlarne un dovere, ed infine, dimostrare di essere cittadini onesti e rispettosi che pretendono però di venire ricambiati, per avere un futuro e garantirlo anche alla salvaguardia dell’ambiente e della nostra passione. Beni questi ultimi da tutelare e mettere al riparo soprattutto dalle ideologie a senso unico e a buon mercato. Ad aiutarci in tutto questo, ci sono o dovrebbero esserci le Associazioni Venatorie, veicolo del pensiero e delle opere dei cacciatori nel Paese. Parliamo di questi temi con Alessandro Fiumani, presidente nazionale dell’Associazione Caccia Pesca e Ambiente, una realtà dinamica e consapevole che si impegna a favore del nostro mondo.