Una stagione indubbiamente altalenante e avara di beccacce quella appena trascorsa rispetto alle precedenti nelle regioni dell’Italia centrale. Temperature elevate, siccità e mancanza di venti favorevoli fino alla metà di novembre hanno reso inospitali e per questo completamente trascurate le zone solitamente visitate dalle beccacce di passaggio o scelte come destinazioni di svernamento. Siamo nelle Marche, la situazione cambia migliorando gradualmente ma in netto ritardo dall’inizio del mese di dicembre. Gli incontri iniziano a farsi più regolari ma mai abbondanti fino alle festività natalizie quando il primo freddo e finalmente le beccacce decidono di arrivare. Con loro, puntuale come una maledizione, una sentenza del Tar regionale che senza alcun motivo scientificamente fondato e nessuna ragione logica impedisce ai cacciatori di cacciare la beccaccia oltre il 31 dicembre, praticamente nel momento più consono e atteso. Fra l’amarezza che cresce e la voglia di sfruttare al meglio le ultime giornate rimaste decidiamo con Luca di vederci per la tradizionale giornata di caccia con i nostri cani, un piacere e ormai un dovere morale nei confronti della nostra amicizia e della comune passione a cui non rinunciamo. Una giornata in cui dall’alba al tramonto non concediamo ad altri pensieri di distrarci dalla caccia. Il calore del camino acceso mi accoglie come sempre nella casa di caccia dove senza fretta ci prepariamo a partire. Le previsioni non hanno deluso e il meteo sembrerebbe perfetto per le nostre intenzioni. Nevica sulle cime dei monti mentre una pioggia intermittente si prepara ad accompagnarci durante il cammino nei boschi di media altitudine che abbiamo scelto di perlustrare.
La caccia alla beccaccia è una partita sempre aperta, finisce quando si smette di crederci
Luca mette in campo la sua squadra consolidata di femmine setter, mentre io ho voluto lasciare a casa le giovani leve per riservare l’occasione soltanto al mio Vasco giunto alla sua ottava stagione e, dopo un periodo non facile in cui ha superato la sua battaglia con la leishmania sembra vivere una seconda giovinezza che mi riempie di gioia e non voglio in alcun modo frenare. Vedere un cane con il quale si è cresciuti a caccia ammalarsi, guarire e tornare a livelli di forma, è come avere una seconda chance, per capire semmai servisse, il senso effimero del tempo che scorre e cambia le vite che per questo meritano di essere vissute. Iniziamo le ricerche battendo luoghi che per Luca e i suoi cani ovviamente rappresentano percorsi abituali, ma in cui ormai anche io e Vasco ci orientiamo bene muovendoci dunque con passo agile e soprattutto senza rumore. Ai non cacciatori sembrerebbe paradossale parlare di amicizia vedendoci cacciare insieme, ma è proprio nel silenzio che si nasconde l’intesa e la reciproca fiducia fra me e Luca che non dobbiamo mai preoccuparci della posizione, della sicurezza e delle possibili iniziative dell’altro perché con un semplice sguardo o qualche breve commento al massimo, riusciamo a trovare costantemente la soluzione più congeniale nelle diverse situazioni. Passano i minuti, poi lentamente le ore e l’unica certezza che si consolida è quella di una pioggia e un freddo sempre più intensi.
Le ricerche dei cani procedono con buon ritmo costante e grande concentrazione nonostante nessun loro cenno indichi la presenza di un selvatico. Decidiamo di fermarci per una breve sosta, giusto il tempo di un panino quando abbiamo ormai superato la mezza giornata di caccia e le condizioni avverse sembrano in ogni modo preparare il terreno ad una delusione. In questi momenti solitamente ci si trova di fronte ad un bivio; rilanciare cacciando con ancora più grinta fino alle ultime luci mettendoci tutto il cuore e le gambe disponibili per non avere il minimo rimpianto, oppure rinunciare e rimandare a future migliori occasioni. La terza via, quella di un passo stanco e disilluso, di un cammino lamentevole non deve trovare spazio, altrimenti saranno tempo e fatiche sprecati per noi e i nostri cani. Altre giornate di caccia e altri video possono mostrare come io e Luca insieme siamo sempre fedeli alla prima via da seguire, senza esitazioni seppure con la fatica sempre pronta a fiaccare muscoli e morale. Il vento da nord incalza e la pioggia ora mista a neve ci convincono che da qualche parte, devono essere arrivate e potrebbero anche trovarsi concentrate le beccacce; è un pensiero fisso che ci sostiene, mentre cambiamo l'ennesima zona per scendere verso un crinale riparato dalla forza della tramontana. Le discese sono ripide e il fondo fangoso coperto di foglia suggerisce prudenza. Trascorrono altre due ore fino alle 14 del pomeriggio e mentre valutiamo il percorso più breve per raggiungere la via del ritorno Luca mi dice di vedere sulla sponda opposta del canale Vasco in ferma. Concentro lo sguardo e il palmare vibrando mi conferma la posizione del cane che ora vedo in ferma fra i ginepri nel bosco. Il tempo di accendere la telecamera ancorata alle canne del sovrapposto e poi una corsa verso il cane che mi attende seduto e al mio arrivo con uno sguardo che ben conosco mi conferma di stare pronto perché l’esito della partita è lì davanti ancora da scrivere. Mancano due ore al tramonto e quel che è accaduto dopo quella prima ferma lascio alle immagini del video il compito di raccontarlo. Un solo pensiero accompagnerà il mio ritorno a casa a notte fonda; è accaduto di nuovo, la natura ha custodito gelosamente i suoi frutti, ci ha messo ancora una volta alla prova fino allo strenuo delle forze per dimostrarci degni di poterli ricevere e apprezzare. Ancora una volta nei boschi ricevo lezioni che rendono il mondo un luogo migliore, dove l’essenziale emerge fra le poche parole di un amico e il respiro caldo di un cane sul volto che ti insegna a credere fino in fondo e lottare per tutto ciò che fai.