Siamo in terra umbra ed esattamente nella località collinare di Monte Castello di Vibio dalle parti della meravigliosa Todi, laddove gli amici Rino Barcaroli e Roberto Proietti, ci illustrano in una “palestra“ adeguatamente allestita, quelle che sono, ovviamente in base alla loro esperienza, le principali impostazioni per rendere maggiormente produttiva ogni uscita di caccia finalizzata a insidiare il colombaccio, sia nel periodo di passo sia nel corso della stagione sui luoghi di soggiorno e di pastura.
Quali sono le attrezzature minime indispensabili per avvicinarsi a questa forma di caccia?
Come ben sappiamo, tutte le forme di caccia, se effettuate secondo i corretti canoni venatori, dovrebbero rispettare principi di tecnica e di metodologia, frutto di varie esperienze tramandate da quelli che io definisco maestri del settore. Talvolta queste tecniche vengono carpite nel tempo, osservando quelli più capaci di noi, perché diciamolo francamente che la gelosia alberga nel cuore di noi cacciatori al pari di quella di un cuoco per le sue ricette. In particolare, per chi pratica la caccia al colombaccio, per far sì che questa diventi maggiormente redditizia dal punto di vista del carniere e quindi tale da soddisfare e giustificare l’enorme impegno messo in campo, non può prescindere dalla disponibilità di una attrezzatura specifica e dai preziosi volantini. Questi ultimi non sono altro che dei piccioni addestrati al volo libero su rilascio da parte del cacciatore allorquando, si profilano in lontananza, i branchetti di colombacci nel periodo di passo autunnale e nelle zone di soggiorno e pastura. I nostri amici umbri allevano e utilizzano prevalentemente piccioni ternani e livornesi i quali per movimento e livrea, risultano efficaci e molto attrattivi.
Le attrezzature consistono principalmente in cassette in legno per il trasporto dei piccioni dall’auto fino al capanno, sia esso permanente che temporaneo. Fondamentali le aste telescopiche realizzate in lega leggera, le quali possono raggiungere altezze anche di 15 metri, per consentire al piccione fissato alla estremità dell’asta, denominato stantuffo, di svettare al di sopra della chioma degli alberi, simulando la presenza del colombaccio in pastura. Il piccione con questa funzione dovrà avere caratteristiche ben definite. In primis dovrà essere docile, per consentire il posizionamento verso la sommità dell’albero evitando cadute dai piedistalli che si tramutano in inutili perdite di tempo. Altra caratteristica con risvolti attrattivi fondamentali nei confronti dei branchi di colombacci in transito, è quella che, una volta manovrato il cordino che aziona lo stantuffo, il conseguente movimento del piccione deve avere un volo leggero e in surplace, come se cercasse di restare per più tempo possibile sospeso in aria.
Completa la dotazione (che esponiamo in maniera sommaria in quanto ogni cacciatore di colombacci ha le sue convinzioni ed esigenze) la disponibilità di cordini per la manovra a distanza degli stantuffi o racchette, carrucole varie, ovviamente fucile e cartucce oltre che, l’immancabile colazione per sè e per i propri ausiliari quasi sempre di razza Breton in quanto particolarmente vocati al recupero dei capi abbattuti.
In ogni stagione, come sempre influenzato dalle condizioni metereologiche, inizia il passo autunnale. Nella prima fase si manifesta con la presenza di piccoli branchetti di colombacci fino ad arrivare al culmine dove chi come il sottoscritto ha avuto la fortuna di assistere a questi momenti unici, il cielo si riempie di maestosi volatili in un turbinio di puntini lontani che in una frazione di tempo diventano sempre più palesi. La zona intorno al palco pullula di colombacci e in questi casi, la calma dettata dalla notevole esperienza e la bravura dei volantini sapientemente manovrati, fa sì che la curata, ovvero la discesa dello stormo, lo porti a tiro di schioppo rendendo l’azione oltre che appassionante, anche efficace nel numero di capi abbattuti. Se la caccia al colombaccio effettuata dal palco fisso rappresenta un concentrato di organizzazione e tecnica, insidiare questi volatili nel periodo successivo al passo, ossia dopo che avranno scelto le zone di sosta e di pastura, diventa ancora più difficoltoso ma non per questo meno appassionante, anzi…
Le regole principali per la caccia al colombaccio da appostamento temporaneo:
Terminato il periodo di passo, allorquando i branchetti di colombacci si diradano in numero e frequenza, al cacciatore appassionato di palombe - come le chiamano in Umbria - non resta che andarle a insidiare in luoghi diversi e con un approccio particolare. Al mattino e con l’auto carica di tutte le solite attrezzature, ci si inoltra nelle tranquille strade di campagna laddove, se fortunati, è possibile individuare con occhio attento la presenza di colombacci solitamente attratti da pasture a loro congeniali quali ghiande ed edera. È importante capire anche le traiettorie che fanno per spostarsi dalle zone di sosta notturna a quelle di pastura. Di solito il colombaccio ha abitudini consolidate, quindi le due zone sono ben distinte e talvolta nemmeno tanto vicine tra loro.
La scelta di dove fare l’appostamento temporaneo oltre che dalle suddette traiettorie, è dettata anche dalla morfologia del territorio. La presenza di alberi, di vallate che si incuneano in pendii boscosi obbligando il colombaccio a fare un volo rasente alla vegetazione quindi maggiormente a tiro, rappresenta un valore aggiunto, anche se in questa forma di caccia nulla può essere dato per scontato. La stagione è fatta di successi e di sonore imbiancate, ma quando la strategia di caccia - perché di questa si tratta - porta a ottenere carnieri interessanti, allora la fatica di pesi sulle spalle, di scarpinate in sentieri fitti di vegetazione del sottobosco e di tanto altro, viene ampiamente compensata. Il cacciatore di colombacci è uno tosto e caparbio. È capace di mettere a frutto gli errori e far sì che l’esperienza, anche se negativa, porti in ogni caso a una crescita, come la regolazione continua di un motore per ottenere da questa la massima efficienza. Per ottenere risultati apprezzabili, è opportuno conoscere scrupolosamente il territorio in cui si caccia. Un territorio che ogni anno cambia in funzione della rotazione delle colture, degli incendi che purtroppo in alcuni casi devastano intere aree che poi vengono giustamente interdette alla caccia. Si passano anche ore girando in auto prima di affrontare le fatiche e l’impegno che comporta raggiungere le postazioni individuate per l’appostamento temporaneo. È un po’ come per la caccia al cinghiale, dove un’ora in più impegnata per la tracciatura non è mai tempo perso, anzi spesso è fondamentale per la riuscita della braccata.
Questa forma di caccia può essere praticata da tutti o si tratta di una caccia di nicchia e quindi riservata a pochi?
Nulla è impossibile se lo si vuole veramente e se si è disposti con umiltà e dedizione, ad impegnare il tempo che serve per arrivare a conseguire traguardi soddisfacenti. Certo, la caccia al colombaccio non la si inventa per caso. La tecnica è alla sua base e gli affinamenti frutto delle esperienze personali maturate nel tempo rappresentano quel valore aggiunto che trasforma un cacciatore da neofita a esperto. Ci vuole il suo tempo come tante altre cose della vita. Tanti invece infatuati dai risultati di amici e conoscenti, oppure attraverso foto ed esperienze di altri postati - anzi direi ostentati - sui social. a mio parere in maniera inopportuna, si fanno prendere dal facile entusiasmo per poi andare incontro a clamorose imbiancate che fanno rimuginare e pentire il tizio di turno, per aver lasciato perdere le forme di caccia precedentemente praticate.
Le armi e le munizioni più appropriate per la caccia al colombaccio da appostamento fisso o temporaneo:
Osservare attentamente l’orizzonte davanti a te stando più possibile nascosto al riparo del capanno, fissare tanti puntini in lontananza che man mano diventano sempre più marcati, vederti improvvisamente circondato da una branco di colombacci da non sapere dove indirizzare il tuo sguardo estasiato, sentire il fruscio delle loro ali in planata quale degna conclusione della perfetta curata, merito dell’instancabile azione dei tuoi piccioni volantini, suscita emozioni indescrivibili che invito tutti a provare almeno una volta nella vita da cacciatore. Quando sei circondato da centinaia di colombacci, vorresti poter disporre di un fucile ad “annaffiatoio” nel senso della sua massima efficacia. Così non è, quindi ci si deve affidare ad armi che non hanno nulla di specifico se non il fatto di non avere parti metalliche che riflettono. I colombacci sono molto sospettosi, soprattutto se hanno già preso qualche schioppettata nel loro tragitto di migrazione; quindi, massima mimetizzazione comprese le automobili al seguito, che se lasciate nelle vicinanze dell’appostamento, dovranno anch’esse essere camuffate con teli mimetici e altro, ricordando a tutti che stanti le attuali norme, è VIETATO il taglio e l’utilizzo di arbusti per realizzare capanni.
I più facili da ingannare sono i giovani dell’anno, ma sappiate che anche loro imparano immediatamente, sempre che riescano a farla franca tra una botta e l’altra.
Tornando ai fucili, non sono necessarie canne particolarmente lunghe o con strozzature eccessive e ancor meno piombo grosso in grammature pesanti. Come sempre ciò che conta è il migliore connubio tra fucile cartuccia, occhio e tempismo.
Ad esempio, i nostri amici umbri Rino e Roberto, tirano cartucce con piombo del 7 e vi posso garantire che pochi colombacci tra quelli tirati correttamente - e per questo intendo alla giusta distanza - vanno via feriti o padellati. Il buon risultato di un tiro lo si nota subito dalla nuvoletta di penne bianche rilasciate al momento dell’impatto con il piombo.
Ovviamente i semi automatici garantiscono i tre colpi e quindi maggiori opportunità, mentre per quanto riguarda le cartucce, sarebbe meglio utilizzare quelle caricate con polveri brillanti e veloci. Non ritengo sia il caso di addentrarci sulle marche ed altro perché ognuno di noi ha le sue fisse ed in ogni caso sarà poi la diretta esperienza a orientarci nelle scelte future che io chiamo di affinamento fisiologico.
Il colombaccio e il suo utilizzo nella preparazione di piatti succulenti. Come prepararlo nel rispetto delle tradizioni:
Infine, non poteva mancare l’argomento mangereccio che per noi cacciatori, rappresenta il culmine di tutti gli sforzi fatti, ma anche la degna consacrazione di questo volatile dalle carni saporite e particolari. In Umbria dove siamo stati ospiti, la ricetta regina con la quale cucinano i colombacci incarnierati, è quella delle palombe alla ghiotta. Ho provato a carpire i vari ingredienti e passaggi di questa ricetta dall’amico Rino, ma lui sostiene di essere solo una buona forchetta e basta. Secondo me mente spudoratamente, ma è abbastanza comprensibile. L’unica dritta che ci ha detto come se fosse al confessionale, è che la sua mamma, prima di preparare i colombacci sostanzialmente fatti in salmi, li passa prima allo spiedo raccogliendo il grasso che cola per poi riutilizzarlo in cottura. Su internet potete trovare varie ricette tutte diverse da loro e io che non sono da meno di Rino in fatto di forchetta, vi garantisco di averne assaggiate almeno cinque versioni e tutte ottime, ma alcune oserei dire paradisiache.
Alcuni con i petti ci fanno un paté dall’odore inebriante e dal gusto speciale. Mi chiederete che formato di pasta andrebbe meglio? Io dico tutte, a seconda dei propri gusti anche se le tagliatelle vanno per la maggiore. In ogni caso, questo paté - come diceva un mio amico che la sapeva lunga in fatto di leccornie - lo si potrebbe mangiare anche in testa ad un tignoso. Su una fetta di pane scuro debitamente bruscata, vi farà venire i brividi da quanto è semplice e buona allo stesso momento.
È risaputo che noi cacciatori, siamo anche degli ottimi intenditori e come dice il buon Andrea Aromatico, molto meglio un fagiano che un pollo di batteria, per non parlare di un crostino con i fegatini della beccaccia, una pappardella al sugo di lepre e tanto altro che la selvaggina può offrire e che non tutti hanno il privilegio di aver assaporato.
La caccia al colombaccio è molto impegnativa anche sotto il profilo fisico, non tanto nella mera azione di caccia, bensì nelle fasi di preparazione e altro, così che quando il passo si attenua e i morsi della fame si fanno sentire bussando alla porta dello stomaco, il cambusiere del gruppo si adopera per approntare su un tavolaccio posticcio ma che assomiglia alla tavola del Re, una robusta colazione composta da tutto quanto viene portato dai singoli componenti del gruppo per coronare una splendida cacciata andata alla grande, ma anche per lenire il dispiacere di una sonora imbiancata. Ovviamente anche il vinello è d’obbligo ma sempre con moderazione perché la strada per rientrare a casa è sempre lunga ed è meglio che i riflessi siano sempre al massimo.
Tutte le forme di caccia sono belle e interessanti se fatte con la giusta passione ma questa al colombaccio, la ritengo una tra le più intriganti. Semmai e nello specifico, il vero problema è quello di riuscire a raggiungere un livello minimo di risultati oltre il quale, gli stimoli per migliorare vengono da soli come una sfida a noi stessi. Una sfida fra le tante, che il cacciatore cercherà di vincere a tutti i costi prima di arrendersi e di alzare bandiera bianca.
“Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta“.
Sir Winston Churchill
VIVA LA CACCIA E VIVA I CACCIATORI