La caccia al cinghiale in braccata, tradizionale, efficace nei numeri, discussa nei modi, resta indubbiamente una delle forme di caccia più amate dagli appassionati della sfida fra segugi e selvatici.
Difficile poter mettere in discussione l’emozione provocata da una canizza che attraversa il bosco avvicinandosi, allontanandosi fino a perdersi per poi tornare di nuovo, prepotentemente fino a trascinare tutti i sensi di chi è lì in attesa nel vortice di quelle voci ancestrali che richiamano tutta la forza della natura.
Per i canai la fatica e l’adrenalina viaggiano di pari passo, per i cacciatori alle poste, lunghe attese silenziose si alternano ad attimi potenti come brividi in cui tutto si decide nei pochi momenti del tiro dove è sempre sottile la distanza fra una gioia e una delusione. Lo spirito di squadra riempie e corona tutto il resto, fra amicizie che si stringono e nuove esperienze che si tramandano fra anziani esperti e giovani sognatori.
È una giornata particolare quella a cui partecipiamo nella battuta di caccia a Piscin di Polvere, un territorio ampio, gestito dalla famiglia Gibellini nella figura di Francesco che all’interno monitora la presenza dei cinghiali. Siamo alle porte di Viterbo, nella Tuscia, una terra che vede la sfida fra uomini e cinghiali andare in scena da millenni. Qui si ritrovano per cacciare in braccate organizzate da Gibellini, cacciatori provenienti da diverse Regioni che possono approfittare di queste occasioni per conoscere un luogo ideale anche per l’addestramento dei segugi e per provare l’emozione della caccia al cinghiale in un contesto tipico, quanto sicuro e ben organizzato.
La tradizionale colazione si svolge alle prime luci del mattino, mentre i cacciatori vengono istruiti sulle norme di sicurezza e le regole da seguire durante la caccia. I canai, fra cui c’è immancabile il nostro Vincenzo Spaccapeli con la sua muta di segugi Ariegeois si preparano alla sciolta munendo i cani dei corpetti protettivi perché la sfida con i cinghiali possa essere meno cruenta e pericolosa possibile. I mezzi della Riserva si dispongono per accompagnare i cacciatori alle poste assegnate e anche noi ci apprestiamo a raggiungere le nostre che speriamo siano fortunate per l’occhio delle nostre telecamere. Non tardano a farsi sentire le voci dei segugi incalzate da quelle dei canai e i boschi che si estendono per due montagne e oltre 120 ha di terreno prendono ad animarsi. È ricominciata una fra le storie più antiche del mondo, i grugniti dei cinghiali che si fermano nel bosco per dare battaglia ai cani si alternano a fughe silenziose e rapidissime nei prati che spezzano la vegetazione. Arrivano le eco dei primi spari, qualche commento alle radio, tutto tace poi riprende, in un continuo susseguirsi di silenzi ed esplosioni. Il suono del corno mette fine alla mattina di caccia, ma non alla voglia dei cacciatori di stare insieme, ritrovarsi a scambiare idee simili o diverse ma che conducono intorno allo stesso tavolo in cui la passione vince su tutto mettendo d’accordo ogni animo. Buona visione.