Un sentimento o una passione sono spesso il risultato di un giusto incontro che riesce a svelarci nuovi sconosciuti aspetti di noi stessi di cui scopriamo di non poter fare più a meno perché cambiano da quel momento in meglio la nostra vita. È così che molti momenti acquistano un senso diverso e irrinunciabile, un sapore nuovo e più intenso che ci porta a percorrere sentieri e vivere emozioni a cui riusciamo finalmente a dare un nome riconoscendoci in essi. Si può incontrare la caccia nel corso del proprio cammino di formazione giovanile, oppure perché immersi in un contesto sociale e culturale in cui questa investe un ruolo importante, rappresenta un denominatore comune; oppure come nel caso di Vania si può incontrare la caccia per amore, di un uomo e della natura, iniziando a scoprirne gli aspetti che inevitabilmente entreranno a far parte di noi e di una storia condivisa.
Gestiscono insieme un ristorante nei pressi dell’Altopiano di Asiago Vania e suo marito Francesco, un locale accogliente dove arrivo in una fresca serata di settembre. Vengo salutato con una tagliata di cervo che mi fa sentire subito di essere arrivato nel posto giusto e in ottima compagnia. A tavola i discorsi di vita e di caccia si intrecciano e fra un ricordo e un progetto organizziamo la nostra partenza per l’indomani alla volta della vicina Austria dove in una riserva gestita da Italiani si potrà svolgere la caccia al camoscio secondo i piani di abbattimento previsti. Molto prima dell’alba siamo in viaggio con la famiglia di Vania al completo che coglie l’occasione della fine della dura stagione lavorativa estiva al ristorante per godere una meritata vacanza. Mentre avanziamo fra i tornanti del Passo del Rombo un paesaggio sempre più vario si divide fra pascoli brulli e dorsali boscose dove le Alpi segnano in modo caratteristico e riconoscibile queste terre di confine ricche di fascino e storia.
Due giornate di caccia al camoscio
La piccola malga dove alloggiamo a pochi chilometri dal Passo è tipica e ben allestita, ricca di trofei che segnano il passaggio di tanti cacciatori ognuno con la propria storia e un ricordo vissuto fra queste valli. La circostanza è particolare e per questo molto stimolante per chi come me cerca sempre qualcosa di nuovo da raccontare per far conoscere le molteplici sfaccettature di questa antica arte che è la caccia, che in ogni angolo, paese o casa ha un modo diverso e unico, eppure condiviso per essere vissuta. Procederemo alla cerca camminando lungo la valle e osservando le dorsali dei monti dove in questo periodo non è semplice, ma neanche impossibile osservare e sorprendere qualche bell’esemplare di camoscio. Selvatici gregari, i camosci alla fine dell’estate si trovano più frequentemente nei punti più in ombra, meno esposti al calore del sole ancora tipicamente estivo, a varie altitudini, vista la relativa abbondanza di risorse alimentari. Bovide e ruminante, il camoscio trascorre gran parte del tempo alla ricerca di cibo, seguendo una dieta non troppo selettiva per poi restare al riposo all’interno dei boschi adiacenti alle zone di pascolo, nascosto dai possibili predatori. Il dimorfismo sessuale nella specie non è particolarmente marcato, gli esemplari di entrambi i sessi posseggono le corna che nel maschio hanno maggiore spessore e l’uncino più marcato rispetto alle femmine. Le dimensioni sono simili e la scura barba dorsale presente in ogni caso. Soltanto un’accurata osservazione a distanze non estreme permette di individuare gli organi sessuali maschili.
Il meteo sembra clemente anche se variabile in alcuni momenti, come è normale che avvenga in montagna oltre i duemila metri di altitudine. Vania procede con passo sicuro e allenato mentre io la seguo fermandomi di tanto in tanto ad osservare la bellezza del paesaggio con il binocolo cercando di cogliere la presenza di qualche selvatico. Trascorrono rapide e piacevoli le ore in cammino, concedendoci qualche sosta per parlare di questa nostra passione così incomprensibile per qualcuno eppure così naturale, poetica e in sintonia con la natura in cui siamo immersi e di cui ci sentiamo ovviamente parte. La pioggia ci sorprende poi ci lascia continuare senza problemi il cammino. Osserviamo finalmente qualche camoscio irraggiungibile che dall’altra parte della montagna di fronte a noi trascorre indisturbato le calde ore pomeridiane all’ombra di larici secolari.
Decidiamo su consiglio dell’organizzazione della riserva di cambiare zona, abbassandoci di quota all’interno di una valle esposta a nord dove l’ombra, il fiume con la sua umidità e i boschi circostanti, creano un habitat ideale per l’alimentazione e il rifugio dei camosci. Osserviamo attentamente un crinale ghiaioso che sovrasta il letto del fiume e finalmente mettiamo a fuoco nitidamente le sagome di due splendidi camosci adulti al limite di un bosco di larici.
Abbattimento e recupero del selvatico
Abbiamo la conferma di poter procedere con l’abbattimento, dunque mi allontano di qualche passo lasciando a Vania la tranquillità necessaria nel momento decisivo del tiro. Il suo Kipplauf calibro 7 Remington Magnum è ben appoggiato allo zaino alla base di un vecchio albero caduto e vedo il suo sguardo concentrato nell’ottica alla presa di mira. Un colpo sordo interrompe per un attimo l’unica nota sonora delle acque del torrente che scorrono impetuose. Il camoscio perfettamente colpito all’altezza della spalla crolla istantaneamente verso valle spento immediatamente dal colpo sicuro.
Sparisce nella vegetazione il secondo camoscio lasciandoci soli con le nostre emozioni e la gioia incontenibile di Vania che dopo un lungo periodo di preparazione è riuscita a conquistare il suo selvatico. Niente nella caccia, soprattutto qui succede per caso; il cammino di formazione di ogni cacciatore per arrivare al suo momento di abilitazione al prelievo è giustamente impegnativo per giungere a diventare esperto e consapevole. Gli abbattimenti dei camosci avvengono dopo attenti censimenti e i piani di prelievo tengono quindi in considerazione la perfetta conservazione delle popolazioni di camoscio e se possibile, eliminando qualche esemplare vecchio o in difficoltà, aumentarne le potenzialità generali di crescita e salute. Quando tutto avviene correttamente la soddisfazione è comprensibilmente grande e il pensiero immediatamente successivo all’abbattimento corre al recupero del selvatico, delle sue carni e all’ammirazione anche di quel trofeo che avrà il compito e la forza di rievocare nel tempo solamente guardandolo ogni singolo istante di queste giornate di caccia.
Il tronco di un vecchio larice ha fermato la caduta del camoscio verso valle, costringendoci a un recupero difficoltoso, fra rocce imponenti nel primo tratto e terreno viscido senza possibilità di appiglio nella parte finale del cammino. Qui si percepiscono chiare le caratteristiche necessarie delle attrezzature e degli accessori che rendono la caccia un’attività possibile e sicura da svolgere, partendo dagli scarponi ai piedi. Accompagniamo Francesco fino all’ultimo tratto al di sotto del punto di caduta del camoscio per poi guidarlo con l’aiuto delle immagini appena registrate a trovare il selvatico nascosto dalla vegetazione.
Vania che ci aspetta a valle, ci saluta esultante quando arriviamo con il suo camoscio, una splendida femmina di oltre due anni che ora le sue mani esperte sapranno celebrare in cucina. I bambini di Vania osservano ammirati ogni particolare di quel selvatico, i colori, le corna uncinate, la perfezione di ogni particolare anatomico degli zoccoli che permettono ai camosci di muoversi con tanta leggerezza e sicurezza in territori alla vista impraticabili. I colori dell’autunno che avanza iniziano a notarsi anche nelle sfumature del vello che diventerà sempre più scuro e folto nel periodo invernale. È la natura che si svela a piccoli e sudati passi a chi è pronto e curioso di conoscerla, nel suo volto più vero, onesto e necessario, con un rispetto che niente ha a che vedere con l’idealizzazione né tanto meno l’umanizzazione di ciò che umano non è, bellissimo proprio per questo, perché altro da noi ma capace di mostrarci davvero chi siamo. Spero di tornare presto ad Asiago, per assaporare le carni cucinate da Vania e Francesco di quella femmina di camoscio, protagonista di una storia e di una caccia che oggi sento anche un po' mie.