Si aspetta, fondamentalmente è una sfida di attenzione e pazienza quella con il colombaccio. Una caccia che si snoda fra lunghe attese e pochi attimi decisivi in cui ogni scelta e movimento devono essere calcolati e gestiti con esperienza per vedere concretizzarsi le fatiche e le emozioni della stagione. Un volantino lanciato nel momento inopportuno, una palpa incerta, una disattenzione nel mimetismo bastano a mettere in allarme e perdere stormi di colombacci a chilometri di distanza.
Per questo non si finisce mai di ricevere lezioni e imparare; per migliorare il proprio modo di cacciare e rendere migliore anche l’appostamento che richiede lavoro e modifiche quasi costanti agli appassionati. Rappresenta una sorta di seconda casa nel periodo autunnale il capanno, munito di tutto l’occorrente per rendere magiche le ore trascorse con gli amici che resteranno indimenticabili. Un tempo la caccia tradizionale prevedeva esclusivamente il tiro a fermo sui colombacci che credendo al richiamo dei volantini arrivavano a fermarsi in prossimità degli alberi intorno agli appostamenti. Oggi sono molto più diffusi gli appostamenti che prevedono l’avvicinamento dei colombacci e il tiro a volo ritenuto da molti più sportivo oltre che divertente, ma non mancano come sempre diverse interpretazioni e correnti di pensiero a favore dell’una o dell’altra tecnica.
Una giornata di caccia al colombaccio
È in uno di questi appostamenti, nato quasi un secolo fa per la caccia al colombaccio e il tiro a fermo, evolutosi nel tempo per il tiro a volo che veniamo accolti da Giancarlo Vallesi, suo figlio Enea e una piacevole compagnia di amici marchigiani. Ci troviamo in collina, nella media valle del fiume Tenna, con i monti Sibillini alle spalle e il mare a sud in lontananza ad aprire l’orizzonte alle nostre speranze dalle prime luci del giorno. Siamo alla metà del mese di ottobre nel momento centrale della migrazione dei colombacci che in questa stagione sembrano aver anticipato i tempi con spostamenti consistenti dalle prime giornate del mese. Complici indubbiamente le condizioni meteo con venti favorevoli e cieli sereni che hanno favorito il transito degli stormi in migrazione. L’appuntamento ci vede arrivare ancora a buio mentre si svolgono le consuete operazioni di preparazione dei richiami. All’interno del bosco di querce secolari seguiamo un sentiero che ci conduce ai due appostamenti piuttosto alti che svettano sulla valle e ci prepariamo a salire non prima di aver consumato il primo caffè della giornata nella casa di caccia dove la compagnia trascorre tutti i momenti di pausa. Che siano giornate di buon transito ci viene confermato dai primi tordi che sorvolano gli appostamenti mentre siamo ancora impegnati nell’organizzazione delle postazioni. L’età media dei partecipanti è piuttosto giovane e l’attesa che inizia con gli occhi attenti verso i boschi della valle è un tempo fatto di racconti e risate che rendono la caccia ancor più piacevole e i pensieri positivi sul futuro di questa passione immortale.
I piccioni svolgono i primi voli di ricognizione sulla valle e gli effetti non tardano a farsi vedere. Nel rosa ancora acceso dell’aurora si disegna il profilo dei colombacci che avanzano virando decisi sugli appostamenti. Si comincia! Il fiato si trattiene e lo sguardo cerca di seguire i selvatici in avvicinamento fra le fronde che mimetizzano l’appostamento; l’uscita allo scoperto dei cacciatori e gli spari sono e devono essere necessariamente simultanei, fatti di un’intesa che si crea nel rispetto delle posizioni e nel piacere della condivisione di momenti di gioia fra tiri andati a segno e immancabili errori che fanno parte del gioco. C’è spazio e modo per tutti di vivere le proprie occasioni.
Ad ogni abbattimento segue ai piedi del capanno l’intervento tempestivo e puntuale di Chicca e Alessandro, due recuperatori formidabili, una dolcissima Epagnuel Breton la prima, un piccolo e intelligentissimo cacciatore il secondo. Guardando il bosco sotto gli appostamenti si incrociano spesso i loro occhi accesi di passione che aspettano gioiosi il momento di intervenire. Alessandro è il futuro di questa passione e di questo luogo, un bambino di 9 anni che giunge con il papà fino agli appostamenti, restando poi a terra a seguire lo svolgimento della caccia e di ogni aspetto tradizionale ad essa legato che lui contribuisce a portare avanti, fiero e consapevole che il suo momento arriverà. In queste occasioni è impossibile non pensare a coloro che giudicano la caccia senza la possibilità di assistere a questi momenti né capirli.
Le ore trascorrono fra colombacci che planano sugli appostamenti e molti altri che non credono minimamente al richiamo dei volantini e puntano dritti verso i monti e le future destinazioni invernali. Un senso di pace e allegria pervade la piccola casa di caccia nel momento del ritrovo per il pranzo dove sono immancabili i commenti minuziosi di ogni singola azione vissuta.
Ogni volta in queste situazioni di caccia sono tanti gli interrogativi che mi accompagnano alla fine delle giornate. Inspiegabile capire perché e dove il mondo intorno vada così di fretta alla ricerca di un’apparenza felice, come si possa viceversa perdere tanto tempo prezioso ad odiarsi mentre le stagioni scorrono e la natura ha così tanto da mostrare.
Domande che per noi cacciatori trovano la risposta nell’alba successiva, nel silenzio e nelle parole tremanti sussurrate ad un amico mentre nel cielo, arrivano chissà da dove, i colombacci.