L’alba arriva presto, l’attesa si scioglie nel caldo della sveglia e ancor prima gli odori degli indumenti, l’inventario dell’attrezzatura, il controllo dell’arma scandisce il conto alla rovescia. Sembra già cosi lontana quell’estate che ci ha tenuti distanti dalla macchia e se non fosse per questo insolito caldo il tuffo sarebbe ancor più vissuto e sentito. La nuova stagione del cinghiale ha preso il via in ottobre e anche le regioni novembrine si accodano ormai al nuovo corso. Si spengono improvvisamente dibattiti e timori sulla “fine della caccia”, su leggi distorte che “limitino la braccata”, su gruppi isterici che “violentano la ragione” insinuando velleitarie incertezze. Tutto scompare, con un solo tocco, in un momento, il buio che avvolge la testa e ti accompagna durante il lungo, lunghissimo periodo di pausa, è spazzato via da luce e aria fresca. L’esercizio della caccia eseguito con diligenza durante il periodo dell’addestramento, torna per i cani ad essere mestiere, lavoro duro. La fatica di solcare macchie e risalire pendii, attraversare fossi e scorgere impercorribili sentieri nei boschi, si trasforma in meraviglioso sfinimento, struggente a volte nel caldo che spezza le gambe quest’anno, ti fradicia e mescola sudore e rovi in una miscela che affacciati ai primi pomeriggi di battuta diventa perdita di senno a volte. Una prova di endurance a tutti gli effetti, con l’aggravante di non avere nemmeno ristori durante le lunghe ore di marcia e bracca.
La popolazione dei cinghiali è davvero cresciuta?
La popolazione dei cinghiali cresce in numero vertiginoso, ma si addensa in aree sempre più imprevedibili e in alcuni casi abbandona di fatto quelle consuete e storicamente frequentate. L’accoglienza riservata loro dall’uomo, la mancanza di nutrimento nelle macchie diventate in estate aride zone in cui è impossibile anche scavare, la presenza di predatori già pronti a sostituire il cinghiale tra i problemi faunistici da sistemare nell’immediato futuro, sono tutte condizioni che trascinano branchi interi spostandoli sul territorio senza un’apparente ragione naturale. Negli stessi areali si contano branchi al pascolo di 40 o 50 capi e poco più in là si lotta per capire se un solengo sia rimasto o no a soggiornare in zone di solito altamente vocate. Sono dinamiche stagionali, è vero, condizioni che al di là di tutto si ripetono in maniera ciclica, come la raccolta dei funghi. Eppure la rapidità con cui questi eventi ormai accadono rende difficile anche quotare la presenza effettiva degli animali. Dall’allarme per il numero eccessivo e l’assalto ai cassonetti e ai passeggiatori nelle metropoli, fa da contraltare l’osservazione realistica e competente dei nuclei dei tracciatori delle squadre: “Quest’anno non ci sono tanti cinghiali come la scorsa stagione”. Una dichiarazione che lascia spazio a interpretazioni, mi spiego: da una parte i numeri eccezionali dello scorso anno sono e saranno quasi impossibili da ripetere, un’annata importante, in cui il lavoro di cani e uomini ha decisamente contribuito ai sempre più ambiziosi piani di abbattimento. Dall’altra resta sempre l’incognita dell’estemporaneità, la massiccia presenza di fungaioli nelle macchie negli ultimi 2 mesi ha sicuramente disturbato gli animali rendendo difficile la tracciatura e la lettura delle presenze costanti, castagne e ghiande vincolano invece grandi gruppi di cinghiali in aree protette lasciandoli affacciare fuori confine in dicembre o gennaio quando il foraggio offerto dalle macchie sarà terminato, allora lo scenario potrebbe nuovamente cambiare. Sono esempio i numeri di abbattimenti della squadra degli amici di San Martino / Tre Croci che per consuetudine fino alla fine di dicembre faticano a superare i 60 abbattimenti, per arrivare ad alcune centinaia solo nel mese di gennaio.
Le prime battute al cinghiale sono sempre le più dure...
Le prime avventure sono e saranno quelle più difficoltose. Manca il fiato, a tutti, manca la gamba, a tutti, uomini e cani devono “rifare il piede” e il cuore allo sforzo della giornata e proprio quel caldo di cui dicevamo sopra non rende certo facile l’adattamento rapido. Per chi ha seguito i consigli e ha attivato un allenamento regolare e progressivo nell’ultimo mese troverà i segugi in discreta forma e capaci di organizzare seguite al sopra delle aspettative, per chi più pavidamente “accende il motore dei cani” la mattina dell’apertura dovrà accontentarsi di sentire qualche fiammata accendersi e poi veder calare le performance rapidamente, quasi a non riconoscere i propri cani. L’ottobrata, i 30 gradi di Palermo, i 25 delle nostre zone, ci costringono a rivedere anche la scelta delle battute, privilegiando quelle più contenute, con la presenza di acqua per i cani, con i sentieri meglio marcati per rendere la vita facile ai canai.
Si evitano cacciate impegnative, in particolare in luoghi impenetrabili, in cui i cinghiali hanno trovato riparo già in febbraio e per farli allontanare serve uno sforzo eccezionale che nelle prime cacciate potrebbe essere irraggiungibile. I cani vanno aiutati, sostenuti, dove l’acqua scarseggia dobbiamo provvedere a posizionare punti di ristoro in cui potersi abbeverare, sono determinanti, per la salute del cane stesso prima ancora che per l’esito della cacciata. Molti dei segugi non hanno ancora un peso forma ideale, sono goffi e lenti nello sfuggire alle lunghe zanne dei cinghiali che non vogliono abbandonare i loro possedimenti, essere sulla seguita e cercare di concedere poche pause al cinghiale è determinante, cosi come non alzare un “fuoco” eccessivo che metta in guardia i selvatici chiudendo loro le vie di fuga. Il cinghiale non va mai accerchiato e deve avere sempre un punto ampio di fuga per correre verso le poste o i primi a rimetterci sono proprio i cani.
L'utilità del giubbotto protettivo per i cani
L’utilizzo dei giubbotti protettivi resta sempre il primo indiscutibile strumento di protezione. Immagino gli scettici, fortunatamente sempre meno, che insistono con il sostenere che il cane perde capacità venatoria o durante le prime cacciate soffre terribilmente il caldo. Che il cane corra con un ”cappotto” questo è evidente, ma non è vero che perde di velocità o talento venatorio. Che il cane soffra maggiormente il caldo specie in questo periodo è altrettanto evidente, ma la protezione offerta da questi strumenti resta l’unico modo per ridurre, non eliminare del tutto, ma ridurre significativamente il rischio di ferimenti o addirittura di perdere il cane.
La nostra squadra ha cominciato con un buon piglio, i segugi sono andati ancora una volta al di là delle aspettative, le seguite sembrano essere rimaste ancorate saldamente alla fine della stagione precedente. Sentiamo spingere con veemenza i cinghiali dalle 9 fino al pomeriggio inoltrato, senza pause, senza tentennamenti, un segnale davvero importante. In molti presentano in muta i giovanissimi, soggetti agli esordi che richiedono attenzioni particolari, molti sono segugi di pochi mesi che hanno tuttavia avuto una preparazione solida e fatto training sulle caratteristiche principali della braccata. Abbiate sempre un occhio sul cinghiale e uno sui giovani cani, le loro reazioni, il movimento delle orecchie, il modo in cui portano la coda, in cui si interessano o sfuggono o ignorano la confusione della seguita, sono tutti segnali che vi lasciano intuire il loro grado di preparazione e predisposizione. Abbiate la giusta sensibilità di instradarli con pazienza, senza spingerli immediatamente dentro la bagarre, il cane, pur di giovane età, sa perfettamente quando arriva il suo momento, a noi sta solo il compito di assecondare la sua volontà.
Buoni cinghiali a tutti.