I fatti
Il Giudice per le indagini preliminari di Palermo, in data 19/7/2018, condannava G.I., G.M., V.R., e F.P. alle pene di legge per il reato di cui all’art. 110 c.p. e 30, comma 1. lett. B. in relazione all’art. 21 comma 1 lett. R, della Legge 157/92 per aver usato richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico con amplificazione del suono nel territorio della città di Palermo in data 15/5/2018.
G.I. a quel punto rilevava che l’utilizzo di richiamo elettronico non costituiva reato dato che, per configurare il reato previsto dalla 157/92 l’utilizzo dello stesso deve aversi in atteggiamento venatorio e cioè mediante la disponibilità, al momento dell’utilizzo degli stessi richiami, di mezzi idonei all’abbattimento e al prelievo di selvatici. Rilevava quindi che, al momento dell’accertamento avvenuto da parte dei Carabinieri Forestali lui ed i suoi sodali erano assolutamente sprovvisti di tali mezzi.
Gli altri convenuti in giudizio eccepivano sostanzialmente le medesime motivazioni, sollevando la mancata presenza al momento controllo da pare delle Forze dell’Ordine, di mezzi idonei all’abbattimento e al prelievo dei selvatici.
Cosa dice la legge
Nella questione appena esposta e attentamente analizzata dalla Cassazione, una tra le questioni e fattispecie giuridiche di maggiore rilevanza è certamente l’atteggiamento venatorio. Per capire cosa la legge intenda con atteggiamento venatorio è necessario prendere in esame l’art. 12 della 157/92 che definisce l’atteggiamento venatorio “ogni atto diretto all’abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l’impiego dei mezzi di cui all’art. 13”.
La disponibilità, quindi, dei mezzi di cui all’art. 13 costituisce il discriminante per considerare un soggetto in atteggiamento di caccia al momento di un controllo da parte delle Forze dell’Ordine.
La sentenza
Tornando alla questione di cui sopra, i giudici della Corte di Cassazione hanno ben considerato quanto previsto dal dato normativo appena analizzato. In particolare rilevavano che la mancata disponibilità di quei mezzi atti all’abbattimento e al prelievo di selvaggina non può certamente indicare la commissione del reato ai soggetti contestato. La condanna veniva quindi annullata.