Non esiste un tipo di caccia ma solo la caccia. Ogni cacciatore nel rispetto delle norme e dell’etica venatoria, deve sentirsi libero di praticare la propria passione come meglio ritiene opportuno. Il metodo di caccia, il calibro dell’arma, il tipo di ausiliario, i luoghi teatro delle uscite in campagna, direi anche la scelta dei compagni di caccia, sono solo semplici distinguo del tutto personali che vanno rispettati a prescindere perché la forza di noi cacciatori, non può essere ciò che è diverso tra uno e l’altro ma ciò di fondamentale che ci unisce.
Quando la vita ti dà la gioia di incontrare un giovane cacciatore come Mirco, forte del suo entusiasmo contagioso e della sua indiscussa competenza, l’orgoglio di essere parte di questo meraviglioso mondo, mitiga le spinte avverse e i continui attacchi ai quali siamo sistematicamente e strumentalmente esposti. Non è facile mantenere la calma, la razionalità e l’equilibrio soprattutto quando l’ipocrisia di chi ci critica rasenta il ridicolo, quando l’indignazione per la cattura pur lecita di una preda, supera addirittura il disgusto per l’interruzione di una vita umana o quando ci si sente europei a giorni alterni, sovvertendo norme valide in altri paesi (storno docet), senza alcun fondamento scientifico.
Solo una leale compattezza tra noi cacciatori, con un unico obiettivo comune senza ipocriti e inutili steccati su cosa sia meglio o cosa sia più importante, su quale forma di caccia sia più nobile o su quale razza di cane sia più blasonata, ci potrà indicare la strada maestra e dare le migliori motivazioni verso un futuro nel quale la caccia a 360° ma soprattutto la gestione della fauna e dell’habitat nel quale vive e si sviluppa, potranno trovare nuovi seguaci di Diana, disposti a sacrificare una parte del loro tempo, per poter praticare liberamente una passione senza confini e mai anacronistica.
La caccia sta cambiando come il Mondo
È da sciocchi non capire che il mondo e con esso la caccia, stanno cambiando profondamente, avviandosi verso un destino incerto e nebuloso, dove la caparbietà degli uomini in generale e dei cacciatori in particolare, può rappresentare quel valore aggiunto nel quale ciascuno di noi con le sue propensioni e la sua idea di socialità e di ambiente, potrà contribuire e a definire la fisionomia di quello che sarà il futuro cacciatore.
Come si dice, la lingua batte dove il dente duole. Riprendendo invece la frase iniziale, oggi in compagnia di Mirco e di Alessandro, abbiamo percepito (eravamo scettici in proposito), la notevole spinta che il mondo venatorio può dare nella gestione del territorio laddove per svariati motivi, si dovessero presentare alterazioni all’habitat rurale e all’ecosistema in senso lato, con ricadute negative in quel mondo agricolo già stressato da logiche di mercato globale incomprensibili e deleterie per l’economia regionale e nazionale.
A caccia di cornacchie, una minaccia per l’ambiente e per le colture
Abbiamo assistito e contribuito alla caccia alla cornacchia in un contesto meteorologicamente gradevole (giornata fredda ma tersa) nelle campagne intorno alla bella cittadina di Todi, alla preparazione direi meticolosa se non addirittura maniacale del capanno e della parata, entrambi prospicenti a un campo arato e seminato solo da pochi giorni e precedentemente individuato con occhio sagace da parte dello stesso Mirco.
La cornacchia è densamente presente in tutta la zona, tanto da rappresentare un serio rischio non solo per le colture (sono ghiotte dei semi appena deposti nel terreno), ma soprattutto di qualsiasi nidiaceo, arrivando a predare piccoli di fagiano o di lepre nei primi giorni della loro vita.
In questo contesto, SOLO la lodevole azione di cacciatori come Mirco che nel suo genere definirei più unico che raro, è possibile o quantomeno si tenta di limitare la crescita e la diffusione di questa specie la quale se portata a livelli eccessivi e senza alcun metodo pianificato di contrasto da parte dell’uomo, per diventare anch’essa una specie nociva come del resto è già accaduto con le volpi, cinghiali, caprioli ecc. viceversa se adeguatamente contenuta, anche la cornacchia svolge una sua importante funzione, perché la natura come ben sappiamo è perfetta e nulla ha lasciato al caso.
Inutile nascondere le numerose difficoltà che questa forma di caccia ha insite in sé. La prima è che si tratta di una specie tra le più intelligenti in assoluto. Dispone di uno spiccato senso gregario e territoriale dove nulla sfugge alla sua vista micidiale quindi, l’allestimento del capanno, la parata, l’abbigliamento oltre che la cura minuziosa di tutti i particolari compresa la “cornacchia vedetta “, debbono rispettare un metodo direi quasi scientifico tale per cui solo con questo modus operandi è possibile raggiungere obiettivi importanti e ottenere un carniere ragguardevole.
Non a caso ho utilizzato il termine “carniere“ perché al contrario di quanti come me pensano o pensavano che la cornacchia non avesse alcun valore gastronomico, Mirco anche su questo aspetto ha saputo sorprenderci piacevolmente. Con le parti nobili di questa preda (petto e cosce) e secondo una ricetta di un suo amico del Nord, rivista e corretta con la collaborazione della sua amabile nonnina, è riuscito a dare un valore nutrizionale apprezzabile anche alla cornacchia che noi, da cortesi ospiti e da buone forchette, non mancheremo di onorare al prossimo incontro in terra umbra.
L’epilogo della giornata di caccia non poteva essere migliore. Mirco in nostra presenza è stato avvicinato e gratificato dal contadino che da poco aveva seminato il campo e questi lo ha invitato a ritornare quanto prima sui suoi terreni per ripetere questa azioni di “bonifica “.
La cosa non sarà possibile nel breve periodo in quanto la cornacchia come spesso accade anche per altri tipi di selvaggina come ad esempio la lepre, attiva una sorta di auto protezione allontanandosi per un certo dal territorio dove ha preso o sentito le schioppettate o dove in genere, ha percepito un pericolo per sé o per il suo branco.
Il prototipo del cacciatore del futuro
Per quanto può valere il mio personale giudizio, considero Mirco il prototipo e il buon esempio del cacciatore futuro. Senza la corretta gestione del territorio, rinunciando anche a parte del proprio tempo o magari facendone una vera e propria passione come riesce a fare lui, finiremo per essere tutti relegati in solo zone a pagamento ed è questo ciò che vogliono chi è contrario alla caccia, come unica alternativa alla chiusura totale portata avanti a colpi di ripetuti referendum appoggiati da frange politiche opportuniste.
Rendiamoci sempre più strumenti per la gestione del territorio. Serriamo ancora di più il rapporto con il mondo agricolo e pastorale, rispettando le loro esigenze e venendo incontro a particolari situazioni di contenimento anche laddove le specie come la cornacchia, volpe ecc. non rappresentano un’attrattiva venatoria ma un solo un “apparente” perdita di tempo e denaro che ovviamente così non è.
Grazie Mirco per averci dedicato il tuo tempo e grazie per averci fatto aprire meglio gli occhi sul tuo mondo o come ha già detto qualcuno sulla “caccia degli altri”, attività che dovrebbe diventare quella se non prioritaria, almeno in parte, la caccia di tutti noi cacciatori in funzione delle proprie specifiche attitudini e interessi venatori.
Viva la caccia e viva i cacciatori!