Nella mia carriera di cacciatore di cinghiali sono sempre stato una “posta”. Da qui ho avuto il piacere di partecipare a tante braccate, alcune realmente memorabili. E tra i miei ricordi le cacciate memorabili sono state quelle dove ho potuto ascoltare il lavoro dei segugi, non certo quelle dove si sono abbattuti venti o trenta cinghiali. In questa caccia, almeno a mio parere, conta più la qualità della quantità: mi sono divertito di più in braccate in cui un solo cinghiale si è fatto inseguire per ore dalla muta dei segugi urlanti, che in braccate fortunate, in cui quasi tutte le poste hanno avuto l’opportunità di sparare e tanti animali sono rimasti a terra, ma in cui la canizza è durata soltanto una mezz’ora.
In ogni caso, andare ad appostarsi per aspettare un eventuale cinghiale di passaggio non significa solo recarsi a piedi ai piedi di un albergo o a margine di un trattoio e far passar le ore. Assolutamente no! I cacciatori che stanno alle poste sono parte integrante della squadra, devono essere consapevoli del loro ruolo e della loro responsabilità.
Una braccata di caccia al cinghiale è un lavoro d’equipe che riunisce figure che si completano a vicenda: senza i canai e cani non si fa caccia, ma senza poste tutto il lavoro sarebbe inutile; insomma, ci deve essere un minimo di coesione tra i diversi attori. Il comportamento di quelli che raggiungono una posta costituisce un elemento importante che potrebbe modificare il risultato di una braccata che era partita bene.
Il dovere di comportarsi correttamente
Se ci fosse una carta delle regole di comportamento da seguire da parte dei cacciatori che stanno alle poste, io mettere al primo posto il rispetto. Essere informato un minimo sull’andamento della braccata, sul territorio, sui cani utilizzati e soprattutto della posizione delle poste vicine sono tutte questioni indispensabili, se non altro per rispetto verso coloro che hanno lavorato sin dal mattino presto per trovare le tracce notturne e per individuare il luogo presunto dove si sono rifugiati. È inoltre auspicabile che i cacciatori delle poste non venissero alla braccata solo per sparare ma anche e soprattutto per partecipare alla caccia.
Alla sera, il buon cacciatore aiuterà gli altri a macellare i cinghiali abbattuti, a fare le parti della carne, ad aiutare in cucina. A caccia non ci si va per il sacchetto della ciccia, almeno così dovrebbero fare tutti i cinghialai degni di questo nome.
Ma ci sono altre manifestazioni di rispetto, ad esempio un buon postaiolo ha sempre in tasca un guinzaglio, per cercare di fermare i segugi che arrivano alla posta in seguita al cinghiale. Spesso non è cosa facile, soprattutto quando uno o più cinghiali passano indenni alla linea dei fucili, ma il buon postaiolo a mio avviso deve far di tutto per prendere i segugi.
In caso contrario inizia il calvario dei canai, con il recupero dei cani che si protrae talvolta fino a tarda sera, mentre gli altri sono già al caldo. I collari GPS sono di grande aiuto ed oggi il recupero dei segugi è molto più semplice, ma ricordo bene fino ad una ventina di anni fa come talvolta i canai della mia squadra rientrassero talvolta a notte fonda e qualche volta con nemmeno tutti i cani...
Andare alle poste significa dover sparare, certo, ma anche saper pazientare, credere nel proprio compito e non abbandonare mai la posta, anche se non si ode la canizza, per andare a chiacchierare con il compagno di braccata che sta a cento metri più in là. Anche nei momenti di stasi della braccata non dobbiamo mai abbassare la guardia.
Va da se che è da evitare l’uso del cellulare e della radio senza auricolari: il loro rumore aiuterà il cinghiale a sfuggire all’accerchiamento.
Conoscere il territorio
La conoscenza del territorio è molto importante e nessuno mette in dubbio che il cacciatore locale, che conosce tutti i passaggi, ha un vantaggio supplementare sugli altri.
Tuttavia, mi è spesso capitato di vedere tanti cacciatori restare nei paraggi del loro fuoristrada e non è che il cinghiale è così stupido da passare vicino ad un’automobile (il suo olfatto sviluppatissimo di certo percepisce l’odore di un’auto anche a distanza) o ad una strada carrozzabile, per lui è meglio il fitto della macchia, i bassi cespugli in cui sa muoversi senza destar troppo l’attenzione.
Molte poste buone sono lontane da qualsiasi strada ed occorre uno sforzo fisico talvolta importante per raggiungerle.
Saperci arrivare è un conto ma una volta arrivati in loco bisogna avere un senso dell’appostamento innato che non si impara sui libri: bisogna individuare i trattoi o i passaggi obbligati e magari appostarsi ad una ventina di metri dalla posta vera e propria.
Quando si è trovato il posto giusto, io almeno faccio sempre così, occorre rimuovere il terreno circostante alla mia posta da foglie secche, rametti, pietre che se calpestati possono allarmare il cinghiale e farlo deviare bruscamente, specie se ha un certo vantaggio nei confronti della muta.
Inoltre cerco di individuare per tempo le aree in cui posso tirare senza timori, tenendo bene a mente non solo la posizione dei miei vicini, ma anche direzioni pericolose (cresta di una montagna, un paese in basso nella valle, eccetera).
Calma e sangue freddo
Quelli che hanno già cacciato altre volte con la stessa squadra, imparano a riconoscere il diverso modo di abbaiare dei cani della muta impiegata e quindi possono, ascoltando la canizza, intuire non solo la direzione presunta del o dei cinghiali, ma anche se i segugi sono a ridosso dei cinghiali o se questi hanno un certo anticipo rispetto ai cani. Quando c’è una canizza in atto, anche se è lontana dalla nostra posta, bisogna restare il più possibile immobili, poiché molti animali, tra cui il Sus scrofa, percepiscono maggiormente i movimenti piuttosto che la nostra sagoma, specie se siamo piazzati in favore di vento. E spesso qualche cinghiale riesce a seminare i segugi e cerca di abbandonare la zona alla chetichella.
Nella mia carriera di cacciatore, diverse volte un cinghiale è arrivato alla mia posta in perfetto silenzio e senza alcun cane che lo inseguisse. L’immobilità mi ha permesso spesso di farmeli arrivare a pochi metri, dove per me era molto più facile tirare...Ci sono accorgimenti che non dovrebbero nemmeno essere ricordati, come ad esempio non fumare, usare l’auricolare, ed altri più smaliziati, come ad esempio non sparare mai alla volpe, poiché spesso il cinghiale ripercorre le sue orme per confondere i segugi.
In presenza di un branco sarebbe molto utile essere in grado di distinguere gli animali per evitare di sparare alla femmina in allattamento, con tanto di cuccioli destinati a morire.
Infine, è fondamentale conoscere a fondo l’arma che si utilizza: comprenderne perfettamente il funzionamento, la posizione e l’azionamento della sicura, saper ricaricare velocemente e risolvere eventuali inceppamenti. E soprattutto comprendere che un proiettile di carabina, se non incontra ostacoli, può percorrere in aria più di tre chilometri, uno slug calibro 12 più di mille. Pertanto, durante tutto l’anno, sarebbe opportuno allenarsi di tanto in tanto, meglio se su sagoma mobile.
Infine, occorre sapersi dominare all’arrivo del cinghiale, respirare profondamente e sparare senza fretta e con precisione. È una attitudine che si acquisisce con il tempo, le prime volte veder arrivare il cinghiale alla nostra posta è una emozione travolgente, ma se si imparerà a dominare le emozioni il risultato sarà facile.
Comunque, il mestiere del postaiolo è un lavoro che a me piace tantissimo e che emozione, quando dal fitto del bosco senti i canai urlare:
“Attenti alle poste!”