Il mondo della caccia è affascinante anche per le sue diverse sfumature, alcune volte sostanziali, come la scelta del tipo di caccia che si pratica, degli ausiliari compagni di avventure (da ferma, da cerca, da riporto ecc.), fino ad arrivare agli indumenti indossati oggi più che mai “tecnici e performanti”. Tutti elementi che, pur dipendendo dal gusto personale, non sono affatto indispensabili ai fini di una azione di caccia. Ad esempio, un cacciatore per sua personale scelta (fa solo selezione o capanno) o per costrizione (non dispone di spazio e tempo per accudire un cane) potrebbe comunque esercitare alcune forme di caccia come quella alla migratoria, oppure al cinghiale in squadra ecc. senza per questo dover avere necessariamente un cane così come, un cacciatore di beccacce potrebbe ricorrere al classico campano anziché ai collari elettronici (bepeer), oppure un qualunque cacciatore potrebbe indossare comuni indumenti e calzature senza doversi svenare per l’acquisto di ottimi scarponi ma sovente “bello e impossibile” come diceva la nota canzone della Nannini. Al netto di forme di caccia particolari, pur consentite e regolamentate, ma poco diffuse, come quella con l’arco o con il falco, ci sono due elementi sui quali un cacciatore non può assolutamente derogare: fucile e cartucce.
In entrambi i casi ossia per fucili e cartucce si apre un mondo dove le convinzioni di ciascun cacciatore in alcuni casi non sono supportate da riscontri oggettivi (…meglio il calibro 12 o il 20? Meglio il semiautomatico oppure sovrapposto o a canne parallele? Alla lepre meglio tirare con il piombo 5 oppure con il 3?) portano a scelte del tutto personali che sconfinano nel gusto personale, verso il quale non esiste una alternativa più adeguata. Per fare un patagone riferito al mondo femminile, verso il quale noi cacciatori siamo particolarmente sensibili, sarebbe come chiedersi se sono meglio le bionde o le more.
Una cosa è certa: ogni cacciatore nel suo percorso di vita venatoria, per lungo o breve che sia, e quindi di, matura le proprie convinzioni e la propria esperienza e a quelle si appella nel fare le scelte che ritiene più giuste. Personalmente sono convinto che ogni tipo di selvaggina andrebbe insidiata con un fucile adeguato e a questo va abbinata una cartuccia performante.
La scelta di una cartuccia veramente versatile è il primo ostacolo difficile, ma non impossibile, per chi fa caccia vagante, quindi con la possibilità di incontrare selvatici molto diversi tra loro come ad esempio fagiano e lepre. Trovare la cartuccia giusta è un passo fondamentale per ottenere dei risultati venatori buoni in termini di carniere.
La ditta Bornaghi nel suo segmento di mercato offre diverse tipologie di cartucce, alcune delle quali dedicate a forme specifiche di caccia mentre, altre come ho potuto apprezzare di persona, sono in grado di garantire performance ottimali su diversi fronti quindi, sia per tiri al volo su selvatici veloci come la piccola migratoria allo schizzo, sia per tiri a terra come a lepre insidiata al covo con i nostri brillanti Springer.
Sono evidenti i risultati delle ottime cartucce Bornaghi in calibro 12 e 20, ma sempre SPECIAL. Gli abbattimenti anche a lunga distanza sono risultati “puliti” e pertanto la percentuale degli animali feriti o persi, si riduce al minimo fisiologico e questo, in termini di etica venatoria, è sempre un elemento da tenere nella giusta considerazione.
Personalmente, pratico in prevalenza la caccia alla lepre con gli Springer quindi, con un metodo di cacciata che finalizza la traccia e scovo del cane con un tiro relativamente a media distanza, per questioni di sicurezza nei confronti dei nostri ausiliari, che spesso arrivano a mordere il codino dell’orecchiona beatamente acquattata nel suo covo mattutino. Con calma e sangue freddo, non resta che aspettare che si crei una certa distanza tra cane e lepre e che quest’ultima limiti il suo zig zagare per filare dritta verso un luogo sicuro. In questi casi, il secondo tiro non sempre è possibile quindi abbiamo necessità di avere in canna una cartuccia performante e con una piombatura adeguata. Mi trovo alla grande mettendo una cartuccia FELT piombo 5 da 30 grammi in prima canna e in seconda, una semi Magnum con 32 grammi di piombo del 3. Ovviamente questa non è una regola per me e per nessuno, ma quando sbaglio non faccio ricadere la colpa sulla cartuccia, perché poi il numero dei capi abbattuti con questo tipo di munizione parla chiaro. Vivaddio se capita la padella, altrimenti non ci sarebbe caccia ma sterminio, non ci sarebbero sfottò tra gli amici e fette di torta da pagare al primo bar che si incontra. Diciamolo pure: il cacciatore è tendenzialmente bugiardo ed io non mi estraneo certo dalla mischia, ma oggi con le munizioni bilanciate che sono in commercio, con i fucili disponibili in varie strozzature di canna, diventa difficile accampare scuse. Meglio trovarne altre un tantino più credibili e meno fantasiose. Ma poi dico, perché trovare scuse per forza? Non dimentichiamo mai che - al contrario di quanti pensano - che lepri, fagiani, beccacce ecc. mettono in campo mille strategie, anche le più raffinate, per eludere cane e cacciatore e che quindi una padella non è tale, ma è semplicemente il frutto di una contromossa. Se ogni botta fosse una “tacchia” - come si dice dalle nostre parti - non ci sarebbe più gusto. La bellezza di questa nostra passione, e lo sanno bene gli specialisti nelle varie discipline, sta nel provare a ragionare come il selvatico, ma soprattutto nel fare tesoro degli errori e delle azioni venatorie precedenti culminate in un niente di fatto o, peggio, con una clamorosa padella.
Altro elemento che in tanti sanno e conoscono meglio di me è che il trinomio cartuccia/fucile/preda ha la sua importanza. Tirare allo spollo dei tordi con una canna con la massima strozzatura e cartucce con piombo grosso è certamente un errore evidente, così come insidiare un colombaccio con un fucile a canna cilindrica e piombo fine, porterà a risultati in termini di abbattimento molto modesti, oltre a procurare capi feriti che poi andranno a cadere lontano diventando pasto facile per i predatori come la volpe, i rapaci ecc.
Oltre a questi concetti basilari, per il resto siamo nel campo del gusto personale. Ad esempio, mio padre nelle montagne sarde del Sulcis Iglesiente cacciava prevalentemente lepri conigli e pernici e lo faceva utilizzando la sua doppietta calibro 16 e solo cartucce MB con piombo 8 che lui amava definire “tutta caccia”. La verità era ben altra, ossia che la disponibilità economica era allora molto limitata quindi il fucile una volta acquistato rimaneva quello a vita o quasi, mentre per le cartucce si tendeva a ottimizzarne l’acquisto individuando una piombatura che potesse andare bene per tutte la selvaggina. Di grammature diverse nemmeno a parlarne, eppure vi garantisco che i risultai c’erano eccome. Con mio zio Giovanni spesso finivano la stagione venatoria incarnierando anche cento capi tra lepri e conigli. Oggi che la disponibilità economica è maggiore, si tende a diversificare armi e munizioni quasi in una corsa a distinguersi mentre l’aspetto più importante è quello di conoscere a fondo il territorio nel quale si esercita la caccia, le abitudini del selvatico, oltre a una corretta impostazione della cacciata.
Da esperto di ambiente e da cacciatore obiettivo ma anche nostalgico, direi che il passato era meglio del presente. Le cartucce in cartone le definirei “ecologiche”; come le divise militari riciclate ad uso caccia avevano il loro fascino e la loro efficacia, ma come più volte detto, non è giusto voltarsi indietro. La plastica oggi è insostituibile per tanti motivi. I produttori di cartucce sono sensibili all’argomento e vedrete che non passerà troppo tempo che i bossoli delle cartucce verranno creati in materiale biodegradabile. Spetta comunque a noi raccoglierli e smaltirli adeguatamente. Non costa nulla anzi è doveroso fare questo piccolo sforzo a vantaggio della natura che ci circonda e semmai non riusciste a ritrovare il vostro di bossolo, raccoglietene uno sparato da altri e lasciato sul terreno, tanto il risultato sarebbe lo stesso e la coscienza sarà a posto.
Ormai le stagioni venatorie lasciate alle mie spalle sono veramente tante. Ho sparato la mia prima cartuccia Bornaghi nei primi anni ’80, regalatami da un amico con il quale passai una splendida giornata di caccia agli acquatici in quel di Orbetello. Così come quando apro una buona bottiglia di Vermentino e alle narici mi arriva il profumo intenso di macchia mediterranea che evoca in me scenari conosciuti e sensazioni provate, e lo stesso succede quando tiro una cartuccia Bornaghi, avverto la passione che questa azienda nata piccola ma nel tempo diventata grande, ci mette in ogni suo prodotto per soddisfare le tante esigenze dei cacciatori, da quelli meno esigenti a quelli pronti a trovare in ogni cartuccia anche il minimo difetto che soddisfi appieno la loro mania di perfezionismo. Mi verrebbe da citare una bellissima canzone di Riccardo Cocciante: se stiamo insieme ci sarà un perché….
Ed ecco che la passione per la caccia diventa anche amore per ciò che gli è di contorno e che ai fini della stessa diventa un elemento imprescindibile. Se poi nel periodo che intercorre tra la chiusura di stagione e la nuova apertura, ti va di fare un giro in pedana nel percorso di caccia, giusto per tenere allenati i tuoi riflessi e per avere il pretesto di passare un po’ di tempo con un amico, allora in quel segmento per me Bornaghi non ha rivali, in quanto le sue origini sono quelle e lo sono più che per tanti altri.
Cari amici cacciatori, chi vuole e pensa di esserlo veramente nel profondo del suo cuore, sa bene che come disse De Coubertin l’importante è partecipare, quindi svegliarsi prima dell’alba, indossare i panni da caccia, caricare in macchina cane e fucile, poi le cartucce. Che siano quelle di vostro gradimento, non importa quali, purché non facciate come me che ho portato la doppietta calibro 16 che era di mio padre ma… con cartucce calibro 20 e senza alcuna possibilità di averne in prestito da amici. In conclusione: una giornata da perfetto spettatore come mai era accaduto. Ovviamente non sto qui a raccontarvi gli sfottò degli amici che hanno preteso colazione pagata e torta di mele, quella delle grandi occasioni perse.
Da cacciatori, invecchiamo anche e in questo percorso di vita, i nostri schioppi assumono un valore sentimentale. Un lascito prezioso per chi come me ha la fortuna di avere un figlio cacciatore che con passione e orgoglio proseguirà a tenere viva l’ars venandi che non a caso viene definita arte e che ha come effige Sant’Uberto e una Dea bellissima come solo Diana lo è.
Il tempo dissolve il superfluo e conserva l’essenziale. Alejandro Jodorowsky
Viva la caccia e viva i cacciatori!