Ci sono ancora inattesi spostamenti di data, sospensioni e qualche rinuncia, ma tutto sommato nel panorama delle “prove da lavoro” si comincia a riaffacciare una sorta di normalità cui tanto speravamo ormai da 2 anni. Campionati e trofei, verifiche zootecniche in campo libero o prove di lavoro in zone recintate, sono un’attività che occupa di fatto buona parte del periodo di pausa tra una stagione venatoria e l’altra e rappresentano un appuntamento determinante per gli appassionati di cinofilia e segugismo. Al di là di una visione forse sempre troppo pessimistica, l’ambiente è vivo, frizzante e sempre più spesso raduna giovani, neofiti e tante donne che sono tutt’altro che osservatrici interessate, sono invece sempre più spesso coinvolte e protagoniste dell’attività cinofila. È un movimento che si percepisce in piena espansione e che, in questo momento, va assolutamente sostenuto e motivato. Ecco perché vorrei soffermarmi su aspetti spesso ritenuti superficiali o acquisiti ma che in molti non conoscono e che molti spesso trovano difficili da metabolizzare. Nessuno ci insegna ad approcciare alle verifiche zootecniche e questo genera anche molti timori per un ambiente che invece deve essere accogliente e ospitale per mettere anche i meno esperti in condizioni di migliorare il loro percorso di selezione e addestramento.
Portare i propri cani in prova equivale a presentarsi a un esame, in cui un giudice preparato ed esperto interroga i tuoi segugi e li valuta sulla base di parametri certi e indiscutibili. Avete mai visto una scheda di valutazione di un segugio? Di certo chi fa prove si, per chi si affaccia a questa disciplina può essere una pagella difficile da interpretare. La scheda di valutazione è un pagellino che racconta in modo puntuale lo stato, al condizione generale e il lavoro particolare del cane in quella giornata. Voglio sottolineare che la valutazione attiene a “quella giornata”, pertanto mai sopravvalutare il proprio segugio se alla prima esibizione si comportasse in maniera eccellente e mai deprimerlo se dovesse incontrare difficoltà.
Ricordiamoci che la prova analizza tutte le fasi di una “cacciata”, il turno di sciolta viene definito per l’appunto anche cosi. Il primo aspetto spesso trascurato è l’identificazione del cane. Prima di portare il vostro soggetto davanti a un giudice, sia esso un giudice federale o un esperto giudice Enci, dovete assicurarvi che il vostro cane sia dotato di microchip e iscritto regolarmente all’anagrafe canina. Vi sembra scontato? Ebbene vi assicuro che non sempre lo è, e tralasciare questi aspetti rischia di farci fare strada a vuoto o iscrivere il cane a una prova che poi non potrà disputare. Al chip sarà associato anche un pedegree, qualora il cane sia iscritto all’Enci e appartenente a una specifica razza.
Se lo fosse ricordatevi che potrà disputare prove in categoria A, quelle riservate ai cani di razza regolarmente registrati nel libro genealogico dell’Enci e giudicate da Esperti Giudici. Assicuratevi che il cane non abbia difetti da squalifica. Cosa sono? Sono difetti oggettivi per cui il soggetto non potrà mai essere indicato come un buon soggetto valido per la riproduzione. Questo perché le prove di lavoro sono, in qualsiasi categoria, finalizzate a individuare i soggetti migliori da utilizzare per la riproduzione per fissare generazione dopo generazione i migliori caratteri di quella razza. Quali sono i difetti da eliminazione? La dentatura è importante. Per i cani da seguita i denti superiori non devono superare quelli inferiori creando spazio, saremmo di fronte a un cane “enognato”. Contrariamente, se la dentatura inferiore fosse troppo sporgente rispetto a quella superiore, vedremmo un cane “prognato”. Sono entrambi due difetti gravi perché trasmissibili e rappresentano un “handicap” che in natura non metterebbe il cane in condizione di nutrirsi in modo efficiente, pertanto, madre natura stessa lo selezionerebbe per l’estinzione. La qualità della dentatura è altrettanto importante, nei cani più anziani si nota una perdita di vigore di incisivi e pre molari e l’erosione generale della dentatura, un aspetto dovuto all’età, ma nei cani più giovani non è ammessa una dentatura fragile, cadente o addirittura l’assenza di qualche dente.
L’apparato genitale è altrettanto importante e nei maschi, la presenza di entrambi i testicoli è fondamentale. Evitate di presentare un soggetto che non li abbia entrambi a meno di un trauma subito in “battaglia”, che ci costringerebbe comunque ad avere un’attestazione medica comprovata dagli enti preposti. Il cane non deve avere menomazioni: un occhio in meno, un orecchio mozzato, la coda mozzata, una gamba rotta o tagliata, deve essere in ottime condizioni e mostrare piena salute. Fondamentali sono le possibili macchie di depigmentazione. Quelle macchie chiare o bianche che si notano sul naso, sotto le rime palpebrali degli occhi, sulle labbra, sono un segnale di un patrimonio genetico indebolito e sono un allarme che prelude spesso anche a problemi interni di cui magari ignoriamo ancora l’esistenza. Fatti questi doverosi controlli a questo punto se il vostro cane è in forma e pensate possa avere del talento allora iscrivetelo a una prova di lavoro. Se la prova è riconosciuta dall’Enci la valutazione del giudice va iscritta nel libretto di valoro del cane, quello blu, che si ritira presso i gruppi cinofili della vostra area o sul posto se sono a disposizione dell’organizzazione. Assicuratevene altrimenti senza quello si torna a casa. Ultimata l’identificazione e il controllo del cane, il giudice esprimerà il proprio giudizio sulla morfologia, ovvero su tutte quelle caratteristiche fenotipiche (esteriori e visibili) che il giudice sa devono essere corrispondenti allo standard cui quella razza appartiene. Si comincia cosi a costruire il punteggio e la relazione, di fatto si comincia a scrivere “una storia” di quel cane in quel turno di prova. La morfologia tiene conto delle caratteristiche oggettive del concetto di bellezza “funzionale” del cane, ovvero: un petto ben sceso, un groppa che discende bene verso gli arti posteriori, una spalla ben inclinata, dei buoni appiombi che non tradiscano un appoggio scorretto, un orecchio conforme, il colore degli occhi, il salto frontale tra cranio e canna nasale e una coda portata come la razza richiede. Dopo questo aspetto, sicuramente più approfondito in un’esposizione dove il tempo e il terreno permettono un’osservazione più accurata del soggetto, si passa allo stile di razza.
Cos’è lo stile di razza?
È quell’insieme di atteggiamenti motori, psicologici, istintuali, che ci suggeriscono che quel cane è molto in linea con quanto la sua razza d’appartenenza ci richiede. Questi primi due punteggi valgono rispettivamente 30 e 20 punti. Il giudice, come su una pagella, assegna un punteggio di 6 per una morfologia che ritiene “sufficiente” o di 9 se la ritesse “eccellente”. Questo voto moltiplicato per il suo coefficiente 3 o 2 genera i primi valori da iscrivere sulla scheda di valutazione: 18 o 27 nel caso di una morfologia sufficiente o eccellente. Va da sé che un bel cane è imprescindibile per ottenere una valutazione finale eccellente o per posizionarsi in classifica davanti ad altri soggetti. Molti di noi pensano di avere buoni cani perché sono dei grandissimi scovatori, o degli instancabili abbaiatori a fermo o infaticabili seguitatori. Ricordiamoci che le fasi di una cacciata, sono tante e il nostro cane dovrà eseguirle al meglio tutte. La cerca ad esempio è una fase che molti trascurano e sottovalutano. In cane che non cerca, che non si stacca dalla gamba del conduttore, che non è curioso di ispezionare il territorio, che non si interessa alla macchia ma preferisce restare al sicuro sul prato, difficilmente incontrerà l’usta del cinghiale e difficilmente potrà raggiungere la lestra. Questa è una fase importante. Ricordatevi inoltre che in mancanza di una delle fasi della cacciata, il giudice non potrà assegnarvi la qualifica, pertanto: senza la cerca o senza accostamento, il nostro cane potrà anche martellare il cinghiale per ore ma saremo comunque costretti a tornarcene a casa mestamente e senza con un N.Q. (Non Qualificato). L’accostamento appunto, la fase con cui il cane, dopo aver reperito la passata, segue la pista e si avvicina alla lestra del cinghiale. L’accostamento dovrà essere condotto senza esitazione, senza lasciare quella pista per preferirne un’altra, deve essere vocalizzato e il cane, in buona sostanza per tutta la durata della prova, deve essere in grado di raccontarci quello che sta succedendo. Più riusciamo a capire cosa il cane ci sta comunicando, più l’azione sarà chiara e il cane un valido ausiliare.
Giunto alla lestra, il nostro segugio segnalerà la presenza del cinghiale abbaiando a fermo. Questa fase deve essere sicura, decisa e autorevole, non troppo aggressiva perché non vogliamo selezionare cani da presa o da battaglia, né troppo timorosa perché non vogliamo cani senza carattere che scappino di fronte al cinghiale. Come facciamo a capire se il cane è un buon cane? Se merita una qualifica? Basta chiedersi: “Io andrei a caccia con questo cane?”. Se la risposta è si allora il soggetto è sicuramente un cane che vale la pena di ascoltare. Il fermo si può prolungare anche per diversi minuti, sarebbe poi interessante se il cinghiale, insidiato dal cane, capisse che è arrivato il momento di darsi alla fuga. Questo aspetto è un’altra istanza spesso sottovalutata anche dai giudici. Potrebbero esserci tanti motivi se il cinghiale non lascia la lestra, ma tra questi non deve esserci la poca autorevolezza del cane che non fa sentire la forza della sua presenza. Immaginate di essere a caccia con questo cane, il nostro segugio scova il cinghiale in una zona impenetrabile o arroccata in alto e irraggiungibile, come potremmo pretendere di portare a casa il cinghiale se non riesce a spingerlo verso le poste?
L’intervento del conduttore è importante anche se il cane in grado di gestire questo aspetto da solo sarebbe preferibile. Il fermo assegna 40 punti, è una fase con cui si fa la differenza. Mai però quanto la seguita, che ne assegna 50 e che è la regina delle fasi per i cani, appunto, “da seguita”. Deve essere ben vocalizzata, piacevole, brillante, magari anche emozionate, che si possa distendere a lungo per la macchia che sia anche raccontata bene dal cane che faccia sentire i momenti in cui il cinghiale compie manovre elusive o dove salta un fosso o una strada e costringe il cane a risolvere falli complicati. Bene, alla fine di questa lunga sequela di fasi, il giudice trascrive in parole quello che ha già espresso in valori, raccontando quanto accaduto per fornire a chiunque altro non avesse ascoltato la prova tutti gli elementi per capire cosa è successo, come, perché, in che condizioni atmosferiche, in quanto tempo si è svolto il tutto. La somma del punteggio determina la qualifica: sufficiente, buono, molto buono o eccellente. Non disdegnate le qualifiche, qualunque esse siano. Nel momento in cui il giudice ve ne rilascia una vuol dire che il vostro cane ha svolto tutte le fasi. Se vi assegna un “molto buono” ricordate che si tratta di lavoro “molto buono”, sono sicuro che molti di noi vorrebbero tornare sui banchi di scuola e sentire i professori assegnargli voti “molto buoni”.
Tutti questi aspetti sono la prova che in quella giornata il vostro cane avrà svolto. Potete dunque immaginare quanto difficile sia eseguire una prova perfetta o dare continuità alle tante prove che mi auguro farete. Va ascoltato il giudizio della giornata, compresi pregi e difetti e migliorato dove si può, l’addestramento del nostro cane. Un consiglio: non fermatevi sugli eccellenti, o sui molto buono, fermatevi piuttosto sulle critiche costruttivi dei giudici, sugli avvisi e sui “buoni rimproveri”, quando si partecipa a una prova non si fa per vincere un premio o battere un avversario, si fa perché qualcuno ci aiuti a migliorare dove ancora siamo carenti. Questo è un presupposto necessario per affrontare questo mondo in modo sano, lungimirante e con la giusta dose di curiosità e voglia di imparare. In bocca al lupo a tutti.