Un fattore caratterizzò in maniera fondamentale il mondo venatorio tedesco dei primi dell’Ottocento: l’onda lunga della ventata “democratica” scaturita dalla Rivoluzione Francese. Questa produsse due situazioni inusitate: abbatté anche lì antichi privilegi feudali dando a masse di contadini la possibilità di accedere al possesso della terra; estendendo altresì a gran parte della popolazione il diritto di caccia. Da un panorama perciò prettamente forestale, abitato da selvaggina specifica – ungulati in primis- in breve si passò ad uno di tipo campestre che divenne territorio per altri selvatici rispetto a quelli che per lungo tempo erano stati il pane quotidiano dei rari cacciatori tedeschi.
Animali differenti, la moltiplicazione delle licenze, assieme all’instaurarsi di un’economia industriale furono causa di un ulteriore effetto: l’antico bracco tedesco – lento, pesante, eclettico cacciatore al pari del pelo e della penna – si dimostrò quale antiquato, inefficace retaggio di un’epoca che non c’era più. Certo non accadde tutto dalla sera alla mattina, ma è innegabile che nel giro di pochi decenni, da quel lontano 1859 in cui il Kennel Club diede vita alle prime competizioni cinofile di cose ne capitarono…
Pernici e fasianidi eran divenuti ormai la selvaggina principe del piano e del colle, i cacciatori – grazie all’accesso facilitato all’attività venatoria –erano decuplicati, dalle notizie che si traevano oltre confine poi si venne a sapere dei magnifici risultati conseguiti in Inghilterra specie con il pointer (di cui iniziarono a favoleggiarsi le gran doti di naso, velocità e ferma perentoria). Era naturale che, anche in Germania, si palesasse l’esigenza di poter avere cani che fossero realmente ausiliari in una caccia in continua evoluzione.
Il fermatore locale a grande diffusione – se così lo si può definire – era cane grossolano, assai imparentato con gli antichi bracchi continentali, le cui già modeste doti dinamico-olfattive erano state ancor più affossate dalle massicce dosi di sangue Bloodhound cui era stato sottoposto al fine di migliorarne la versatilità sugli ungulati (anche feriti) e la resistenza all’acqua. Quando venne messo dinnanzi ai primi grandi pointers provenienti d’Oltremanica – specie nelle competizioni – il confronto fu imbarazzante! Varie strade a quel punto si presentavano al cacciatore tedesco:
1) abbandonare il vecchio bracco al proprio destino e mettersi a importare solo inglesi (sarebbe stata la scelta che, alcuni decenni dopo, avrebbero fatto quasi tutti gli altri Paesi raggiunti via via dal progresso, salvo poi pentirsene!);
2) chiudersi in un “imbronciato, invidioso sdegno alla francese” e continuare per la propria strada, cercando magari di selezionare solo sul “bracco nazionale” – via questa che ebbe più di un sostenitore, intendiamoci!
3) oppure abbassare la cresta e, “col capo cosparso di cenere”, fare un salto dai cugini inglesi per procurarsi qualche buon pointer con cui cercare di migliorare i lati deboli del proprio hund; insomma, una ragionevole via di mezzo che aveva più di un buon motivo per essere seguita.
Lo fu… Dando a Cesare quel che è di Cesare infatti, va detto che il vecchio braccone tedesco presentava doti innegabili che der jager riteneva – a ragione – inestimabili; doti poi di cui gli inglesi erano quasi completamente privi… Perderle perciò avrebbe potuto significare né più né meno che buttare via il bambino con l’acqua sporca. Quando allora vennero posti in essere i primi incroci bracco-pointer, quel che gli allevatori avevano in capo di fare era ben chiaro; un cane moderno, polivalente, dinamico, che fondesse le capacità di corsa, naso e ferma degli inglesi presentando non di meno caratteristiche di duttilità, equilibrio e sobrietà capaci di garantire una continuità d’utilizzo coi suoi predecessori.
Su questo punto poi i tedeschi furono tassativi: anche forme craniche e colorazioni del mantello dovevo rendere immediatamente riconoscibile il “loro” cane da tutti gli altri. Era il 1872 quando il prototipo venne quindi presentato al mondo con la dicitura completa di Deutsch Kurzhaar Vosterhoud. Nel 1890 si creò l’associazione. Nel ’99 venne redatto il primo pedigree ufficiale. Di lì in poi, dagli sforzi congiunti dei signori Shmidt, Moabit e Stolpsh sino ai giorni precedenti all’ultimo conflitto mondiale, si lavorò indefessamente per corrispondere all’archetipo.
Il risultato fu pienamente raggiunto alla metà del secolo scorso, quando il kurzhaar come noi lo conosciamo divenne uno dei dominatori incontrastati dei monti, delle piane e dei calanchi di tutto il mondo, accompagnando con le sue straordinarie doti venatorie i più grandi tra gli specialisti così come i cacciatori generici e quelli “della domenica”, regalando non di meno a tutti la certezza di avere al fianco un essere che incarnazione del concetto di “miglio amico dell’uomo” lo è sul serio. Cacciatore naturalmente!
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