La finalità delle prove di lavoro, meglio dette “verifiche zootecniche” è quella di individuare i migliori soggetti da utilizzare per la riproduzione. Di questi, che si esprimano in classe singolo, coppia o in muta, si cerca il meglio che la razza richiede ai soggetti per garantirne un continuo miglioramento e la difesa lungo il corso delle generazioni. Si cercano soggetti che siano morfologicamente attinenti allo standard, che si comportino in azione di caccia esattamente come prescrive il modello cui fanno riferimento. Ma cosa significa tutto questo?
La selezione fatta dai popoli e degli allevatori nell’arco di secoli ha fissato oltre 400 razze canine discendenti da un unico ceppo originario. Cani minuti e pacifici hanno lo stesso unico antenato dei molossoidi alti e potenti. Nel tempo l’utilizzo che si è fatto di alcuni soggetti ha pian piano evidenziato delle variazioni e delle peculiarità cosi evidenti, che sono risultate molto utili ad alcuni scopi precisi. Oltre a questo aspetto più “casuale” c’è una selezione più “causale”, ricercata e voluta dagli allevatori, che hanno avvicinato razze o soggetti a volte molto diversi per fissare alcuni caratteri utili alla costruzione di una nuova razza. Un percorso per niente facile, molto complesso, scientificamente accurato e molto lungo. Tutto questo corollario di elementi determinano il profilo di una razza e pertanto il la forma, il modo e le funzioni di un cane che a quella razza appartiene.
In particolare per i cani da lavoro e nel nostro caso per quelli da ferma o da seguita, esistono codici specifici di comportamento che il cane deve rispettare per dirsi eccellente rappresentante di quella razza. L’utilizzo che è richiesto e le attitudini dei soggetti creano le “regole” assolute entro le quali quei cani devono esprimersi. Se parliamo di un “cane da seguita” quel cane dovrà seguitare la preda, perché è stato selezionato per incalzare lepri, cinghiali, caprioli e cervi e mettere i conduttori in condizioni di procacciarsi il cibo. Un cane da ferma deve “fermare la preda” perché è stato selezionato per fissare in modo puntuale il punto esatto di un volatile senza lasciarlo sfuggire in attesa che giunga il cacciatore. Come avrete notato, la finalità della selezione dei cani da caccia è fortemente orientato alla sopravvivenza dell’uomo e al corretto e perfetto esercizio dell’arte venatoria.
Tutte le razze da lavoro, a parte i soggetti destinati al controllo e alla cura degli allevamenti, partecipano con l’uomo alle azioni di caccia e sono stati “costruiti” per meglio rispondere allo stile, alle tradizioni e ancor più alla geografia e all’orografia dei luoghi.
L’Ariegeois ad esempio, elegante e resistente razza francese, è stata derivata dai pesanti ed eccelsi tracciatori Gascon Saintongeois che sulle montagne francesi trovavano difficoltà ad inseguire le lepri, furono pertanto accostati a un cane meticcio dell’Ariege che risultava più agile e leggero. Le prove, la scelta e un’attenta e colta valutazione genetica, che in passato non era certo misurata in laboratorio, hanno creato questa e tante altre razze del gruppo 6 cui appartengono i cani da seguita. Soffermatevi a guardare le immagini di un cane in stazione, ovvero in posa statica. Guardate con attenzione non solo le caratteristiche più evidenti, come il manto, l’altezza o la robustezza, ma anche l’inclinazione delle groppe, la lunghezza e l’attaccatura delle orecchie, l’inclinazione degli arti, la canna nasale, la testa e la coda. Elementi che sono peculiari di quella razza e indispensabili perché quella razza possa esprimersi al meglio della funzione per cui è stata scelta. La “ricetta” di quel cane è una e una sola, non ci sono deroghe e la sua “bellezza” come viene comunemente definita, è una “bellezza funzionale” ovvero: la sua capacità di essere attinente allo standard cui fa riferimento. Un Ariegeois con orecchio troppo corto o con coda mozza, troppo pesante o con una groppa retta e non inclinata, non potrà essere un Ariegeois e non potrà mai esprimersi al meglio. Checchè se ne dica noi cacciatori, il cane che dobbiamo fortemente ricercare non è solo un valido ed efficace scovatore, ma deve essere anche un “bel cane”, un soggetto che utilizzi tutti gli strumenti che la sua selezione gli hanno messo a disposizione. Per farvi un esempio banale: se aveste un’auto di formula 1 e foste chiamati a correre un Grand Prix, montereste gomme chiodate da neve sull’auto?
Se aveste un camion per il trasporto terra e doveste trasferire tonnellate di materiale, montereste mai il motore di un vespa? Ecco, l’esempio seppur leggero, rende l’idea. Ogni razza è un progetto, realizzato sulla scelta di parti ideali perché ogni cane possa eseguire quella funzione al meglio. Quando affrontiamo il tema della bellezza del cane pertanto, non soffermiamoci sulla “bellezza estetica”, nel cane abbiamo capito che non esiste e cercare nella propria selezione anche un “cane bello”, equivale a mettere i propri segugi in condizioni di esprimersi meglio e sicuramente anche più in salute.
Per noi cacciatori
Per il bene della caccia e per la tutela delle razze ribadiamo per tutti noi i presupposti essenziali della selezione e della scelta del cane. Le loro misure, la base scheletrica e l’apparato muscolare, le inclinazioni degli assi facciali, l’orecchio, l’utilizzo di metodi e approcci all’ambiente definiscono lo standard di una razza. Per esprimersi al meglio un soggetto appartenente a un gruppo non può fare a meno di avere certe caratteristiche morfologiche, sono proprio quelle che lo aiutano a dare il massimo con il minimo sforzo. Una sorta di equilibrio tra struttura, psicologia, attitudine e finalità di quella razza.
Questo equilibrio è fissato appunto nello standard e più un soggetto si avvicina a quello meglio ne rappresenterà il valore e la qualità e più sarà scelto per riprodurre. Questa premessa può sembrare banale, ma è il presupposto necessario per comprendere la ragione della ricerca di una soggetto sia bravo che bello. Negli ambienti venatori siamo soliti prediligere soggetti efficaci, risoluti, capaci di dare soddisfazione al proprio conduttore. La storia del nostro ambiente venatorio si è nutrita per lungo tempo di meticci o soggetti nati da accoppiamenti di convenienza prima ancora che per obiettivi di selezione. Quando però si approccia all’allevamento di una razza, il valore venatorio arriva sempre dopo quello della selezione. I caratteri che evidenziano alcuni soggetti vanno sempre misurati con quello che richiede lo standard di quella razza evitando di trasmetterli alle generazioni future compromettendo proprio quelle caratteristiche. Se avessimo un segugio francese con le orecchie corte dovremmo evitare di considerarlo un riproduttore, anche se dimostrasse di essere un valido cacciatore.
La casualità che un soggetto “anomalo” sia anche un buon cane non è una regola da trasferire né una ragione per snaturare una razza che necessita dell’orecchio lungo proprio perché contributo imprescindibile nell’azione di cerca dell’usta che questi soggetti compiono naso a terra strusciando spesso le orecchie contro il terreno per concentrare odori e effluvi verso il tartufo. Se avessimo un Pointer con una canna nasale dritta o addirittura montonina come quella di un Segugio Italiano dovremmo ben guardarci dall’utilizzarlo in riproduzione. Conservare quelle caratteristiche non renderebbe i figli solo meno “Pointer” ma meno efficienti e in grado di utilizzare la caratteristica inclinazione della canna nasale per agganciare in corsa le emanazioni delle prede. Un solo soggetto valido ma molto lontano dallo standard della propria razza non è un soggetto da utilizzare per garantirsi una buona genealogia di figli alla pari del padre.
Altra incertezza nella gestione delle razze si nota nell’utilizzo sbagliato dei soggetti. L’esempio della caccia è sempre calzante. Dopotutto di segugismo ci piace parlare e con i segugi noi cacciamo. Spesso, nell’utilizzo di soggetti come il Segugio Maremmano, si cerca una seguita breve perché i soggetti, eventualmente fuoriusciti dalla battuta possano rientrare quanto prima e non lasciare la braccata senza motore. Si lavora dunque per accorciare, anche forzosamente la seguita dei cani, si prediligono soggetti con una seguita molto ridotta. Questo nuoce alla razza. Il Segugio Maremmano è una cane da seguita, pertanto deve e vuole seguitare, è un cane infaticabile e generoso, un cane che non ha nelle sue caratteristiche la brevità dell’azione, tutt’altro. Si cerca pertanto in questa razza una caratteristica che è propria di altre razze come i Dachsbracke.
Trasformare un Maremmano in un Dachs è sbagliato. Prediligere cani da seguita che seguitano poco equivale a dire scegliere soggetti poco validi e continuare a selezionarli contro la loro natura. Dovremmo chiederci a questo punto se non sia meglio cambiare razza e utilizzare cani che sono stati selezionati per questo specifico lavoro e sono per noi più in linea con le esigenze territoriali o con i metodi di caccia che pratichiamo. L’universo delle razze è molto esteso e all’interno delle loro attitudini l’uomo e il cacciatore possono trovare quelle caratteristiche che soddisfino le esigenze venatorie. Studiamo e indaghiamo, troviamo il punto di contatto ideale tra il nostro amore per una razza e la sua specifica funzione.